Ci incontreremo ancora

C'è nulla di meglio, secondo voi, di una bistecca al sangue e di un bel boccale di birra in un locale niente male in attesa del treno che vi farà cambiare aria?
E' per l'appunto quello che sto facendo.
C'è un signore seduto al tavolo accanto al mio.
Ragazzi, quello è proprio il mio tipo: elegante, raffinato, le mani curate. E notate che baffetti…
E' assorto nella lettura del giornale.
"L'uomo giusto nel momento sbagliato" mi dico, e capirete il perché.
Ripiega il giornale e porta la mano al taschino del panciotto.
Un'espressione dubbiosa gli si dipinge sul volto. Poi il suo sguardo cade su di me.
< Signore > dice, < temo di aver dimenticato il mio cronometro a casa. Sapreste dirmi l'ora? >
Non aspetto di meglio. Con orgoglio tiro fuori la padella d'oro massiccio e gli leggo l'ora.
< Grazie > dice. Poi aggiunge: < Scusate la mia curiosità, ma sbaglio o il vostro è un autentico Brequet? >
< Non sbagliate > dico ostentando noncuranza.
< Un'autentica rarità! > dice, < Un oggetto dal valore inestimabile. >
< Semplicemente un lascito da parte di un lontano parente > rispondo.
< Un parente molto generoso! > dice. Poi: < Comunque temo sia giunta per me l'ora di avviarmi. >
Porta la mano alla tasca interna della giacca e noto una smorfia di contrarietà.
< Qualche cosa che non va? > chiedo.
< Una imperdonabile dimenticanza > dice, < temo di aver lasciato a casa anche il portafoglio. >
< E dove sarebbe il problema? > dico.

Schiocco le dita. Subito si presenta un cameriere.
Tiro fuori dalla mia tasca il portafoglio di coccodrillo imbottito di banconote, ne estraggo una e la porgo al cameriere.
< Si paghi le nostre consumazioni > dico < e trattenga il resto >.
Il cameriere afferra la banconota e si congeda con un inchino. Probabilmente una mancia così consistente è la prima volta che la intasca.
Il mio ospite mi guarda ammirato.
< Signore voi mi avete tratto da un increscioso imbarazzo > dice. < Potrò mai… >
< Suvvia > dico, < tra gentiluomini… >
< Eppure sento la necessità di ricambiarvi per quel che avete fatto. Quando ci rincontreremo… >
< Temo che ciò non accadrà. Sapete, sto per partire. >
< Una partenza definitiva? > chiede.
< Già, definitiva > rispondo.
< Eppure sento che ci incontreremo ancora > dice.
E' una mia impressione o nel timbro della sua voce c'è stata come una nota di gelida minaccia?
Mi volta le spalle e si avvia.
E' in quel momento che lo noto. E' come un'asola quel piccolo taglio sulla sua giacca all'altezza della scapola destra. Ed è contornato da un alone rossastro.
" … all'altezza della scapola destra" mi dico, "proprio nel punto dove…"
Già, proprio nel punto dove conficco la lama del mio coltello.
Mi torna alla mente la sera precedente. L'attesa nel vicolo buio in prossimità del locale. Poi il signore dall'aspetto distinto che esce. La pugnalata alle spalle. Lui che cade a faccia in giù senza un gemito, stecchito. La rapidità con la quale lo depredo di orologio e portafogli per poi dileguarmi nella notte.
Un lavoro pulito. Non mi restava altro che cambiare aria.
Preso da un dubbio prendo il giornale che il mio ospite ha lasciato sul tavolo. Lo spiego. La faccia che campeggia in prima pagina è la sua. Il titolo è a caratteri cubitali.

 

Assassinato
il noto medium
Verdurin

 

Non ho bisogno di leggere l'articolo…
Ed ora?
Fuggire! Andare il più lontano possibile!
Ma so che è tutto inutile. Le sue ultime parole continuano a risuonarmi nella mente: "... sento che ci incontreremo ancora…".

Gino Spaziani