Tanathos

L'automobile, una Mercedes nera nuova di pacca, si fermò davanti al precipizio. Ne discese un uomo alto, sui quarant'anni. Il suo nome era Frank, il cognome non c'interessa. Si guardò l'orologio che portava al polso: le quattro. La luna splendeva in cielo, ma per il resto era buio pesto e l'alba avrebbe dovuto attendere ancora un po'.
Camminò fino all'orlo del burrone e scrutò il cielo. Sotto di lui c'erano quattrocento, cinquecento metri, ma non gli interessava, l'importante erano la luna, le stelle e tutti i peccati che nascondevano.
Si tolse un coltellaccio ancora insanguinato dalla tasca del cappotto e la guardò attentamente.
<<Perché...>> sussurrò.
Non sapeva rispondersi, non c'era risposta per quello che aveva fatto. Erano state loro, le Voci, a ordinarglielo.
Le sentiva già da alcuni mesi quelle Voci che gli rimbombavano nel cervello,che infestavano la sua mente, le Voci di cui non sapeva come liberarsi.
Poi aveva capito che non poteva liberarsene, poteva solo domarle, in altre parole conviverci. E l'unico modo per convivere con le Voci era dar loro ascolto, fare come loro dicevano. Aveva capito che erano loro la sua guida.
Loro gli avevano imposto di insistere con il capoufficio che non voleva concedergli l'aumento, di essere indifferente con il mendicante che chiedeva l'elemosina, di alzare la voce con la moglie, di usare le maniere forti con la figlia e di leggere il suo diario segreto e di altre indicibili cose.
All'inizio era stato bello, aveva imparato ad avere carattere, a farsi intendere, ma poi li loro richieste erano aumentate fino al limite. Gli avevano ordinato di fare cose che mai si sarebbe sognato. Aveva provato a fare resistenza ma era troppo difficile, le Voci gli rimbombavano nella mente fino a provocargli dei mal di testa incredibili, fino a fargliela scoppiare e Frank era convinto che si sarebbero potute spingere molto oltre, fino a ucciderlo. Non poteva far altro che obbedire, no?
Si trovava in camera da letto quando le Voci si fecero sentire e gli ordinarono quello che aveva sempre sperato che non accadesse.
Erano le dieci e mezzo di sera, sua moglie si stava svestendo, lui andò in cucina e prese un grosso coltello. Sua moglie stava per andare a letto quando Frank le arrivò alle spalle e le cinse dolcemente la vita.
Frank sentiva che qualcosa dentro di sé stava facendo resistenza ma quel qualcosa ebbe la bontà di zittirsi non appena una Voce gli disse "dai, che ti ci vuole?"
L'uomo sogghignò. Era facile, no? un colpo e ti togli il pensiero, un colpo e sei un uomo libero.
La donna, girata di spalle, non vedeva gli occhi infuocati del marito, non vedeva il volto ardente di desiderio, desiderio d'amore e di morte.

La donna mandò un gemito. <<Mmmm... mi fai male...>>
<<Stai zitta bellezza, andrà tutto bene!>>
Frank sogghignava, sogghignava anche mentre la fredda lama del coltello si strusciava contro la gola inerme della moglie. Questa cadde a terra senza un lamento, un millesimo di secondo durò il passaggio dalla vita alla morte. Frank fu soddisfatto e le Voci si complimentarono con lui.
Per la figlia fu un po' più difficile.
Erika aveva quindici anni ma ne dimostrava qualcuno in più. Capelli neri, lisci, fino alle spalle e profondi occhi castani. Era davvero una bella ragazza. Era.
Dormiva già quando Frank entrò nella sua stanza e le avvicinò il coltello alla gola.
"E' così bella" pensò.
Le Voci lo incitavano. "Dai, ammazzala, non ti fermerai proprio ora?"
Si sarebbe fermato? Certo che no, anche se era certamente difficile uccidere la propria figlia, come poteva avere il coraggio di tagliarle la gola?
"Dai, sbrigati!"
Le Voci, mille Voci nella sua testa, gli davano coraggio. Posizionò la lama e tirò indietro la mano velocemente. Il sangue cadde copioso, caldo, di un colore rosso scuro. Erika non soffrì neppure, perse coscienza nel momento esatto in cui si addormentò per non riprenderla mai più.
Da allora le Voci non si fecero più sentire. Frank iniziò lentamente a rendersi conto di ciò che aveva fatto e invocò più volte l'aiuto delle Voci, perché gli dicessero qualcosa, per un consiglio, ma niente. Non si fecero più sentire.
Allora Frank prese la macchina e corse a tutto gas fino al precipizio.
Continuò a guardare il cielo stellato. <<Perché mi avete abbandonato?>> chiese ad alta voce. <<Perché, proprio ora che ho bisogno di voi?>>
Nessuna risposta.
Quel silenzio era insopportabile.
<<Rispondeteeeeeeeeeeeeeeee!!!>> gridò a squarciagola.
Una Voce! Qualcosa gli rispose! Frank si sentì felicissimo di aver ritrovato le sue Voci e ebbe voglia di uccidersi quando capì che era solo l'eco del suo grido. E così fece.
Guardò il coltello con il quale aveva sterminato la sua famiglia, si chinò e scrisse sulla terra: ATTENTI ALLA MORTE E ALLE VOCINE
Si portò sull'orlo del burrone e si passò la fredda lama intrisa di sangue sulla gola. Lui si che soffrì, soffrì come un cane, sentì la pelle lacerarsi, squarciarsi, decomporsi e staccarsi dal collo. Anche i tessuti, i muscoli si staccavano, la carne del viso si sbriciolò, i bulbi oculari caddero come due flaccidi palloncini bianchi, fino a che della sua testa non restò solo il teschio.
Frank cadde giù dal burrone, la terra si avvicinava sempre di più fino a che...

 

Si svegliò di soprassalto, tutto sudato. Si guardò intorno e vide la sua casa, la sua camera da letto, tutto uguale a come lo ricordava. Identico.
L'orologio digitale segnava le cinque.
Si guardò accanto e vide sua moglie, la sua splendida moglie.
<<Ho sognato tutto... grazie a Dio era solo un sogno...>>
Stava per riaddormentarsi quando l'occhio gli cadde sul comodino. Su qualcosa che stava sul comodino.
Il coltello. Era lì pronto per lui.
"Non preoccuparti. Non ti abbandoneremo mai."

Cagliostro