Il piacere delle tradizioni

Campagna veneta, 1943

 

Anna scrutava attraverso i vetri rotti della finestra il paesaggio circostante.
Il risultato dell'ultimo bombardamento era stato catastrofico; ovunque non c'erano altro che edifici in rovina e abbandonati, strade deserte e corpi straziati sparsi un po' dappertutto.
Per quanto tempo sarebbero potuti sopravvivere ancora?
Le scorte di cibo erano quasi alla fine, e avventurarsi all'aperto era troppo pericoloso per il rischio di imbattersi in qualche pattuglia di nazisti.
<Papà>, disse Dario, <io e Giovanni n'abbiamo discusso a lungo ieri sera, e abbiamo deciso che faremo ugualmente il banchetto per la festa del tuo compleanno>.
Anna si voltò per osservare i due fratelli; i suoi occhi erano ormai spenti da troppo tempo, ma quell'inaspettata esclamazione li ravvivò un poco.
<Ragazzi>, li interruppe la madre, <lo spirito esuberante che vi contraddistingue è di parecchio conforto a vostro padre e a me, soprattutto in momenti come questi, ma sapete bene che il cibo è appena sufficiente. Non possiamo permetterci di sprecarlo in questo modo>.
<Mamma>, disse Giovanni, <non potremo in nessun caso sopravvivere a lungo con questa guerra. Qui siamo troppo isolati, alla fine dovremo uscire allo scoperto… e tu sai che trattamento riservano i nazisti a quelli come noi, lo sai, non è vero?>.
La madre rimase in silenzio.
<Papà>, continuò Dario, <tu sei molto importante, ci hai fatto nascere, ci hai dato un'istruzione e insegnato dei valori, e te ne siamo riconoscenti. Questa guerra ci ha portato via tutto; non lasciamo che si appropri anche delle nostre tradizioni>.
Il padre aveva le lacrime agli occhi. Diede le spalle ai due ragazzi per non far vedere che piangeva, dopotutto era ancora il capofamiglia. Avrebbe voluto impedire loro di andare, ma riconobbe il vero in ciò che avevano detto… ormai era solo questione di tempo.
Giovanni aprì la porta di quella che una volta era stata la loro casa.
<Mamma>, disse, <appena Dario ed io saremo usciti, tornate subito in cantina e chiudete la botola col lucchetto, lì sarete più al sicuro. Noi cercheremo di raggiungere il paese; se troveremo qualche sopravvissuto scambieremo gli ultimi soldi che ci sono rimasti con un po' di cibo>.
<Ma non sarà così semplice!>, li ammonì la madre, <Le strade sono piene di soldati nemici. Se dovessero scoprirvi, per voi sarebbe la fine>.
<Lo sappiamo, ma vale la pena tentare>.
La donna baciò entrambi i figli sulla fronte, quindi rimase a guardarli finché sparirono del tutto in mezzo alle macerie.
<Mamma>, le chiese la ragazzina, <Torneranno?>.
<Certo che torneranno, bambina mia>, cercò di rassicurarla, <e faremo una gran festa, vedrai>.

Trascorsero alcune interminabili ore.
Il rumore di spari in lontananza, che ad intervalli irregolari riecheggiava tra le decrepite mura del rifugio, fece più volte sussultare il cuore della donna, che temeva per l'incolumità dei suoi ragazzi; il padre, invece, per tutto il tempo mantenne un tenace silenzio, che non tradì neppure quando una pattuglia di carri armati tedeschi transitò a poche decine di metri dalla loro abitazione.
Finalmente, quando il sole aveva da parecchio lasciato il posto alla luna, qualcuno diede due colpi secchi alla botola, seguiti da altri tre.
<Il segnale!>, strillò la madre.
L'uomo estrasse furiosamente le chiavi dalla tasca dei pantaloni, quindi si precipitò ad aprire il lucchetto.
Dario entrò per primo, immediatamente seguito da Giovanni, che sulle spalle trasportava un voluminoso sacco dentro il quale si agitava qualcosa.
<Ci siete riusciti!>, esclamò la madre, <sia ringraziato il cielo>.
<Cos'è? Cos'è?>, continuava a chiedere Anna, tirando i vestiti al fratello maggiore.
<Abbiamo avuto davvero molta fortuna>, spiegò Giovanni mentre slegava il laccio che teneva chiuso il sacco, <L'abbiamo trovata prima di arrivare in paese, ad un paio di chilometri da qui. Vagava da sola in mezzo alle macerie>.
Dario rovesciò il contenuto del sacco sul pavimento terroso della cantina.
<Una bambina!>, esclamò meravigliata la madre.
I due ragazzi guardavano orgogliosi il loro trofeo.
<Ho tanta fame!>, urlava Anna.
<Adesso, figlia mia>, la tranquillizzò la madre, <solo un attimo di pazienza>.
<Carne umana e viva… non posso crederci!>, continuava a ripetere il padre.
I due ragazzi presero la bambina e la deposero violentemente sul tavolo.
<Direi di fare un brindisi a papà>, propose Dario, <e ai suoi 235 anni>.
<In alto i tentacoli!>, strillò la madre al culmine della gioia.
<A te, papà, l'onore del primo morso>, disse Giovanni.
Un artiglio acuminato strappò di netto la testa della bambina.

Stefano Roveron