Katabasis

... E coloro che passeranno non torneranno più, poiché nelle Vastità che trascendono il mondo vi sono Entità delle tenebre che afferrano e legano a sé ...
H.P.Lovecraft, Attraverso le porte della Chiave d'Argento

 

Settembre 1943 ...
Il Signore dei Mille Anni è visibilmente stanco, incalzato dall'ingovernabilità degli eventi: soltanto il suo sguardo conserva il furore e la forza che l'hanno sempre contraddistinto. Si appoggia ad un bastone e medita sulle recenti sconfitte. Stalingrado, El Alamein ... L'incompetenza dei suoi luogotenenti lo costringe a scelte drastiche ma necessarie. Dal suo rifugio a Berchtesgaden, sul "Nido dell'aquila", fa trasmettere il proprio assenso alla nuova operazione che "cambierà le sorti della guerra". Non saranno le armi segrete tuttora in preparazione, né le controffensive già stabilite con lo Stato Maggiore a regalargli la Vittoria Finale, ma un gruppo di guerrieri e mistici riuniti nel castello di Wewelsburg, nella Westfalia: lama Tibetani, imam Mussulmani, iniziati di Wotan e della Mano Sinistra. Tutti riuniti intorno ad un'immensa tavola rotonda sillabando le formule di un arcaico linguaggio, precedente alla venuta dell'Uomo. Sono i capi dell'"Artiglio di Thule", il cerchio interno delle SS dedito alla guerra magica. Sono dodici come i cavalieri della Tavola Rotonda, come gli apostoli del Cristo ariano (che non ha nulla a che vedere con quello dei cristiano/giudei). Nel medesimo istante, dodici squadre, di dodici membri ciascuna, si muovono in tutte le terre dell'Europa "pacificata". La loro missione è la più vitale di tutte: spalancare "la soglia" ...

 

In Italia ...

 

La fila di camionette militari si arrestò nella piazza deserta molto dopo mezzanotte sotto una pioggerella fitta, insistente. Karl von Meister discese da una di esse e si guardò intorno, aggiustandosi nervosamente sulla schiena il voluminoso zaino con la maschera antigas che gli avevano imposto come equipaggiamento. Non un'anima viva, nessun movimento o respiro. Come se Dio e tutti i suoi avessero fatto le valigie in fretta e furia cedendo il posto ad un'oscurità vorace e pulsante ...
In quel silenzio spettrale riecheggiavano gli ordini secchi e brutali del maggiore Kohler. I soldati, elmetti ed uniformi coperti con cappucci e mantelli impermeabili, scesero rapidamente dai veicoli e si disposero sull'attenti sotto lo sguardo arido di quel militare robusto di media altezza, piantato a gambe larghe a pochi passi da loro. Erano tutti dotati del medesimo equipaggiamento: maschere antigas, pugnali decorati di intricatissimi segni, speciali bombe a mano, mitra e persino un lanciafiamme. Poco distante, il tenente von Meister sembrava assai più attento all'architettura degli antichi palazzi circostanti che non all'enigmatica spedizione in corso.
Kohler lo notò immediatamente, un sorriso perfido si dipinse sulle sue labbra. Non attendeva altro ...

<<Tenente!>>, latrò con voce rauca e metallica. Accompagnò quel richiamo ad uno sguardo di totale insofferenza. Non sopportava i damerini di scuola prussiana come quello, un finto-aristocratico che si masturbava sulle pagine di Goethe dissertando sull'arte e la cultura degli italiani. Era colpa loro se il Reich dei Mille Anni, frutto delle lungimiranti visioni del Fuhrer, andava sfalsandosi come una ciclopica spada di ghiaccio scagliata nel cuore di una nova. Ma gli ordini erano stati chiari: ciascuno dei gruppi doveva dotarsi di un non-iniziato ...
von Meister si volse verso il capitano scattando pigramente sull'attenti.
<<Tenente ... Ha forse ricevuto ordini diversi dai miei al Comando?!>>
<<Nossignore>> rispose tranquillamente Meister. <<Ero semplicemente altrove ...>>
<<Riservi le sue distrazioni da turista per quando si accompagnerà ad una delle sue prostitute. Si dia da fare piuttosto. Avanti!>>
Il giovane ufficiale, corpo scattante e sguardo insolente che piaceva alle donne, sovrastava ampiamente Kohler di quasi trenta centimetri: un maestoso dio Thor alle prese con un troll perfido e rancoroso. Per un breve istante l'aria sembrò crepitare come sull'orlo di una devastante deflagrazione. Subito dopo, "Thor" battè prontamente i tacchi, ruotò di centottanta gradi e si unì ai soldati allineati e pronti all'azione. Ma non gli riuscì di trattenere un ghigno. Stava immaginando quanto gli sarebbe piaciuto usare il rasoio con la stessa abilità del barbiere di via Roma da cui era solito servirsi. A giudicare dalle sue battute, Kohler aveva alcune appendici organiche di cui non sapeva proprio che farne.
Al Quartier Generale, Meister aveva richiesto maggiori dettagli sui preparativi di quella strana missione, ottenendo soltanto un secco invito ad attenersi alle poche istruzioni impartitegli: era in corso una manovra coordinata in tutta Europa per la sicurezza ed il futuro del Terzo Reich. Né sapeva spiegarsi perché un ufficiale della Wermacht venisse aggregato ad un'operazione comandata da Gunther Kohler, ufficiale SS giunto con dieci uomini appositamente da Berlino. Si avvertiva una strana tensione nell'aria. Pochi giorni prima c'era stata l'amara sorpresa dell'Armistizio Badoglio: non si sapeva più su chi puntare le proprie armi, gli sguardi della gente si erano fatti ostili, carichi di un rancore che presto sarebbe inevitabilmente esploso. Ed infine questo. Una spedizione segreta e inspiegabile da compiere in un territorio ormai ostile ...

 

Si incamminarono lungo un classico "vicoletto" dal pavimento accidentato, mitra spianati e torce puntate al suolo per illuminare il cammino. Il loro incedere aveva ben poco a che vedere col passo fermo e sicuro di due anni fa, quando pareva che nulla potesse fermare la gloriosa avanzata di una nazione alla ricerca frenetica di "spazio vitale". In tutti quei militari si avvertiva la medesima circospezione di una belva ferita e braccata. E questo, se possibile, non faceva che renderli più pericolosi e spietati della norma.
Beatamente consapevole di ciò, il capitano Kohler marciava impettito alla testa del drappello. Alle sue spalle, Meister s'interrogava in silenzio sui motivi di quell'euforica diligenza. Il giovane ufficiale ricambiava con gli interessi l'evidente disprezzo di Kohler. Lo aveva conosciuto appena qualche giorno prima, quando i suoi superiori glielo avevano presentato in qualità di oberste per quella misteriosa operazione. In apparenza, il classico rappresentante dei reparti "Testa di morto", tutti accomunati dal medesimo disprezzo per ogni convenzione civile o militare e prede del mistico furore di chi si riteneva depositario del Sacro Ordine dei Cavalieri Teutonici. Lo aveva visto puntare la pistola su di un ragazzo di appena dieci anni - reo di avergli mostrato "dove il nonno poggiava l'ombrello" - mentre passeggiavano sul lungomare di Mergellina discutendo dei dettagli della spedizione. Meister aveva finto di inciampare su Kohler deviando il colpo diretto allo scugnizzo e consentendogli una rapida fuga, mentre l'ufficiale lo fulminava con uno sguardo carico d'odio. Meister gli aveva sorriso stringendosi le spalle. Pardon.
Il drappello si addentrò nel dedalo di viuzze del Centro Storico. Il crepitio della pioggia sui mattoni sconnessi del pavimento stradale si perdeva nell'aritmico pestare degli stivali sull'asfalto viscido. Non c'erano altri rumori in quei luoghi dimenticati ... Un gatto nero, dagli occhi di un grigio funebre e lattiginoso, caracollò insolente davanti ai soldati fissandoli con sguardo quasi malevolo. Meister ricordò che, al loro posto, un "indigeno" si sarebbero subito toccato i genitali per esorcizzare il malocchio. Si chiese se non fare altrettanto. Ma l'animale era già scomparso inghiottito dall'oscurità circostante, rapido come un cattivo pensiero.
Il drappello arrivò in uno slargo. Di fronte a loro si ergeva una chiesa, dalla facciata imponente ma consunta dalle offese del tempo. Segno di un abbandono curioso e tutt'altro che tranquillizzante. Vi correva tutt'intorno una recinzione metallica semi arrugginita, qua e là sgangherata. Oltre il cancelletto appena accostato, con il catenaccio penzolante, tre larghi gradini di pietra liscia e consunta, prima del portale.
Kohler si fermò dinanzi al cancelletto. Si voltò verso i suoi accertandosi che tutti fossero all'interno dello slargo. Osservò qualche istante di silenzio per conferire maggiore solennità alle parole che stava per pronunciare. Poi allungò le braccia tracciando con le mani strani segni nell'aria.
Zariatnatmix, Janna, Etutnamus,
Hayras, Fabelleron, Fubentronty
Brazo, Tabrasol, Nisa,
Var- Shub-Niggurath! Gabots Membrot!
Meister avvertiva il proprio disagio crescere in modo esponenziale: quei suoni e quelle pose avevano un che di teatrale e comico, ma anche la solennità di un antico esorcismo, frutto di un'epoca in cui l'elettricità ed il fuoco erano doni di invisibili presenze che accordavano il favore ai mortali in cambio di immense pire ed altari sacrificali composti da teschi e da ossa umane. La conferma dell'oscura importanza di quella missione.
<<E' esattamente dove ci avevano detto - Kohler stava arringando i suoi uomini. - Siate pronti ad ogni evenienza. Sulle vostre pallottole e sulle vostre armi sono incise le rune della Sigrune, scudo contro le forze demoniache, e della Thurs, la maledizione dei nemici. Ma qualunque cosa dovesse accadere lì sotto, non sparate senza mio ordine!>>
Meister registrò quelle ultime parole con evidente disappunto mentre varcavano la porta della chiesa, anch'essa inspiegabilmente aperta.

 

L'interno era immerso in un buio così soffocante che persino la luce delle torce non riusciva a disperdere, un buio fatto di polvere e umidità ma anche di preghiere rancide a un dio cieco e sordo. Attraverso le vetrate rotte, poste sopra l'altare, sprazzi di pioggia si riversavano all'interno formando delle pozzanghere sudicie. I soldati si diressero verso l'altare facendosi largo tra assi di legno divelte da panche rovesciate, pezzi di intonaco scrostato, monetine arruginite, foto ex voto, fogli di giornale e coperte maleodoranti, probabile rifugio per topi e parassiti d'ogni genere ... Per il resto, pareva non esservi nulla che respirasse. Meister si sorprese a sperare di poter imbattersi in qualcosa di vivo in quell'anticamera dell'Inferno. Persino sotto forma di un topo o di uno scarafaggio da calpestare inavvertitamente.
Kohler, intanto, aveva raggiunto l'altare. Ne salì i gradini. Sui due lati si affacciavano le porte che davano alle stanze interne, alloggio del sacerdote e della sua eventuale perpetua o sagrestano. Al di sopra dell'altare campeggiava una gigantesca croce in legno ed argento con un cristo intagliato a dimensione naturale.
Kohler si voltò verso i suoi, che si erano raggruppati nei pressi dell'altare. Sembrava perfettamente a suo agio: un condottiero alla testa di una demoniaca "crociata".
Fece per parlare ma non ne ebbe il tempo. Qualcosa di vivo era lì, a due passi da lui. Un prete gigantesco: vasta fronte stempiata, capelli lunghi e sudici gettati sulle spalle, foltissima barba incolta ed una tonaca consumata e strappata in più punti. Più simile ad un eremita da cronache medievali che ad un moderno servo di Dio. E gli occhi, nere profondità innaturali. Davano l'impressione di un'intelligenza aliena che si servisse di quelle sembianze umane come un patetico travestimento.
La "creatura" si pose sotto il grottesco crocifisso.
<<Ssssiaaate i benvenuti nell'umile dimora del Ssssignore - biascicò come se la sua gola avesse perso l'abitudine a parlare il linguaggio degli uomini. - Bussssaaate...e vi ssssarà aperto>>. Sibilò minaccioso e sardonico.
Il prete non aveva mosso la testa di un centimetro, tantomeno lo sguardo perso nel vuoto. Ma Kohler sapeva che si stava rivolgendo a lui.
<<Così...Tu saresti il Custode... Lasciaci passare. Desideriamo fare un'offerta al tuo Padrone!" Il tono di Kohler rivelava la sua abituale arroganza. Non pareva affatto spaventato.
Il prete emise un suono stridulo, che si propagò sinistramente sotto le volte della chiesa.
<<Oooofffertaaaaaaa?>>
<<E' così. - confermò Kohler spazientito - Il mio Fuhrer desidera offrirgli il nostro mondo su di un piatto d'argento!>>
Il suono stridulo divenne la malsana parodia di una risata.
<<Vermi insignificanti! Non ssssappiamo ccche farcene dei vosssstri doni! - Il grottesco prete alzò le braccia in un gesto ieratico e farneticante - Questa è mondo è GIA' NOSSSTRO!!>>
Cominciò all'improvviso. Il pavimento tremava come preda di una spaventosa scossa sismica. Meister ed gli altri, schierati in semicerchio, puntarono le armi pronte ad inondare di fuoco un nemico invisibile.
<<Paaazzi! Dooove guardate?!! Noi sssiamo OOOOVUNQUE!>>
Il cristo intagliato aprì gli occhi. Uno sguardo vacuo, simile a quello del gatto nero, ed altrettanto selvaggio. Le sue ferite alle mani, ai piedi e al costato si riaprirono, simile a bocche rosse grondanti ogni sorta di umori. Poi spuntarono i denti e gli artigli. In un balzo, la "cosa-cristo" fu sopra di loro a distribuire morte.
All'unisono il prete afferrò il pesante crocifisso come una clava roteandolo verso Kohler. Questi si lanciò a terra riuscendo appena a schivarlo. Alle sue spalle, uno dei suoi uomini, non altrettanto rapido, crollò col cranio spappolato dal possente colpo.
Il sacerdote rivolse la sua attenzione di nuovo all'ufficiale SS, mulinando la sua arma con l'abilità di un guerriero d'altri tempi. Forse un istante di troppo. Kohler ebbe il tempo di girarsi sul ventre e la freddezza di estrarre la sua luger dalla fondina. Prese la mira e sparò un solo colpo. Dritto fra gli occhi. Dalla ferita uno strano liquido verdastro si riversò sul volto e sulla veste dell'essere, che si afflosciò al suolo come una mongolfiera perforata da un dardo.
La "cosa-cristo" sganciò una testa dal corpo di un soldato col medesimo entusiasmo di chi stappa una bottiglia di vino pregiato. Con l'altra mano si divertì a sbudellarne un altro. I restanti sparavano alla cieca, ostacolandosi a vicenda, mentre panche, candelieri, frammenti di statue volavano nell'aria come dotati di vita senziente. Altri due uomini finirono inchiodati da schegge di legno e di vetro affilate come coltelli.
Mentre il tremolio del terreno lo faceva inciampare su di un cadavere mutilato, Meister cercò di non pensare all'immagine del sergente Muller, il corpulento assistente di Kohler, che con la sinistra tentava di ricacciarsi le viscere nel ventre e con la destra scaricava la sua arma sul corpo deforme del mostro. Sulla pelle inumana della "cosa-cristo" si formarono vistose ferite traboccanti di siero nerastro, ma l'unico effetto che ottennero fu di scatenare una ferocia ancora maggiore: dalla sua schiena emerse una coda simile a quella di uno scorpione ricoperta di scaglie bluastre, che trapassò la gola del sergente col suo pungiglione e scagliò via Meister mandandolo a sbattere verso altri due dei suoi. Un soldato semplice, Kier, si lanciò coraggiosamente sul mostro brandendo il fucile ormai scarico. La "cosa-cristo" lo abbracciò con passione fino a fracassargli tutte le costole mentre le sue bocche risucchiavano fiotti di vita generosa e scarlatta: per interminabili istanti risuonarono gorgoglii e risucchi nell'oscurità da incubo.
A parte Meister e Kohler, soltanto tre soldati erano ancora vivi. La "cosa" si ergeva sui resti maciullati degli altri come un dio maceratore delle pecore del suo greggie. Meister era incapace di accettare la follia di quanto si svolgeva sotto i suoi occhi. Le bocche dentate erano gonfie di sangue assorbito, ma non parevano esserne mai sazie.
Il dio/diavolo era pronto per l'assalto finale, ma non notò Kohler scivolato silenziosamente alle sue spalle. Una daga corta gli era comparsa nella mano. Il primo ed unico affondo trapassò la schiena della creatura all'altezza del cuore. La "cosa-cristo" emise un urlo con tutte le sue bocche poi si abbattè al suolo sgretolandosi come sabbia.
Meister, rialzatosi a fatica, fissò Kohler con totale sorpresa.
<<L'ha distrutto!>>
<<Certamente - sogghignò Kohler mostrandogli l'arma trionfante - Il prete era un semplice fantaccino. Era lui il vero Guardiano della Soglia: una lama di bronzo, forgiata con l'invincibile segno di Voor, era l'unica cosa in questo mondo che potesse annientarlo!!>>
<<Maledetto sadico! - Meister si scagliò contro Kohler afferrandolo per l'uniforme - Avrebbe potuto fermarlo subito, ma si è divertito ad assistere a questo mattatoio come se si trovasse al Moulin Rouge!!>>
<<Io le ho salvato la vita - ringhiò Kohler puntandogli la lama alla gola - Non lo dimentichi. Ora abbiamo qualcosa da fare. Si tranquillizzi ed obbedisca agli ordini che le impartirò!>>
Gli uomini rimasti erano i soldati Weller, Heinrich ed Hoffmann. All'unisono puntarono le loro armi contro Meister.
<<Si muova, herr Meister>>
<<Siete tutti pazzi!? ... Rune magiche ... Terremoti in chiese sconsacrate ... Preti-demone ... Statue che urlano e bevono sangue. Tutto questo non è opera dell'uomo!!>>
<<Ha pienamente ragione, tenente. Ed è per questo che l'abbiamo condotta con noi: la sua "umanità" ci sarà estremamente utile! Se ne uscirà vivo, potrà denunciarci alla Corte Marziale!!>>
Heinrich e Muller furono i primi ad urlare, Weller era troppo impegnato a tenere sotto tiro Meister (a scanso di qualche sorpresa). Si accorse un istante più tardi delle fiammelle che andavano sviluppandosi agli angoli della sua uniforme. Weller strillò, ma una sola volta, mentre un immenso fuoco azzurro lo avvolgeva consumandolo rapidamente come una pila di cartacce imbevute d'alcol. Anche degli altri due non rimasero che scarsi mucchietti di cenere.
Kohler afferrò un mitra caduto a terra e lo puntò verso il sempre più attonito Meister.
<<Come vede, indietro non si può più tornare. Gli oscuri hanno "sigillato" la chiesa. Possiamo solo andare avanti!>>
Il mitra sparò una sola, breve raffica.

 

Kohler cominciò a raccogliere i mucchietti di polvere in cui si era ridotta la cosa-cristo ed i suoi ultimi uomini. Pazientemente si diresse verso una fonte battesimale, versandovi la polvere e gocce del sangue dal cadavere del tenente von Meister. Impastò il tutto per una decina di minuti fino a ricavarne un composto omogeneo. Raccolse il liquido in un calice e vi intinse tre dita con le quali tracciò sul pavimento un complesso pentacolo con tre cerchi di protezione ed una serie di complicati simboli geometrici. Non pronunciò parola od alcuna formula. Si limitò ad indossare la maschera antigas e a trascinare il corpo di Meister e sé stesso al centro del pentacolo. In attesa.
Come per effetto di una dissolvenza cinematografica, la scena mutò completamente: la chiesa, i cadaveri, le macerie sparirono come se non fossero mai esistiti.
La caverna era davvero immensa, ma dava anche l'impressione di una gigantesca cripta dalle volte di tufo, basse ed umide: una sorta di pozzo puntato dritto alle viscere della terra.
Quindi è così che è fatto l'Averno ...
Di fronte a loro la tormentata irregolarità del tufo lasciava il posto all'innaturale perfezione di un materiale che Kohler, membro dell'elite dell'"Artiglio di Thule", seppe riconoscere solo in parte. Era una lastra liscia, squadrata, irradiante una misteriosa luce bianca. Al centro vi era incastonata una maschera d'ebano dai lineamenti deformi e grotteschi. La parodia di un uomo e di un rapace ignobilmente assemblati. Una luce innaturale e bruciante scorreva copiosa dagli occhi felini, dalle narici dilatate del naso a becco.
<<Mein Gott! - . Esclamò il maggiore Kohler sorridendo. - Finalmente l'arcano è stato dissolto! Le innumerevoli voci raccolte, le decine di studiosi e maghi torturati, i frammenti delle antiche pergamene ... Non è stato invano!!>>
L'aria che si respirava era sempre più pesante, inconcepibile. Miasmi che potevano soltanto provenire dal nucleo incandescente della terra o dalle profondità del più immenso dei vulcani. Senza la maschera Kohler sarebbe già crollato stecchito, accanto al corpo di Meister. Ma si avvertiva anche qualcos'altro, qualcosa di tangibile e raggelante: dell'assenza di pensieri, parole, emozioni tipiche della presenza umana. Un sentore di non-morte e non-vita.
Kohler non seppe più trattenersi. incrociò le braccia stringendo la daga nella destra e si rivolse direttamente alla maschera:
<<Giullare di Ade & Persefone, Condottiero degli dei sotterranei. Demone/scimmia/rapace/pulcino che tanti poeti, re ed imperatori hanno chiamato "amico" e "padrone". Da secoli attendi di reincarnarti in un "simulacro". E noi, il nostro Fuhrer, il nostro Comando, ha prescelto un gruppo di eroi per scendere nei recessi del tuo regno infinito e straordinario. Infinite sono le porte disseminate nel mondo di superficie come infiniti sono i nomi con cui gli uomini ti adorano. Ma soltanto io, fra i miei tanti fratelli, sono riuscito a varcare il Passaggio fra i mondi. Nelle mie sembianze ti incarnerai e resusciterai gli Elementali e i popoli del Sottosuolo che l'Ordine Nero ha sempre onorato coi nomi di troll e coboldi. Ed il tuo primo olocausto sarà questo inutile corpo che ti reco. La sua sola funzione sarà fornirti il sangue morto di cui sarai goloso dopo secoli di astinenza ... Iah ... Shub-Niggurath>>
Fu in quel momento che il cadavere di Meister riprese vita come un burattino sollevato da fili invisibili. Con un calcio raggiunse Kohler al basso ventre, e alla velocità di un ago attirato da un magnete, venne sospinto sulla lastra liscia e luminosa. Allungò istintivamente un braccio e sfiorò, con dita tremanti, la maschera.
<<NOOOOOOOOOOOOOO!>>. Urlò Kohler troppo tardi.

 

Karl von Meister si accasciò come in preda ad una scossa paragonabile a quella di un condannato alla sedia elettrica. Gli risalirono, attraverso i gangli, le vene, le cellule del suo cervello risorto, i ricordi ancestrali di un feroce duello tribale, al galoppo dello spietato sfrecciare di secoli e millenni. Un abisso di atrocità ed odio fermentato su cumuli di corpi senza vita, occhi enucleati, braccia e gambe amputate, cuori strappati. Si trovava in un regno antichissimo e sotterraneo, i cui templi e palazzi si sovrapponevano l'uno sull'altro in un rincorrersi di stili e grandezze le più disparate possibile: templi della Magna Grecia e castelli normanni, roccaforti d'Aragona e moschee saracene. Al di sopra di un simile caos architettonico/urbano brillava un sole rosso sangue: una sfera pulsante e maligna come l'occhio di un antico ciclope.
E nel Palazzo più grande e imponente, dalle colonne d'oro e corallo, viveva lui. Lui, dagli artigli d'onice e dalle ali di nebbia. Lui, che consigliava Virgilio e irrideva Ottaviano. Lui, che i pescatori invocavano per scacciare gli odiati "Sarracini" dalle loro coste. Lui, gobbo e deforme, sazio ed ingordo, che affondava l'affilato naso a becco nelle gole e nei ventri dei nemici di Re Ferdinando. Lui, che viaggiava nelle corti d'Europa dispensando risate e terrore nei suoi molteplici nomi: Phersus, Pierrot, Punch ... Lui che attendeva la maniera di ritornare al "mondo di su" per divertirsi, ballare, volare, sventrare ...
Mediante qualcuno da abitare ed invadere.
Un rifugio, un involucro.
Un "ospite" ...
Poi cominciò.
All'inizio fu un sibilo, come un rivoltante brulicare. Un vento caldo e un tremore improvviso, come di un drago risorto dalla sua bara di lava e di rocce.
Infine, apparvero. Espulsi dalla terra come grassi e famelici vermi, provenienti da sfere di fuoco violaceo, catapultati dalle pareti o materializzati dall'aria stessa.
Emergevano ovunque, come in un pazzo incubo surrealista. Scheletri con le uniformi del Regno di Napoli e uncini appuntiti al posto delle mani, cani mastini dai lunghi tentacoli decorati di spine, parodie di gnomi vestiti da monaci con gigantesche zampe di ragno. Abitatori di una dimensione dove Orrore e Follia s'impastavano in un magma annientatore.
Infine comparve la loro guida: un essere dal volto efebico, il corpo incastonato in una gigantesca quercia e con artigli di aquila.
<<Non lo libererete, stolti. Io l'ho esiliato nell'Omnia Pandemonium. Tocca a me governare questo mondo. Lui l'ha avuto per fin troppo tempo. Ora tocca a me spargere Dominio e Terrore, governare la città "esterna" ed il mondo che la circonda. A me ... PRIAPUS, Divoratore di Uomini e Dei!!!>>
Come in preda ad un ebbrezza nociva, Meister sorrise stupidamente a quelle "cose" che si affollavano nell'immensa caverna aggredendosi e divorandosi l'un l'altro. Vide anche Kohler, rinchiuso nel suo pentacolo e con lo sguardo allucinato e sbavante di un tossicomane.
<<Indietro! Raus!! INDIETRO!!!>>
Alcuni pseudopodi presero fuoco, a contatto col cerchio protettivo. Ma altri mille ne presero il posto, forzando le barriere magiche col peso della loro imponente massa e la rabbia della loro inconcepibile "fame". A Meister fu sufficiente vedere una specie di rostro agganciare la testa di Kohler per scuotersi dal proprio "delirio mistico". Si tuffò a terra e strisciò sotto alcuni di "loro". Sfiorò un qualcosa di viscido, di gelatinoso, che si ritraeva ... Rabbrividì. Serrò i denti e proseguì. Si rialzò e corse a più non posso, evitando le "cose" delle pareti, con i polmoni che gli bruciavano, le vene sulle tempie pronte ad esplodergli. Davanti a sé invocò la possibilità di un'uscita. Dietro, un raccapricciante strisciare, un gorgogliare, uno sbatter d'ali e le urla disperate, ormai soffocate, di Kohler. Ma erano uguali a quelle del sergente Muller.
E del soldato Heinrich.
E del soldato Hoffmann.
E di ...
E di ...

 

DEVI LASCIARMI TORNARE.
La frase, un ordine ed assieme una supplica, rimbombava con la forza assordante di gigantesche campane in una cattedrale dalle volte ciclopiche, costruita su un deserto intossicato dal sangue e dalle urla di milioni di "olocausti".
Con orrore Meister si accorse che quella voce, quelle campane, risuonavano soltanto per lui, nella sua testa.
Nell'indescrivibile bolgia qualcosa lo stava raggiungendo e a gran velocità. Qualcosa che continuava a strisciare come un immenso verme dal corpo umido e inanellato. Lo stomaco del giovane tenente si contrasse in un conato. Cercò con lo sguardo un rifugio o un corridoio quando il qualcosa gli afferrò un piede. Tentò di scalciare e divincolarsi. Ma la presa era troppo forte.
Ancora scioccato per la propria morte/resurrezione, Meister si voltò per confrontarsi col suo assalitore: l'essere chiamato Priapus.
<<Così credevi di fuggire occupando il corpo di questa patetica forma di fango?! Mi deludi ... Fratello. Lo torturerò lentamente per punire la tua inutile bravata ...!!">>
Un enorme arto simile ad un ramo nodoso e a una zampa d'uccello, coprì il volto di Meister asfissiandolo con un odore di liquami e vegetazione imputriditi. Meister fu sollevato in aria per almeno un paio di metri. Non aveva scampo. A meno che ...
DEVI LASCIARMI TORNARE
Rise. Cominciò a bearsi di quell'incubo che lo stava annientando. Come se il mondo che conosceva non avesse più alcun senso. Come se lui non fosse un ex assistente universitario di Coblenza andato in Guerra soltanto per non disonorare la sua distinta famiglia. No, in quel momento, il suo corpo era diverso. lo percepiva anche attraverso quella morsa d'acciaio. Indossava una veste fatta di nebbia e le sue braccia potevano allungarsi all'infinito ed anche le dita delle mani.
Che erano diventate tre per mano. Affilate e dure come onice.
Vide se stesso liberarsi dalla morsa con facilità, ed i suoi artigli dirigersi verso la creatura colpendolo al volto e gracchiando una sola parola.
GIUDA!
Poi tutto tornò come prima, Meister aveva di nuovo il suo vecchio corpo ed era ricaduto a terra. Priapus si lamentava coprendosi il volto.
<<SCHIFOSOOOO! Mi hai sfregiatooooo!! Masticherò i tuoi testicoli per questo!!! Mi senti?! Mi senti?!! MI SENTIIIIIIII?!!!>>>
Meister lasciò che la nebbia lo riavvolgesse nel suo manto funereo e protettivo. A velocità astrali si allontanò dall'Averno, attraversò i corridoi, le navate, il vestibolo, sorvolando i resti di quel carnaio che un tempo immemore (due ore? due secoli?) erano stati i suoi camerati ed si ritrovò ad incespicare sui gradini, urtando contro il cancelletto semiarrugginito di fronte alla chiesa. Era fuori. All'aria aperta. Sotto la pioggia. Vivo.
DEVI LASCIARMI TORNARE.
Si arrestò, giusto il tempo per rifiatare. Attese qualche minuto, per avere la triste conferma di quanto aveva già percepito.
DEVI LASCIARMI TORNARE.
Le mani premute con forza sulle orecchie, per cancellare quella voce stridula, simile al gracchiare di un corvo ed al vagito di un bimbo. Riprese a correre verso la piazza, piangendo e ridendo come un demente avvinto nella sua camicia di forza. Arrivò nella zona delle camionette e si appoggiò ad uno dei veicoli, le ginocchia vacillanti. Si chinò a vomitare. Fissò inebetito il giallo del vomito scolorarsi sotto l'acqua piovana. Reclinò la testa all'indietro lasciando che la pioggia lo riscuotesse, le braccia abbandonate lungo i fianchi.
E' dentro di me ...
Salì sulla camionetta,
Ma solo una piccola parte ...
Mise in moto e sgommò.
Il resto è ancora lì sotto, in attesa.
Karl Meister giurò a sé stesso che mai più avrebbe rimesso piede a Napoli.
A' città e' Pulecenella.

Giuseppe Cozzolino e Vincenzo Sarno

Siamo Giuseppe Cozzolino e Vincenzo Sarno, collaborano con l'universita di Napoli (cattedre di Storia del Cinema e di Storia delle comunicazioni di massa) e si dilettano di fumetti, narrativa e letteratura fantahorror.