La dimora dannata

Quella notte del 13 novembre del 1927, Nicola lasciò la casa di Maria Domenica per tornare a casa sua.
Il tempo minacciava neve e l'uomo rabbrividendo si strinse nella cappa di lana nera, si aggiustò il basco e iniziò a percorrere i tre chilometri che lo separavano da casa sua.
Mentre percorreva le erte stradine che si snodavano nel bosco di querce che egli doveva percorrere necessariamente per tornare a casa più velocemente, i suoi pensieri tornarono alla "Grande Guerra" terminata pochi anni prima e alla morte del suo giovane padre. Immaginava che la notte in cui suo padre fu ammazzato doveva essere come quella.
Immaginò Camillo, che con la divisa macchiata di sangue si rifugiava nella trincea, le sue gambe tranciate da un proiettile, la faccia sfigurata da un dolore immenso, mentre i bagliori dei fucili e delle mine rischiaravano la notte alpina e la neve scendeva a coprire con il suo candido e pietoso manto la morte di un altro innocente.
Perso nei suoi cupi e tristi pensieri, non si avvide che stava passando vicino ad una casa disabitata con il tetto sfondato.
All'altezza della casa cominciò a sentire degli strani rumori come se la stessero demolendo; vide che da una delle finestre filtrava una luce fioca come di un cammino acceso.
Il povero viandante, incuriosito e spaventato allo stesso tempo, si avvicinò alla cupa magione, mentre i suoi piedi affondavano nel fango e nella neve, e vide o gli parve di vedere, due uomini che lottavano, sentiva delle grida e vedeva che uno dei due accoltellava l'altro.

Nicola sconvolto scappò via mentre una gelida folata di vento gli fece cadere il basco. Gli parve che una mano gelida lo afferrasse per la gola, ma, nonostante tutto l'uomo continuò a correre finché non si chiuse la porta di casa dietro le spalle.
Si spogliò e si mise a letto e, ancora sconvolto per ciò che aveva visto, si mise a pregare fino alle prime luci dell'alba; quindi, si alzò fece una frugale colazione e preso il fucile del fratello si incamminò verso i ruderi della casa misteriosa. La neve alta gli impediva di muoversi agilmente, ma, questo non fu un problema, perché appena arrivato nelle vicinanze della magione si rese conto che…
Egli aveva rivissuto la scena dell'uccisione di Francesco, successa alcuni anni prima in quella casa proprio in una notte come quella trascorsa. Francesco, infatti, era stato accoltellato durante una lite con un suo conoscente ed il suo cadavere non era stato seppellito in terra consacrata ma tumulato sotto delle pietre in un luogo conosciuto solo dal suo assassino, che non pagò mai il crimine commesso.
L'uomo testimone di questa strana vicenda, era mio nonno, i ruderi di questa magione maledetta fanno ancora mostra di sè, come monito della tragedia lì consumatisi e che oggi ne è testimone mesta e silenziosa.

Nicoletta Travaglini