Luna

L'uomo vide una piccola luna piena solcare avanti e indietro il buio in un lento movimento ad arco circolare, una piccola luna piena che gettava a tratti bagliori argentei nei suoi occhi. Sentì il suo respiro e i suoi battiti rallentare all'unisono con lo spegnersi, impercettibile e regolarissimo, di quell'orbita suggestiva, ormai dimentico delle membra abbandonate al riposo.
"Si rilassi"
La voce era calma e suadente, ma al tempo stesso decisa.
"Si rilassi. Ora le rivolgerò alcune domande." Una pausa silenziosa.
"Lei urla d'orrore ogni volta che vede la luna piena. Dico bene?"
"Sì"
"E non sa, o meglio, non ricorda il perché"
"Sì"
"Ricorda quando è cominciato?"
Esitò.
"Quando ha urlato la prima volta? E' stato prima o dopo che sua moglie morisse?"
"Credo... Sì. Fu dopo."
"La luna ha avuto in qualche modo a che fare con la morte di sua moglie?"
"Negli ultimi tempi... mia moglie parlava spesso della luna. E la sognava. Ne era ossessionata.
"E' in grado di raccontarmi i sogni di sua moglie?"
"Sì.... certo. Spesso sognava di allungare la mano dalla finestra, prendere la luna... e usarla come uno specchio. Ma... vedeva il suo volto pallidissimo, smagrito... spettrale. E..."
"Cosa?"
"Guardando in basso, non vedeva più il suo corpo. Sparito."
"E, mi dica..."
"Altre volte sognava di essere vestita di bianco - la vestaglia che indossava sempre era bianca - e di camminare, e dondolarsi, a piedi nudi, sul filo di una specie di... gigantesca mannaia... una lama a forma di... di bocca ghignante"
"Come si spiegava questo sogno? Il primo,intendo"
"Negli ultimi tempi era dimagrita spaventosamente... quando le notti erano senza luna rifiutava di nutrirsi... e di giorno cadeva come in catalessi, impossibile trascinarla fuori di casa, per cui aveva perso ogni colorito."

"E il secondo?"
"Non saprei"
"Come trascorreva le sue giornate, anzi le sue nottate, sua moglie?"
"Nelle prime manifestazioni del suo male, della sua ossessione, aveva un sonno agitato, con frequenti risvegli da sogni inquieti; poi, col passare del tempo, prese a dormire sempre meno, camminava nervosa per la stanza, delirando ad occhi sbarrati..."
"Ora sto per rivolgerle una domanda che ritengo fondamentale; dovrà rispondermi in tutta sincerità...
-una lunga pausa-
Com'è morta sua moglie?"
Nessuna risposta.
"Non ricorda? Si sforzi. Pensi intensamente a lei; guardi in profondità dentro di sé... allora, la vede?
"Sì"
"Me la descriva..."
"E' di fronte a me, con la sua vestaglia bianca... allucinata... pallida e magra a tal punto che i contorni della sua immagine sembrano svanire...
"Dove si trova?"
"Nella nostra stanza,.."
"E' notte?"
"Sì... dalle persiane chiuse entrano dei raggi affilati di chiarore lunare... trafiggono la sua figura slanciata... e lei vi immerge le mani come un'assetata in riva ad un ruscello...."
"Le dice qualcosa?"
"Mi dice... <<Presto me ne andrò, amore... Le appartengo... ma tu potrai vedermi ogni notte>>... Spalanco le persiane e Le urlo che La odio Odio le Sue dita bianche e sottili che scivolano sui rami del salice e lasciano ragnatele di riflessi filiformi... Odio il Suo sorriso appeso a stelle maligne..."
"Poi? Cosa succede? Vada avanti..."
L'uomo non rispose. Era distratto da voci che provenivano da oltre il buio.
"Prosegua..."
Anche lo psicanalista aveva udito. La voce della sua segretaria, e quella di un uomo:
"...non può entrare..." "Si faccia da parte le dico"
"Il dottore è in seduta ipnotica" "Quell'uomo è pericoloso"
L'uomo, infine, riprese il racconto
"Ha un rasoio in mano. Si mette spalle alla finestra. La luna sembra grandissima, è come un'aureola intorno al suo viso. Porta la lama al collo. Sento un tintinnìo sul pavimento. Una pioggia di piccoli puntini luccicanti, come se lei, o la luna, piangessero.
La vestaglia s'agita al vento, sembra un addio. Ma le lacrime sul pavimento sono rosse... svengo"

 

Lo psicanalista non osò interrompere. Intanto qualcuno batteva furiosamente sulla porta dello studio.
"Le imposte sbattono. Mi risveglio"
Balzò in piedi, ed afferrò per il bavero lo psicanalista, con uno sguardo degno del Vecchio Marinaio di Coleridge
"Lei non c'è più. La luna non è piena adesso, non più, e si è spostata. Ora è bassa sull'orizzonte, affossata nella foschia.
Una falce. Una falce affilata di luna rossa... calata pesantemente come una ghigliottina. La testa la testa sento che mi scoppia...!"
TUNF!

 

Al tonfo della porta sfondata seguì un ventaglio di luce che invase lo studio buio. Due sagome. Una maschile, tarchiata. L'altra femminile, ammantata di bianco. L'uomo svenne.
"Certo che ha corso un bel rischio. Ma lo sa chi è quello lì? Non li legge i giornali?"
Il commissario porse allo psicanalista un quotidiano, mentre la segretaria si agitava nel suo camice bianco per far rinvenire il paziente.
"Guardi un po' qui..."
Il titolo dell'articolo indicato dal poliziotto recitava:

 

''Folle uxoricida evade dall'ospedale psichiatrico''

 

Lo psicanalista lesse ad alta voce:
''Evade psicopatico fortemente sospettato dell'omicidio della propria moglie. La polizia lo trovò delirante nella stanza da letto, con accanto la vestaglia insanguinata della vittima ed un rasoio. Del cadavere, non si è mai trovata traccia...''
L'uomo fu trasportato fuori a braccia da due infermieri.
''Potrai rivedermi ogni notte'' rimbombava nel suo cervello.
Rinvenne quando erano nell'atrio del palazzo, in procinto di uscire dal portone principale. E così egli poté vedere le luci delle insegne e delle auto. Era entrato lì dentro nel tardo pomeriggio, ma adesso era scesa l'oscurità.
Una strana sensazione gli irrigidì le membra.
Uscirono all'aperto, infine, ed egli non poté fare a meno di guardare in alto, oltre le guglie dei grattacieli
E così la vide.
Ed il suo urlo squarciò soverchiante e spezzò a metà i rumori della città. Ancora una volta, la testa di sua moglie sorrideva dal cielo.

Fabio Degan