Nessuno lo sa

Le ombre lei le poteva percepire, si allungavano dietro la sua forma ogni volta che loro volevano ed ogni volta che lei usciva. Non c’erano ragioni di sorta, lei era quello che era, ma non lo considerava certo un dono, si perché in questo schifoso mondo non ci sono doni, almeno non in quello di Jenny, lei non ricorda mai, lei vive e basta, aspettando qualcosa in un underground cittadino riservato forse ai vampiri di sorta... ma lei non è un vampiro... e la sua città sembra una Gotham city più oscura, una Londra di Jack lo Squartatore, lei non ha amici, esce sola . E Quando esce Jenny, nessuno lo sa... forse è meglio così, anche se nessuno si merita nulla in questa città... farne anche il nome è superfluo, non vale la pena di menzionare ciò che è già destinato a finire nelle vivide fiamme dell’inferno.
Jenny attraversa il corridoio finale del palazzo dove abita, un palazzo che poteva ospitare fino a sei famiglie nei tempi lucenti, ma oramai l’unica persona oltre a lei lì, era il vecchio portiere dello stabile... cieco e fermo su una sedia rotelle, non sapeva di Jenny e lei stava lì proprio per quel motivo. E quelle mura, hanno impronte di mani insanguinate ovunque, a vederle bene sembra anche che quelle mani siano non di persone adulte; ma non è facile capirlo, le strisce che lasciano camminano... sembra non abbiano mai fine finchè però il sangue si ferma, finisce.
Chissà che storie hanno quelle mani, Jenny se lo chiede mentre attraversa quell’androne silenzioso buio, già vede fuori le ombre pronte per accompagnarla e un ultimo sguardo lo dedica a quelle mura fatiscenti, specchio di un tempo che se ne é andato e di uno che è arrivato, ma l’avevo detto non è una bella città e quelle pareti ne sono una muta testimonianza.

Il primo passo su quell’asfalto porta una ondata di gelo, e lei non riesce a vedere oltre molto, la sua visuale è limitata da un'ombra che l’avvolge, però vede distintamente un uomo in un vicolo, uno di quei vicoli che un film americano saprebbe narrarci in tutta la sua completezza, semibuio, con dei secchi cilindrici di spazzatura dalla quale fuoriesce in buona quantità ogni sorta di scarto del genere umano e si sparge sull’asfalto, senza nessun ordine logico, roba vecchia e cibo avanzato contornato da topi che in verità sembrano più dei piccoli gatti, e se li guardi bene sembra di vedere nei loro occhi una lucida follia animale... un piccolo bagliore, una pazzia. A due forse tre metri da quella sporcizia sparsa c’è un uomo riverso a terra, ben vestito, si lamenta.
Jenny si avvicina e lo guarda, è feritoda coltellate probabilmente, la camicia bianca era solo un ricordo, Jenny capisce il colore dal colletto e da alcuni sprazzi che si aprono sul corpetto dell’uomo... ora la camicia è rosso scura... l’uomo sputa sangue dalla bocca e farfuglia qualcosa, ma lei non capisce e il risultato che ottiene l’uomo e solo di spargere sangue ulteriormente sull’asfalto... (l’asfalto)... con un effetto zampillante... sangue ovunque... Jenny carezza la capigliatura rada dell’uomo, lo riconosce, lei sa... lui forse no o forse in quel momento non ci pensa, ma lei vede nei suoi occhi gli ultimi istanti su quella terra, in quella città... non c è nulla che lei possa fare se non espiargli il suo peccato... (è questo il suo dono?)... non lo pensava... mai l’aveva pensato, però era stata una bella fortuna non c’erano dubbi, a due passi da lei nell’ombra avrebbe potuto fare quello che nessuno sa...
Quando Jenny lasciò il vicolo, non c’erano persone in strada, non c’era anima viva che la potesse vedere e quelle strisce di sangue la seguiranno fino ad un certo punto... prima o poi finirà di questo ne era certa...

Cesare Coticoni