Un folle pomeriggio d'autunno

L'autunno stava iniziando, accompagnato da venti gelidi e piogge violentissime.
Eddy stava passeggiando lungo il viale che era solito percorrere tutti i giorni, nel tragitto che lo conduceva a scuola. Era una strada sterrata, che tagliava ettari enormi di boschi.
Teneva le mani nelle tasche dei suoi jeans larghi e scoloriti, per proteggerle dalle folate di vento che soffiavano da quella mattina. Guardava in basso, socchiudendo gli occhi. Faceva una gran fatica a vedere dove stesse andando, polvere e sabbia glielo impedivano.
Scalciava foglie secche, qua e là, senza pensare. Voleva solo arrivare il più presto possibile a casa.
Ad un tratto, però, qualcosa destò la sua attenzione. Si fermò, e cercò di capire da dove fosse arrivato quel rumore improvviso.
Eccolo, di nuovo.
Lo riconobbe: era un qualche uccellaccio che stava gracchiando.
Un verso sinistro; gli si accapponò la pelle, non capì bene se per il freddo o per quel rumore inquietante.
Fece una manciata di passi, e si bloccò di colpo.
Nel fosso, alla sua destra, un uomo giaceva immobile. Il cuore gli piombò in gola.
Gli si avvicinò molto lentamente, le gambe tremanti. Quando gli fu abbastanza vicino per capire che era morto, un corvo spuntò dall'alto, probabilmente da un albero, e si posò delicatamente sul cadavere.
Eddy lanciò un gridolino, per lo spavento.
Il corvo gli rispose, gracchiando. Fece qualche balzo in avanti, nella direzione del ragazzo.
Eddy era terrorizzato, le gambe immobili, come piantate nel terreno, gli impedivano di fuggire.
L'uomo indossava degli abiti strappati, e aveva dei fogli di giornale - quotidiani, a quanto pareva - sparsi sulle gambe.
"Un barbone" pensò il giovane.
"Dev'essere morto assiderato." sentenziò.
Il corvo lo fissava. Era enorme, nero come la pece, con una strana piuma bianca sul dorso. Splendeva talmente lucido.
Riprese a gracchiare. Il suo lamento era inquietante, ma al tempo stesso sembrava stesse chiedendo aiuto.
Eddy decise che lo avrebbe portato a casa; non poteva lasciarlo lì, da solo. Certo, lo sapeva anche lui che un uccello del genere non aveva bisogno del suo aiuto per poter sopravvivere d'inverno. Ma il suo cuore era troppo grande per lasciarlo ad un possibile triste destino.
Il ragazzo si piegò sulle ginocchia, risvegliandosi dallo stato di paralisi in cui era caduto.
-Vieni...- disse.
Allungò una mano, strofinando tra loro pollice ed indice.
Il corvo, coraggioso, spiccò il volo e andò a posarsi sul suo braccio proteso. Eddy quasi perse l'equilibrio, spaventato, ma poi si alzò e lo osservò, felice.

-Eddy! Cosa diamine hai portato a casa stavolta?- urlò la madre, visibilmente contrariata.
-E' un corvo, mamma! Non vedi?-
-Sì che lo vedo Eddy! Ma cosa ci fa qui?- domandò con un tono di disappunto.
-Era di un barbone, ma il barbone è morto. L'ho visto in un fossato. Era viola, non respirava.-
-Dannazione, e cosa aspetti a dirlo?- si strofinò le mani bagnate su un panno e afferrò la cornetta.
-Avviso lo sceriffo.- esclamò agitata.
Il ragazzo la ignorò. Voleva mostrarlo a Zoe, il suo fratello minore. Chissà che feste gli avrebbe fatto.
Entrò in camera da letto, ma lo trovò appisolato per terra, su un soffice tappeto verde.
Sorrise, sperando che il corvo che teneva ancora sul braccio non si fosse messo a fare versi improvvisamente. Avvicinò la mano alla testiera del letto, e l'animale vi si posò sopra. Camminava avanti e indietro, pareva molto felice.
Eddy guardò ancora il fratellino dormire, e fece cenno al corvo di fare silenzio. Ridacchiò divertito e uscì dalla stanza.
La mamma gli passò davanti frettolosamente.
-Tesoro, io esco. Lo sceriffo ha detto che devo andare con lui, ci troviamo lungo la strada.- disse.
-D'accordo, ma non fare troppo tardi, che la temperatura si sta abbassando ancora.- la avvertì.
-Certo, non ti preoccupare... ah, quasi dimenticavo. Tieni d'occhio la minestra, guarda bene che non bruci o stasera non mangeremo un bel niente.-
-Va bene. Vado solo a prendere il corvo e lo porto giù in cucina con me.-
-No! Sei impazzito? Non voglio quel pennuto sporco in cucina... e non lo vorrei neanche più in casa.- schioccò un bacio fragoroso sulla fronte del figlio e se ne andò.

 

Era trascorsa un'oretta circa, ma la signora Tacher ancora non si vedeva.
Eddy stava facendo scaldare la minestra avanzata a pranzo, come la mamma gli aveva chiesto.
Guardò nuovamente l'ora, abbastanza preoccupato.
-Avevo detto di non perder tempo... maledizione...- brontolò.
Salì al piano superiore, avrebbe svegliato Zoe per iniziare a mangiare.
Aprì lentamente la porta e vide.
Vide quello che non avrebbe mai voluto vedere in vita sua. Ma era lì, davanti ai suoi occhi.
Il cuore gli balzò in gola quando il corvo si voltò e lo guardò.
Aveva il muso ricoperto di sangue.
Il sangue di Zoe.
Stava uscendo dal buco che quel maledetto animale gli aveva scavato nel ventre.
Una pozza rosso scuro, si era raggrumata sotto il corpo immobile e cereo del fratello morto.
Il corvo gracchiò.
La mente di Eddy era vuota, non riusciva a pensare a nulla. Il cuore stava per esplodergli nel petto, e le gambe gli crollarono.
Cadde sulle ginocchia, in un tonfo sordo. Con gli occhi sbarrati vide che l'animale si fiondò sul ventre del bambino. Appoggiò con forza le zampe sul suo petto, facendo sprofondare gli artigli all'interno. Infilò il becco nella voragine che aveva scavato e, a fatica, tirò via un lembo di carne.
Lo trangugiò con avidità, fiero di sè.
Buttò una zampa nel buco, e con le zampe arpionò un tratto di intestino. Lo fece scivolare fuori, molto lentamente, producendo un suono vischioso e molle.
Eddy era sotto choc, non riusciva a muoversi. Poteva solo osservare, impotente, quel diavolo che stava banchettando col corpo di Zoe.
Tutt'ad un tratto il corvo volò verso di lui. Si fermò sul pavimento, e iniziò a zompettare nella sua direzione, lasciando impronte rosse.
Eddy spalancò gli occhi, e con un riflesso incondizionato tirò un pugno fortissimo all'animale, che colto di sprovvista, andò a sbattere contro la parete lì vicino.
Il ragazzo si alzò, e afferrò la l'abat-jour sul comodino.
Il corvo, stordito, si rimise in piedi barcollando, ma non potè evitare il colpo violentissimò che Eddy gli sferrò con la lampada. Sbattè di nuovo contro il muro, fratturandosi un'ala.
Iniziò a gracchiare, urlando fortissimo.
-Maledetto!! Cos'hai fatto? Cos'hai fatto a Zoe?- gridò Eddy, sputando saliva.
Lo colpì ripetutamente, prima sul corpo, poi sulla testa, ma la bestia continuava a gracchiare, più forte di prima.
Era un lamento acutissimo, che bucava i timpani. Eddy aveva i brividi, una paura tremenda, ma voleva ucciderlo.
Con un ultima botta sul cranio si sentì un rumore di ossa rotte.
Il corvo smise di gracchiare, e spalancò la bocca, morto.
Un rivolo di sangue gli colò dalla testa spaccata e il ragazzo, ansimante, cadde a terra.
Si portò le mani al volto, e cominciò a piangere.
Quell'uomo nel fosso non era morto assiderato. Era stato il corvo ad ucciderlo.
All'improvviso un ticchettio si diffuse nella stanza. Era ovunque.
Un brivido gli percorse la schiena, e il cuore riprese a battere all'impazzata.
Sapeva cos'era quel rumore.
Ne era quasi certo.
Alzò il capo, appoggiando le mani sul pavimento gelido.
Almeno una decina di corvi era entrata nella stanza, passando dalla finestra che era rimasta chissà come mai aperta.
"Li ha chiamati lui."
Altri due entrarono in quel momento, gracchiando ferocemente.
Si posarono a terra, ticchettando con le loro unghie.
Due si avvicinarono al corpo rigido del loro simile morto.
Si voltarono contemporaneamente verso Eddy, e iniziarono a gracchiare.
Tutti ora lo stavano puntando.
Eddy capì.

 

Erano le otto e un quarto quando la signora Tacher tornò a casa.
Passò immediatamente in camera di Zoe, preoccupata. Nessuno aveva risposto alle sue chiamate.
-Zoe! Eddy! Sono arrivata!-
L'uscio della stanza era aperto.
Vide anche lei.
Il ventre di Zoe era ormai un'enorme voragine.
La donna cadde a terra, urlando a squarciagola.
Notò con la coda dell'occhio che il corvo che Eddy aveva portato era morto, immobile, a un metro da lei; un'altra decina di corvi era sparsa un po' ovunque nella stanza. Tutti senza vita.
Un cigolio la fece sobbalzare.
Eddy entrò nella camera, lentamente, le braccia sanguinanti, col capo chino.
La donna non parlò. Non ne aveva la forza.
-E' stata tutta colpa tua.- sussurrò il giovane.
Avanzò ancora verso di lei.
-Tu mi hai obbligato a tenerlo in camera. Così lui ha ucciso Zoe.-
Si fermò.
La signora Tacher strabuzzò gli occhi quando vide che il figlio teneva un martello sporco di sangue nella mano destra.
-E' morto per colpa tua. Per colpa tua e di quel bastardo dello sceriffo.-
-Eddy...- farfugliò lei.
-Tanto lo sapevamo tutti, anche Zoe, che tu eri la sua puttana.- disse senza esitazioni.
-Cosa...-
-E' colpa tua. Ora dovrai pagare.- sentenziò il ragazzo.
Alzò lo sguardo, gli occhi rossi gonfi di lacrime, graffi in faccia. Sollevò il martello, pronto a scagliarlo sulla faccia della madre.
Ma un proiettile gli tagliò il fiato.
Lo sceriffo entrò nella stanza in quell'istante, la canna della pistola fumante.
Eddy gemette, e si tastò il petto. Il colpo l'aveva trapassato, andandosi a piantare nella parete dietro di lui.
La signora Tacher si voltò improvvisamente, urlando.
Il ragazzo lasciò cadere il martello, e si chinò su se stesso.
Li guardò sofferente, sputando sangue, e si accasciò sul pavimento.
Morto.
-Cosa diavolo è successo? Ho sentito le tue grida. Per fortuna ero ancora qua sotto.- urlò lo sceriffo.
-Max... lurido bastardo... cos'hai fatto?- bisbigliò la donna, singhiozzante.
-Ti ho salvata... stava per colpirti... mi dispiace...-
-Ti dispiace? Ti dispiace?- gridò isterica.
Si alzò in piedi, collerica.
-Hai ucciso mio figlio!-
-Ma stava per colpirti...-
Gli si scagliò addosso, mordendo e tirando pugni, come una furia.
Lo sceriffo perse l'equilibrio e i due ruzzolarono a terra, lottando.
-Che tu sia maledetto! Hai ucciso Eddy! Hai ucciso...-
Uno sparo.
La donna mollò la presa, lasciandosi cadere sul pavimento.
-Maledetta...- disse lo sceriffo, alzandosi in piedi.
-Siete tutti pazzi qua dentro.-
La sentì sussurrare qualcosa.
-Taci! Mi hai graffiato il viso!- gridò.
Appoggiò la pistola alla fronte della sua amante e fece fuoco.
Sangue e cervello schizzarono ovunque.
Si allontanò, con espressione fredda e cinica.
Pazzo.

 

Stava scendendo le scale, massaggiandosi il braccio contuso, quando udì dei ticchettii alle sue spalle.
Si girò.
Una decina di corvi era dietro di lui, lo scrutavano minacciosi.
Più avanti di tutti ce n'era uno con una piuma bianca.
Iniziarono a gracchiare.
Lo sceriffo deglutì. Un brivido gli percorse la schiena. Non poteva fare altro.
Si portò la pistola alla tempia destra, la mano tremante.

 

In un modo o nell'altro, per mano sua o dei corvi, sarebbe morto anche lui, in quel folle pomeriggio d'autunno.

Andrea Sartore