Il mio amore morto

La rossa luce del tramonto trasformava le lacrime nei suoi occhi in minuscole perle d'ambra.
Arcobaleni rotondi dai colori brillanti e umidi, giravano pigramente su se stessi distogliendo la sua attenzione dal sole morente che, come un nobile capitano dei tempi andati, abbandonava per ultimo il giorno, inabissandosi nel mare.
Stelle premature sbocciavano nel cielo vermiglio come punte di aghi lucenti, tessendo la trama della notte.
Strofinò i suoi occhi con le mani. Quelle mani che non avrebbero mai più toccato lei... Mai più!
La luna mostrò il suo pallido volto all'orizzonte, un volto dal sardonico sorriso che quasi sembrava deriderlo. La luce scemava velocemente lasciando il posto ad altre stelle, che spuntavano dal nulla come gocce di pioggia sulla terra nera. Un vento leggero soffiò la notte in ogni luogo, come una nebbia densa e vischiosa che si attaccava sulle cose, trasformandole.
La notte arriva, pensò, è giunto nuovamente per me, il tempo di provare a dimenticare.
Chiuse gli occhi e allentò le redini dei ricordi che, come giovani puledri impazziti, cominciarono a galoppare nelle praterie della memoria. Per ogni bel ricordo uno zoccolo, per ogni gioia un colpo sordo che feriva il suo cervello facendo sanguinare il cuore.
Rivide lei che lo accarezzava, schegge di vetro le laceravano il viso.
Ricordò il morbido tocco delle sue labbra, fredde lamiere spaccavano la sua carne.
Pensò a tutto quello che avrebbe voluto dirle ma che non aveva mai avuto il coraggio di fare, a tutte le volte che aveva pensato di dirle che l'amava, ma le parole gli erano morte sulle labbra, troppo piccole e indifese per esprimere quel grande sentimento.
Questo rimpianto di granito gravava sulla sua anima, come un enorme monolito innalzato in onore dell'impietoso dio dei rimorsi. La fredda consapevolezza che non avrebbe mai più potuto parlarle gli pioveva addosso in cristalli di brina, togliendogli il sonno.

Cos'era adesso l'amore? Sangue e olio che si mescolavano sull'asfalto in un macabro amplesso di dolore. L'immagine dell'auto sfracellata marchiò a fuoco la sua retina. Groviglio inestricabile di carne e metallo.
Che senso aveva, adesso, l'amore?
Quasi come a voler rispondere alla sua domanda, il silenzio cominciò a ronzare facendo vibrare la notte in liquidi cerchi concentrici, come le onde prodotte da una pietra gettata in un laghetto. Il profumo di un ricordo, il ricordo di un profumo, gli invase le narici come un fumo tiepido scaldandogli il cuore, prendendo pian piano consistenza e fragranza. Il profumo di lei.
Immagini ingiallite cominciarono a danzargli vivacemente davanti agli occhi, vecchie istantenee di una vita ormai distante anni luce, testimoni silenziose di una felicità soffocante nella sua immensità.
In un attimo le immagini sbiadirono, lasciando il posto a piccoli rettangoli trasparenti, simili a centinaia di piccole finestre e, attraverso di loro vide, nitida e fresca come l'erba appena lavata dalla pioggia, la figura di lei.
La pelle gli si accapponò su tutto il corpo come se la sua anima spaventata stesse cercando un varco per fuggire. La sua mente elaborò migliaia di spiegazioni razionali, ciscuna delle quali si infrangeva contro la presenza tangibile di quel profumo che sembrava tagliarlo fuori dalla realtà, in un tenero abbraccio.
Ad un tratto lei sorrise e quel sorriso fu simile a un rassicurante raggio di sole che sciolse il ghiaccio di terrore e dubbio che gli attanagliava il cuore.
Improvvisamente si rese conto che quella che aveva davanti era proprio lei, il suo amore morto, tornata indietro da chissà dove e per chissà quale motivo.
Quanti dei, negli ultimi mesi, aveva pregato e maledetto affinchè l'impossibile si avverasse, affinchè accadesse quel miracolo che adesso si trovava a vivere.
Era davvero lei. Ebbe una strana e dolce sensazione di continuità temporale, gli sembrava di averla vista per l'ultima volta soltanto il giono prima, invece erano trascorsi tre lunghi mesi da quando...
E allora capì. Prese coscienza di come, durante tutto il tempo trascorso, lei fosse vissuta nei suoi ricordi, in ogni suo gesto, nella sua anima e seppe con certezza che sarebbe stato per sempre così.
Il silenzio fu ridotto in briciole dalla voce di lei, che chiese con infinita dolcezza:
"Allora, hai visto a cosa serve l'amore? Capisci che senso ha, adesso?"
Sorrise tra le lacrime e rispose:
"Grazie a te capisco tutto perfettamente... Ma tu... non sarai mica tornata, soltanto per dirmi questo?"
"Non soltanto" riprese, "in realtà, ho saputo che sei tu quello che vuole dirmi qualcosa...".
Le nuvole nere che per tanto tempo avevano ombrato il suo volto, furono soffiate via da una frizzante ventata di felicità.
"Hai ragione" disse, "volevo solo dirti che Ti amo, anche se avrei dovuto farlo molto tempo fa...".
Lei gli tese le braccia e sorridendo rispose: "L'ho sempre saputo, ma non sapevo quanto fosse bello sentirselo dire".
Si abbracciarono forte, i loro corpi si strinsero per l'ultima volta e il tempo perse significato.
Poi lei sparì, silenziosamente come era apparsa, come lo spegnersi improvviso delle stelle.
Egli si ritrovò solo, confuso, ad abbracciare la notte fredda.
E allora urlò.
Un urlo così straziante, che le stelle avrebbero potuto disintegrarsi e cadere sulla terra come neve argentata, sommergendo ogni cosa. Un grido che squarciò la sua mente, traformando in un solco il sottile filo che delimita ragione e pazzia.
Il respiro si esaurì nei polmoni stanchi abbassando, fino a dissolvere, il volume dell'urlo.
Aprì gli occhi, due graffi sanguinanti che gli tagliavano il viso.
La luce dell'aurora indorava le nuvole ad oriente. La speranza, la sicurezza che il nuovo sole sarebbe rinato di lì a poco, come la leggendaria fenice risorgeva dalle fiamme del suo stesso rogo, lo fece sentire vivo.
Un giorno nuovo, un buon giorno per morire o per ricominciare. Tutto sarebbe dipeso da lui.
Scelse la vita, scelse di vivere anche per lei e con un lieve sorriso sul volto sgualcito si avviò verso casa, verso qualcosa che, sicuramente, lo stava aspettando dietro l'angolo.

Gennaro Guerra

Mi chiamo Gennaro Guerra e sono nato a Napoli il 06/08/1976, dove tuttora vivo. Ho cominciato a scrivere, praticamente da quando ho imparato a farlo e credo che non smetterò tanto presto (è una minaccia). Gradirei che qualcuno mi scrivesse impressioni, giudizi e critiche sui miei racconti pubblicati.