Finalmente a casa

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2003 - edizione 2

Solitamente il sabato sera non torno tardissimo, o perlomeno, non tardi come molti ragazzi della mia età.
Stasera sono le due, e sto tornando a casa.
La mia auto sfreccia tra i viali alberati, sgombri dal traffico diurno, e i fari che illuminano la strada creano colori invisibili alla luce del giorno.
Abbasso il finestrino, per respirare un poco d'aria, e una ventata di freschezza investe il mio viso, facendomi chiudere gli occhi per un istante.
Li riapro.
Sono ormai in una zona periferica, agli alti palazzoni si sono sostituite costruzioni più basse, meno serrate e più graziose.
Tra non molto sarò a casa, ma la cosa non mi appaga, dal momento che è come se fosse già lunedì. Odio la domenica, perché è un giorno di attesa, in cui man mano che passano le ore ci si rende conto che manca poco all'inizio di una nuova, interminabile settimana.

Ma ora è sabato, e sto tornando a casa.
Eccomi giunto al parcheggio, dove mi fermo.
Appena sceso dall'auto mi sento pervaso da un senso di pace, complice il silenzio assordante del luogo, così decido di accendermi ancora una sigaretta.
Il fumo inonda le mie narici, ed è una sensazione piacevole come questa serata, piuttosto fresca, poiché l'autunno sta arrivando con prepotenza.
Sono di fronte al cancello, lasciato socchiuso, che varco velocemente.
Pochi passi mi separano dal meritato riposo.
Improvvisamente il pacchetto di sigarette sfugge dalla mia mano, cadendo sul marmo lucido di una tomba.
Solo mentre lo raccolgo noto che su di esso campeggia la scritta "IL FUMO UCCIDE".
Scoppio in una risata fragorosa, poi, con un gesto meccanico, spengo la sigaretta, prima di scendere i gradini e chiudere silenziosamente il sepolcro alle mie spalle.
La bara è aperta, così come l'ho lasciata.
Finalmente a casa.

Carlo Banchio