L'alba della notte

E così ci ritroviamo.
Sappiamo entrambi che sarà per l'ultima volta.
Oramai sono solo un vecchio, stanco nel fisico e nella mente. Da cinquant'anni inseguo i miei demoni; da cinquant'anni non passa notte ove il mio sonno non sia sconvolto da incubi indicibili e il giorno non è per me sollievo, ma solo una meditata vendetta contornata da ricordi che mi squarciano l'animo.
Ora siamo qui.
Non scapperai stavolta. È la fine di tutto.
L'oblio avvolgerà in un oscuro abbraccio uno di noi due.
E spero che sia tu, maledetta.
Maledetta, così come quella notte di cinquant'anni fa divenne la mia vita; avevo solo dodici anni, e tuttora mi chiedo: perché?
A dodici anni si è ancora bambini, si dorme con la luce dell'abat-jour accesa a contrastare quel buio che, nella fantasia di fanciullo, nasconde ogni sorta d'incubi e mostri, come il babau nell'armadio pronto a saltarne fuori per ucciderti di paura. Solo che quella notte l'orrore, vero ma irreale, c'era veramente.
Non puoi sapere come può sentirsi un bambino, solo, nel suo letto quando un grido squarcia la notte silenziosa. Un grido di disperato orrore che proviene dalla camera dei tuoi genitori. La mente è sgombra da pensieri, c'è solo un'atavica paura, un istinto vecchio come il mondo, che paralizza. Altre urla, altri gemiti disperati.

Grida d'aiuto... Ma cosa potevo fare io? Cosa?
Sai, non so quanto tempo passò prima di riuscire a muovermi, di poggiare i piedi nudi sul pavimento freddo, con il cuore impazzito che urlava il suo dolore e l'adrenalina che affluiva copiosa nel sangue. La camera dei miei genitori era di fronte alla mia. Come in trance uscii dalla mia camera e qual brivido mi diede stringer nella mano il gelido pomello d'ottone di quella porta che, allora non sapevo ma immaginavo, mi avrebbe catapultato nel buio angosciante del terrore.
Mamma, sussurrai aprendo i cancelli dell'inferno.
Le parole mi morirono in gola.
È ancora tutto stampato nella mia mente come una fotografia.
La luce della lampada sul comodino che rischiarava in modo fioco la stanza, la finestra aperta le cui tende si gonfiavano verso l'interno sospinte da un gelido vento che mi fece accapponare la pelle. Ricordo che le pareti avevano strane striature di rosso, come se qualcuno avesse, per chissà quale motivo, lanciato bottiglie di salsa contro il muro. Lo sguardo si posò sul letto e su ciò che rimaneva di mia madre. Aveva degli enormi squarci sul petto e la testa era stata per metà spiccata dal collo.
Volevo urlare, ma tutto ciò che emisi fu un suono strozzato.
Distolsi lo sguardo da quella scena raccapricciante e in quel momento vidi mio padre. Al momento non riuscii a capire cosa stesse facendo. Era fra le braccia di una donna, e lei lo stava baciando sul collo. Qualcosa però non quadrava, le braccia di mio padre pendevano inerti e non pareva muoversi...
Papà? Chiamai.
La donna si giro e lasciò cadere il corpo di mio padre che, esanime, si afflosciò sul tappeto della camera.
Non sei mai cambiata, e ti ho rivisto altre volte. Ma mai ho provato un orrore e un'estasi paragonabile. Eri lì, figura alta dai lunghi capelli neri. Mi guardasti con quegli occhi bui e profondi nei quali brillano tuttora venature rosse. Chissà quante persone hai ammaliato con tali occhi, quante povere anime sono cadute nella tua rete...
Eri l'essere più vicino alla perfezione su cui mai cadde il mio sguardo. E mi sorridesti. Con la tua bocca perfetta, sporca di sangue. Con la luce che risaltava dolcemente i tuoi denti, così belli, così aguzzi.
Così mortali.
Semplicemente mi sorridesti e te ne andasti. In un attimo... tu... fuori dalla finestra... a sei metri dal suolo. Mi guardasti un'ultima volta e nel mio cervello ipnotizzato dal tuo sguardo echeggiò una frase: ci rivedremo.
Già.
I miei genitori avevano un immenso patrimonio. Ciò mi evitò di essere rinchiuso in un istituto psichiatrico ed ebbi la dubbia fortuna di riuscire a documentarmi su di te, seguirti in capo al mondo. Ma solo Dio sa se non avrei preferito essere solo una povera vittima senza la possibilità, anche economica, di darti la caccia con il fardello del ricordo di quella notte. Dio solo sa se non avrei voluto dimenticarti. Ma non è andata così. Il fato, o chi per esso, ha deciso che non poteva essere così. E forse anche tu.
Così cominciai a darti la caccia.
Ho battuto le strade da te percorse, visitato luoghi che i tuoi occhi avevano visto. Ho imparato a pensare con la tua mente e ragionare come te. Ho passato la mia vita in una simbiosi orrida con la tua natura d'essere immondo.
Solo una volta riuscii a dimenticarti, a mettere da parte l'orrore e la vendetta.
Ricordi Linda, vero?
La conobbi in Scozia, mentre peregrinavo per il mondo seguendo le tue tracce; un giorno la vidi e me ne innamorai. Mi unii a lei in matrimonio e per la prima volta nella mia vita mi sentivo felice. E la vendetta, passati vent'anni, andava diluendosi con l'amore per la vita.
E così sei tornata, per ricordarmi il mio compito, per ricordarmi di te. Lurido essere. Il cuore mi si spezzò e la mia anima da allora cessò di esistere. Ancora una volta una porta mi celava l'orrore e ancora una volta avevi reciso una vita.
Rammenti lo scempio che facesti del suo povero corpo?
Ricordo quelle parole scritte con il sangue di Linda sul soffitto, un semplice ed efficace messaggio: 'nell'oscurità io regno'.
Da allora ho ripreso la mia caccia con una foga e un odio impensabili.
Negli stretti e magici vicoli di Praga una notte assaggiasti il dolore. Ma l'acqua santa non ti fermò.
"Ne porto ancora il segno."
Vedo, e mi spiace di non averti rovinato quel viso che, impassibile, uccide ogni sorta di vita.
Tra le colline d'Irlanda, e i sobborghi di Londra. Tra la Romania e l'Ungheria. Tra luoghi selvaggi e civilissimi. La mia caccia è durata a lungo e spesso ti ho trovata e snidata, impedendo nuovi massacri e piangendo quelli già occorsi. Una sola traccia del tuo passaggio è sempre stata per me fonte di speranza. La mia sete di vendetta si acuisce e vedo. Vedo coi tuoi occhi. Come se vorresti farti trovare.
Ne hai avute di possibilità, mia odiata creatura.
Eppure non mi hai mai ucciso.
"Io vago da secoli sopra questa terra, io regno nella notte. Il mio stesso regno è la notte. Un regno dove il cui unico credo è la paura.
Sei sempre stato un buon avversario. Saresti un abile giocatore di scacchi. È vero, hai imparato a pensare come me, a capirmi.
Ma chiediti: se altre persone, nel passare dei millenni, avessero avuto la forza e la lucidità che credi d'avere tu, per sterminarci.. credi che saremmo ancora qui?
Ho solo giocato. Ho solo giocato con te. Mostrandoti solo ciò che volevo. Facendoti intuire cose che gli umani difficilmente capirebbero. È per questo che talvolta ci siamo incontrati. Però non voglio sminuirti del tutto. Solo una buona mente poteva reggere e capire tutto ciò... e me ne compiaccio."
No. Non è possibile. Tu menti!
Sono quasi riuscito ad eliminarti e molte ferite ti ho inferto... non puoi aver messo in gioco la tua esistenza insensatamente...
"Oh, sì.
Nel mondo, nonostante la nostra razza ci sia sempre stata, siamo in pochi.
E soli.
Alcune volte la solitudine è eccessiva, anche per noi immortali, e per superare il tedio del tempo ci inventiamo passatempi in grado di far trascorrere lietamente il fiume delle stagioni e degli anni."
I miei genitori... Linda... La mia vita stessa... sono stati solo vittime di...
No... mio Dio...NO!
UN GIOCO! SOLO UN PASSATEMPO PER VOI CREATURE INFERNALI!
La mia vita... ho creduto di avere in mano le redini del gioco ma...
"Le avevo io. Il re era in scacco da cinquant'anni."
Ora siamo qui, e la mia disperazione ha raggiunto il culmine.
Stanotte uno di noi due morirà. Ma non sarò io.
"Hai ragione. Non sarai tu. Ma non sarò neanche io. L'unica a morire sarà la tua anima, perché mi appartiene. La verità è che quella notte non ti uccisi insieme ai tuoi genitori perché volevo sì divertirmi, ma anche provare la resistenza della tua mente e la tua fedeltà a me. Sì, perché quella notte ti scelsi come compagno per l'eternità. Ho alimentato la tua sete di vendetta nel tempo per renderti sempre più, anche se inconsapevolmente, legato a me.
La solitudine è lunga, l'eternità ancor di più. In due passerà in modo più piacevole.
E ora vieni qui, bevi dal mio polso il sangue che ti donerà una nuova vita e ti restituirà la giovinezza di un tempo, lasciandotela per sempre."
No... non riesco a distogliere lo sguardo...
I tuoi occhi...l'oblio...
"Bravo, lascia cadere quel paletto e quella boccetta, e vieni a me.
Bevi, bevi la linfa immortale, cosicché noi due si possa regnare nella notte.
Nell'oblio..."

Emanuele Raitano