Il verdetto

Le immagini di quell'insignificante pianeta del sistema solare XQZ23-4 arrivarono, fluttuando, in una spirale di campi magnetici, sino ai mega-schermi della capitale, stupenda e lucente. La distanza era ragguardevole: quasi trenta miliardi di anni luce. Tutto era trasmesso da speciali ripetitori interstellari creati dagli antenati di quella splendida civiltà, che era Krel, milioni di anni prima. Centinaia di milioni di razze di mondi diversi, di Galassie, lontane fra loro milioni e milioni di anni luce, osservarono timorose l'imperatore di tutti i mondi del creato: l'onnipotente Elohim III, ergersi in tutto il suo immenso splendore. Dall'alto del suo trono di pietra, egli osservava deluso quel piccolo mondo, del quale la sua stirpe era andata sempre molto fiera. Era stato per volere di un suo antenato che a quel lontano pianeta era stato concesso il seme della vita. Da allora, erano trascorsi miliardi di anni ed era finalmente giunto il giorno del giudizio: il Consiglio dei Saggi avrebbe approvato o bocciato i progressi di quella civiltà.
A quanto pareva, dai rapporti degli osservatori dell'imperatore, il pianeta era abitato da forme di vita intelligenti, che si erano sì evolute, secondo gli standard Krel, ma che erano ancora profondamente divise l'una dall'altra per cause discutibili e alquanto poco edificanti. Discriminazioni razziali sul colore della pelle, sulle credenze religiose; incomprensioni ideologiche e ancora lo sfruttamento sconsiderato delle risorse energetiche e l'uso indiscriminato ed avventato del nucleare.

Essi avevano sì intrapreso voli nello spazio, ma ancora non avevano scoperto la propulsione a freddo, indispensabile per i viaggi interstellari.
Il Consiglio non era per niente soddisfatto: il giudizio non poteva essere favorevole. Malgrado ciò, l'imperatore avrebbe certamente avvantaggiato le sorti di quel pianeta. In qualità di ultimo discendente della dinastia, non avrebbe potuto far altro che tacere su ciò che era venuto a conoscenza. Avrebbe influito positivamente sul giudizio. In fondo, non era una cosa così grave; tante altre civiltà erano partite con il piede sbagliato per poi riuscire con il tempo a rimediare e ad entrare di diritto tra le colonie di quella civiltà superiore, onnipotente e magnifica.
L'imperatore schioccò le dita e comparvero sui mega-schermi nuovamente le immagini di quel mondo. Nella lingua galattica vennero sotto elencate le informazioni principali: era il quarto pianeta del suo sistema solare, l'unico ad essere abitato; il suo nome era Terra o almeno così lo chiamavano i suoi abitanti. Qualche istante dopo, comparvero le immagini degli uomini più illustri della storia terrestre con didascalie che ponevano l'accento sul valore delle loro imprese. L'imperatore storse un po' il naso, quando si accorse che il loro messaggero era stato giustiziato su di una croce. Rabbrividì. Com'era stato possibile che quegli sciocchi mortali non avessero riconosciuto il Messia? In quel momento avrebbe voluto far piovere su quel mondo microscopico meteore infuocate, ma si trattenne. Si guardò intorno. Nessuno tra i presenti osava alzare il capo. L'immenso Elohim III sorrise, mostrando le sue enormi zanne. Quegli sciocchi avrebbero imparato, si disse, pensando che non erano altri che mortali creature.
Il Consiglio dei saggi avrebbe promosso il pianeta, anche se sarebbero passati ancora alcuni secoli prima che i Kreel si mettessero in contatto con i terrestri. L'imperatore era soddisfatto: questo avrebbe dato alla stirpe imperiale lustro e magnificenza, se ancora ne avesse avuto bisogno.
Sarebbe stato proprio lui in persona, ad annunciare a tutti i mondi appartenenti alla Federazione dei Pianeti Civili l'ingresso della Terra. I saggi si scambiarono rapide occhiate di consenso, senza mai incrociare lo sguardo terribile del signore. Prima della fine di quella giornata avrebbero dovuto esaminare altri mondi, quindi si affrettarono ad esprimere il proprio parere positivo. Ma, poco prima che ponessero il loro sigillo, un messaggero fece il suo ingresso nell'immensa sala del Palazzo imperiale, con un messaggio urgente tra le mani lunghe ed affusolate. L'immenso Elohim III scese dal trono e raccolse il messaggero. Lo divorò e poi diede uno sguardo al messaggio. Inorridì all'istante. Non lesse il messaggio ad alta voce, come si confà ad un imperatore dell'Universo. Avendolo già letto con il pensiero, non ebbe il coraggio, anche se egli tutto poteva, di leggere ciò che c'era scritto. Infatti, una di quelle folli microscopiche creature, ignara dei voleri cosmici, aveva incendiato gli animi di molti fino a che non era scoppiata una rivolta. Presto si erano impadroniti di arsenali nucleari e da lì alla guerra, il passo era stato breve. Allora l'imperatore, contrariato, si limitò a fare un cenno inequivocabile ai saggi. Questi, senza esitare un solo istante, diedero l'ordine irrevocabile di eliminare ciò che restava di quel mondo e di ricrearlo, esattamente come avevano fatto, miliardi di anni prima, gli antenati Kreel, ma con un'unica eccezione: la Terra sarebbe stata per sempre abitata soltanto da animali.

 

Il verdetto lo possiamo considerare come uno tra i racconti più vecchi che io ricordi. Una cosa semplice mi viene da dire. Una favola moralistica. Quelle con il finale educativo, sulla falsariga della favola classica quella greca di Esopo, tanto per citarne uno. Un parto immediato; qualcuno all'epoca del liceo mi disse "Sei uno di quelli brevi". Bè, dico io, spero non troppo. Ho ancora tante cose da raccontare. Speriamo di vivere abbastanza per poter dire tutto. E' questione di fiato ma anche di fede, in se stessi. A.J.C.

Arthur J. Cochran