Pensieri diafani

Un brivido lo percorse lungo tutta la consapevolezza di sé e si alzò di scatto stringendo le mani sull’elsa fredda dello spadone. Intorno era tutto silenzio e anche i suoi passi risuonavano cupi sul terreno secco, echeggiando molli nell’aria.
Si guardò intorno, ma la notte era troppo buia, il silenzio troppo profondo.
Poi, d’improvviso, lo schianto fragoroso della battaglia e decine di figure demoniache che roteavano tutte intorno, brandendo armi e urlando rabbia guerriera. Ruotò su se stesso, nell’inutile tentativo di non dare le spalle a nessun avversario, ma era soverchiato, e più nemici abbatteva, più ne comparivano, in quell'oscurità tartarea, minacciosa. Sentì mille lame trafiggerlo, ma il dolore rimaneva sul fondo della sua coscienza, come se fosse di un altro essere umano, o di un altro tempo.

Urlò tutto il suo disprezzo, macchiato dalla disperazione che precede la sconfitta e la morte, ma non udì la sua voce che si perse nei meandri di un’effimera esistenza.
Si sentì dilaniato dalle armi avversarie. Un attimo dopo i rumori trasparenti della battaglia, così come erano giunti, svanirono, lasciandolo di nuovo solo col suo silenzio, in piedi tra il buio e l’incoscienza del suo non esistere.
Si voltò e cercò i resti di sé, mentre già si sentiva svanire nel nulla del quale era parte. Il suo corpo giaceva pochi metri più in là, col volto rigato di sangue, in un’espressione di incredula consapevolezza.
Tremò e cominciò a svanire, già dimentico di se stesso, inconsapevole protagonista di un nulla vagamente vissuto, improbabile pensiero di un guerriero caduto in battaglia.
All’improvviso, fu di nuovo e solo silenzio.

Andrea Franco