Ghirigori

E' qui con noi, in casa. Mamma dice che non è vero, che mi invento le cose. Dice che non è possibile. Ma io lo so, che è qui. L’ho visto. E non una volta sola. È qui, anche se è un po’ diverso da com’era prima. Adesso ha i ghirigori. Sono come girandole, ma fatti di buio. Neri. Gli girano intorno, quando lo vedo. E fa freddo. Tanto freddo. L’altro giorno si è ghiacciato il vetro della finestra, in camera mia. Mi ha fatto venire la pelle d’oca e i brividi, ma non avevo paura. Mamma dice che dovrei averla, se fosse veramente qui. Non capisco perché. Mi mancava molto, prima. E mi sentivo in colpa. Ora invece sono felice, perché almeno posso vederlo, ogni tanto. Mamma dice di chiamarla, quando succede, così può vederlo anche lei. Lo faccio, ma quando mamma arriva, i ghirigori diventano grandi, girano forte e, in un attimo, lui non c’è più. Anzi, mi sa che c’è, ma rimane nascosto dentro i ghirigori. Ci rientra e quelli poi si fanno piccoli piccoli e alla fine spariscono. Sono delle porte, penso, anche se non si aprono e chiudono come le porte normali. È da lì, che viene il freddo. Forse lui ci si nasconde dentro, perché ha paura che mamma lo sgridi, perché è stato via tanto tempo. E perché va in giro scalzo, con addosso sempre lo stesso vestito. Quello del funerale. O forse è solo che gli piace ancora tanto giocare a nascondino. Era il suo gioco preferito. Quando lui si nasconde dentro i ghirigori e quelli spariscono, però, mamma arriva che è tutto finito. Lui non c’è e lei se la prende con me. Dice che sono una piccola bugiarda. Urla, piange. Si arrabbia tutte le volte, allora ho deciso di non dirle più niente. Non lo sa, che oggi l’ho visto di nuovo e mi ha parlato.

Sono spuntati prima i ghirigori, nell’aria. All’inizio erano minuscoli, come mosche, poi sono cresciuti. E lui è uscito da quelli, l’ho visto bene. Un braccio, poi un altro. Ha messo fuori la testa e le gambe. I ghirigori si sono uniti in una grande girandola nera e lui è uscito con tutto il corpo. Allora quelli si sono divisi e sono tornati più piccoli. Gli sono rimasti appiccicati ai gomiti, alle ginocchia, alla nuca. Giravano, come le altre volte, e soffiavano aria gelida. Lo sapevo io, che erano porte. Dall’altra parte deve fare tanto freddo. Lui è rimasto lì e io lo guardavo, coi brividi. Teneva la bocca chiusa, ma sentivo lo stesso le sue parole. Non con le orecchie, dentro la testa. Ha detto che non è stata colpa mia, se è morto. E ha detto anche che presto si porterà via mamma, però poi torneranno, insieme, passando per i ghirigori. Sono contenta, perché così finalmente potrà vederlo anche lei e non si arrabbierà più. E resteranno qui, tutti e due. Sempre. Qui con me, in casa.

Enrico Graglia