Cerchi alla testa

Non sopportava quei cerchi alla testa, e da quando aveva scoperto di essere malato, di avere un tumore al cervello, non avevano fatto altro che aumentare.
Non aveva detto niente a nessuno. Niente alla sua famiglia, niente ai suoi colleghi, amici.
Aveva provato a parlarne con suo zio, ma aveva solo accennato a un concetto superficiale e poco chiaro della morte.
Così consumava da solo e lentamente l'idea della sua vita così corta che gli rimaneva da vivere. Ma la sua fortuna era che ciò non si stava trasformando in una terribile e angosciante agonia, come aveva temuto potesse diventare col tempo. La sua non era nemmeno paura, o ritegno, e nemmeno una forma di collerica eccitazione. Le sua emozioni galleggiavano talvolta in una agonizzante apatia nella quale rimaneva inoltrato sempre più profondamente, e sempre più frequentemente, per poi uscirne completamente disorientato.
Ormai si escludeva dal resto dei suoi conoscenti. Rimaneva sempre più spesso solo con i suoi pensieri che via via si facevano sempre più irrazionali, sempre più illogici. L'incapacità di ricordarli dopo che si destava dalle sue sempre più prolungate riflessioni, aveva smesso di preoccuparlo ormai da molto tempo. Ora lo preoccupava il fatto di non ricordare cosa faceva durante quelle pause, dove andava, cosa diceva se eventualmente gli capitava di dire qualcosa.
Una volta si era ritrovato a circa due chilometri dalla sua falegnameria, e riuscì a riconoscere quel posto solo grazie ad alcuni negozi che gli risultavano familiari. A quell'episodio (e ai molti che erano seguiti) aveva reagito con stupore e con la solita apatia che lo possedeva ormai da molto tempo. Era sicuro delle sue possibilità mentali che riteneva fossero ancora completamente intatte. Non si rendeva conto che il tumore al cervello aveva cominciato a consumare la sua intera persona ormai già da molto tempo.
Non c'erano assolutamente speranze da riporre in qualche miracolosa operazione, potevano fare solo uso di alcuni farmaciucoli che alleviavano il dolore dei frequenti cerchi alla testa a cui ormai si era quasi completamente abituato.
La paura di se stesso cominciò a provarla nel giorno in cui si trovò accanto al corpo completamente squarciato del suo cagnolino, con un lungo coltello da cucina in mano, la camicia completamente macchiata di sangue, dopo essersi destato da uno dei suoi momenti di assenza.

Aveva buttato la camicia appesantita dal liquido caldo, sotterrò il cane in un campo lontano da casa sua, e gettò il coltello nel primo cassonetto a cui passò davanti. La sua non era affatto una sensazione di sollievo per essersi disfatto di quelle inconfutabili e terribili prove. Aveva paura.
Non finse nemmeno di andare a cercare il suo cane anche dopo la richiesta che la moglie gli aveva fatto. Si limitò ad andare nella sua camera. A pensare.
I suoi pensieri volevano insinuarsi nelle sua corde vocali. Ci riuscivano qualche volta. Così era sdraiato nel letto e diceva parole senza senso, senza nessun filo logico che le accomunasse.
Non seppe mai dire se fu in quel preciso giorno che la pazzia si impossessò di lui, forse perché era pazzo, o semplicemente perché non ricordava affatto.
La pazzia bussò alla porta della sua mente ormai marcia nel momento in cui si destò dalla sua assenza maledetta. Era nel campo lontano da casa sua con questa volta una vecchia polo scolorita e ora vivida di sangue scuro. In mano aveva la sua vecchia scure da falegname. Anch'essa sporca dello stesso sangue, che a contatto del metallo scuro e freddo sembrava brillare.
Vicino ai suoi piedi il terreno era smosso, e il suo forte odore di terra umida si insinuava violento nelle sue narici. Si chinò. Con le unghie cominciò a scavare. Cos'era quella cosa sporca di sangue che ora teneva stretta fra le dita? Non sembrava forse una mano? Quell'artiglio mimava una forte stretta, forse agli ultimi rivoli di vita che le rimanevano. Sul dito meno ricurvo degli altri, non c'era forse qualcosa che luccicava, assomigliava all'oro? Era il dito anulare. Distinse bene la fede matrimoniale di sua moglie. Rimase così. Immobile, non più assente, con l'avambraccio di sua moglie in mano, senza accorgersi nemmeno che vicino ai suoi piedi erano molti i punti in cui il terreno sembrava smosso da troppo poco tempo.

Claudia Venditti