Altra zona

Il cielo era limpido e la luna risplendeva alta. L'afa sembrava quasi danzare e muoversi da quanto era presente.
Il rumore delle proprie scarpe che si depositavano sul marciapiede si diffondeva per tutta la strada.
Era solo ed iniziava a credere che quella non era la Main Street e che aveva commesso un piccolo errore a girare a destra all'ultimo incrocio.
Il suo respiro era regolare ad aveva la giacca calata sulla spalla. Le maniche della camicia bianca erano state tirate su fin oltre il gomito.
La festa dalla quale proveniva era stata solamente noiosa: non si era divertito affatto e aveva solamente mangiato molto. Così aveva trovato opportuno fare due passi fino alla fermata dell'autobus.
Fermata che sembrava essersi quasi spostata.
Davanti a lui vi era adesso una piccola piazzetta.
Ralph si guardò attorno, indeciso sul da farsi e capì in quel momento, che quella piazzetta non aveva niente a che fare con la Main Street. Si era perso.
Quella considerazione così immediata, ma anche così razionale, lo gelò completamente facendogli passare anche la leggera sbronza che aveva.
Perchè quella paura?
Gli tornò così alla mente una cosa che gli diceva sempe suo padre, quando lui era piccolo: Se c'è un luogo dove veramente l'uomo può combinare rapporti con l'inferno è nelle Altre Zone... Sono luoghi estranei alle persone, che tutti ignorano, ma che prima o poi ti si presentano davanti nella vita e quando entri in un'Altra Zona, sono guai ragazzo mio... E ricordò che terminava sempre quel discorso ridendo come un matto.
Adesso non sapeva perchè gli era riaffiorata alla mente quella sorta di leggenda metropolitana che anni prima suo padre gli aveva ricordato... Non c'era da aver paura... In fondo era pur sempre in una grande città; qualcuno avrebbe potuto aiutarlo in qualsiasi momento.
Cercò in qualunque maniera di autoconvincersi, ma non ci riuscì tanto bene. Davanti a lui c'era una piazzetta e attorno a quella, cinque strade che sfociavano tutte lì.
Era strano... Quella forma.... Cinque strade che convergono in un punto centrale...
La sua mente stava inspiegabilmente intrapendendo sentieri tortuosi ed inutili.
Fece qualche passo e fu in quel momento che avvertì (o almeno gli parve) un rumore, simile a quello di passi.
Si fermò di colpo, immobile e lasciò che piccole perle di sudore gli attraversassero il volto. Poteva quasi sentire il proprio cuore che batteva velocissimo all'interno del suo petto.
Non aveva il coraggio di voltarsi.
Sentì nuovamente quei passi, ma questa volta molto più vicini.
Con la destra continuava a tenere ancora la giacca sulla spalla e il suo sguardo continuava a muoversi in più angolazioni, quasi nel disperato tentativo di compiere un giro di trecentosessanta gradi per osservare chi gli era dietro.
L'aria afosa continuava ad impedirgli di respirare bene.
Un secondo dopo avvertì nuovamente i passi dietro di lui, vicinissimi, ma questa volta non vi fu neanche il tempo materiale per provare ad aver paura, perchè un secondo dopo sentì qualcosa posarsi sulla sua spalla sinistra.
Per un attimo tutte le sue attività corporee si interruppero: il suo cuore smise di battere, il suo cervello si scordò di respirare e i suoi arti furono immobili.
Poi non avvertì più il peso della mano sulla sua spalla e potè voltarsi un secondo e mezzo dopo. Fu più istinto che coraggio.
Guardò con timore quello che gli si presentava davanti. Poi, quando i suoi occhi ebbero visionato con la dovuta calma il barbone che gli stava davanti, la paura svanì e con essa anche tutti i problemi: arrivò quasi a sentire dei piccoli brividi di freddo percorrergli tutto il corpo e un principio di ilarità gli subentrò poco dopo.

«Hai qualche spicciolo?» Ralph riuscì a sentire fin da due metri di distanza l'odore impregnato di alcool dell'alito dell'uomo. Era completamente ubriaco e i suoi abiti, o quello che ne rimaneva, lasciavano intuire che l'uomo non avesse una dimora fissa.
Ralph sorrise, maledisse l'uomo, negò di avere spiccioli (ed era vero) e si voltò nuovamente pronto ad andarsene.
Stava già per iniziare a fischiettare qualche canzone (più per darsi nuovamente coraggio che per necessità), quando la mano si posò nuovamente sulla spalla sinistra.
L'ira gli montò per tutto il corpo e prese il posto di quella che prima era stata paura.
«Ti ho già detto che non ho...» Ralph si era voltato di scatto, in maniera brusca e contemporaneamente sfoggiava la sua ira a parola; ma non terminò mai il proprio discorso perchè i suoi occhi caddero nuovamente sull'uomo.
I vestiti erano i soliti (e questo evitava ogni sorta di scambio di persona), ma il corpo era diverso: le sue mani difettavano della mancanza di qualche dita e dal suo volto pezzi di pelle ondeggiavano fieramente, mostrando la carne viva sotto. Il suo occhio destro era completamente spappolato e una sostanza giallastra era colata su tutta la guancia e si era coagulata in alcuni punti. Il labbro superiore era presente solamente per metà e l'altra parte lasciava intravedere una bocca priva di denti.
Ralph si sentì quasi mancare per un attimo e il terreno da sotto i piedi gli sembrò cedere nell'attimo in cui vide nella guancia destra prima sporgere una protuberanza, poi la pelle che si spaccava (la sua mente paragonò quell'azione a quella di un uomo che tenta di sfondare una porta) e poco dopo un verme che faceva capolino, quasi a recriminare la sua parte.
Tutto ciò che aveva mangiato durante la sera iniziò a muoversi velocemente, ma fu abile a tenersi tutto dentro.
Deglutì, si voltò ed iniziò a correre velocemente.
La giacca gli era caduta dalla spalla nel momento in cui aveva visto l'uomo per la seconda volta.
La sua mente intanto, mentre il suo corpo continuava a correre a vuoto, pensava ad una spiegazione logica per tutto quello. Giunse ad una conclusione disarmante: non c'era.
Ralph continuò imperterrito la sua corsa, anche se non vi era nessuna traccia del barbone. Svoltò in alcuni vicoli alla cieca e decise di fermarsi, quando ormai le sue forze erano allo stremo e il sangue gli martellava nel cervello un antico ritmo di battaglia.
Non fece caso di essersi fermato in un vicolo buio. Ralph si piegò in due, con le mani posate sulle ginocchia ed iniziò a riprender fiato.
Pochi secondi dopo il suo corpo fu percorso da una serie di brividi: infatti, mentre continuava ad essere accasciato, avvertì un secco e prolungato rumore metallico a pochi passi da lui.
Inizialmente e irrazionalmente pensò che il barbone fosse tornato. Poi trovò meglio voltarsi (aveva ancora il fiatone e il suo petto si muoveva veloce avanti ed indietro) e quello che vide lo paralizzò completamente: a meno di un metro da lui vi era un tombino. Il rumore metallico che aveva avvertito apparteneva al coperchio e dal buco nero, in quel momento, stava fuoriuscendo un grosso tentacolo nerastro; aveva delle ventose grandi e rosse, altre più piccole intervallate le una dalle altre da piccole spine. Il tentacolo si muoveva circolarmente, quasi nel disperato tentativo di trovare alla cieca una preda. A contatto con il marciapiede lasciava sull'asfalto una gelatinosa ed appiccicosa sostanza.
Per sua fortuna il tentacolo era dalla parte opposta al suo piede e Ralph, anche se con qualche difficoltà perchè sentiva le gambe come due pezzi di tronco, riuscì a toglierlo.
Scosse la testa e riprese, incomprensibilmente a correre ancora.
Non c'erano rumori in quella parte della Città. Solamente il silenzio.
Ralph correva veloce, anche se la stanchezza iniziava lentamente a farsi sentire. Il suo volto era un maschera di paura e il suo sguardo continuava rapido a muoversi lungo tutto il suo raggio di azione, nel disperato tentativo di trovare qualcuno.
Era quella la cosa che più lo preoccupava: la totale assenza di persone.
Alzò lo sguardo al cielo, attratto nuovamente da un rumore: era stato simile allo sbatter d'ali di qualche uccello e quando aveva alzato lo sguardo, sempre continuando a correre, i suoi piedi si erano rifiutati di muoversi e le ginocchia avevano interrotto bruscamente la corsa.
In alto nel cielo, uno stormo di pipistrelli si stava muovendo lento e maestoso. Erano centinaia, forse anche migliaia: la loro avanzata infatti coprì addirittura un quarto della luna visibile.
Ralph rimase esterrefatto. Non aveva mai visto niente di simile in vita sua.
Le domande gli si accavallarono veloci nella mente e gli impedirono di ragionare. Così non fece caso alle due bambine che stavano avanzando verso di lui.
Ne prese atto solamente quando gli furono davanti.
Erano identiche e i loro vestiti erano candidi e puliti. I capelli biondi delle due ragazzine ricadevano sulle loro piccole e minute spalle. Avevano degli splendidi occhi azzurri e si tenevano per mano.
«Ciao bambine... Sapete dov'è la fermata dell'autobus?» fu una domanda stupida tra tutte quelle che poteva fare e se ne rese conto. Il suo respiro poi, continuava ad essere affannato.
La bambina di destra in risposta iniziò a sfoderare un sorriso: prima solamente con le labbra, quando poi volle aggiungere anche i denti, estendendo il sorriso, il sangue di Ralph si gelò letteralmente nelle proprie vene.
La bambina andò aumentando l'estensione del sorriso e poco dopo rivelò una serie di denti aguzzi e neri, la lingua era una strisciolina fine e lunga. Poi continuò ad allargare quelle che erano divenute fauci, raggiungendo dapprima un angolo di apertura innaturale e poi emettendo un urlo disumano.
Ralph fu costretto a chiudere per un attimo gli occhi: aveva sentito un abbassamento della pressione e il suo cuore che saltava quasi un battito.
Quando, mezzo secondo dopo, si fu ripreso e potè riaprire gli occhi, la scena era peggiorata: le due bambine avevano entrambi i vestitini intrisi di sangue, senza un'apparente spiegazione ed una delle due stava tentando in tutte le maniere di spezzarsi un dito. L'altra continuava ad emettere quel suono osservandolo.
Questa volta fu Ralph a gridare, prima di intraprendere una nuova corsa, nella quale urtò anche con le bambine e la sua mano sfiorò quella a destra. La sensazione fu peggio della vista: gli sembrò di aver infilato la mano in un canestro di serpenti.
Riprese a correre nuovamente, con i suoi capelli attanagliati alla fronte.
Imboccò un vicolo e quando si fermò, per pura fatica, si osservò attorno. Era capitato in una piccola corte, circondata da case, tranne da dove era entrato. Il diametro della corte era di circa venti metri, dunque molto piccola.
Ralph si osservò attorno, indeciso sul da farsi e fu in quel momento che li vide: attorno a lui c'erano circa otto finestre. E dietro ognuna di queste, al buio, vi erano delle persone che lo stavano osservando. Alcune scuotevano la testa, altre sembravano quasi essere prossime al pianto. Vi era una coppia di anziani signori stretti assieme; una bambina con la testa infossata nella pancia della madre e piangente; un uomo e una donna; un vecchio senza capelli. E tutti lo stavano osservando.
«Aiutatemi!» non sapeva come, ma aveva capito che quelle persone non potevano o non volevano aiutarlo. Erano solamente in contemplazione.
Ma per cosa?
Un attimo dopo che questa domanda gli ebbe attraversato la mente (nel frattempo Ralph aveva provato anche ad avvicinarsi ad una finestra implorando aiuto, senza successo), da dove lui era entrato in quella corte, sortirono le due gemelline e il barbone.
Sopra di sè avvertì un grande sbatter d'ali; non dovette però alzare la testa, perchè sapeva già che cos'era.
Al centro della corte infine, vi era un tombino. Il coperchiò saltò.
Ralph capì che suo padre aveva ragione.
Quella era un'Altra Zona.
Lui era finito lì.
E si era perso.
Semplicemente si era perso.
Perso.

Alessandro Pieralli