Necrolexicon: il nome

Scarica il Necrolexicon in formato pdfLe prime parole che ciascun individuo apprende fin da bambino, quando comincia a parlare, sono dei nomi, con i quali egli identifica quello che vede e impara a distinguere gli oggetti e le persone.
Ogni parola che ha un significato preciso e serve a indicare (nominare) gli esseri animati, le cose inanimate, le idee, i fatti, i sentimenti, le azioni è un nome.
Il nome è detto anche sostantivo, ed è una parte variabile del discorso.

Il nome può essere riferito sia a una persona, animale o oggetto che esiste materialmente e che quindi può essere percepito con i cinque sensi ed in questo caso è definito concreto, sia a qualcosa che non esiste materialmente ma che esprime un’idea, un pensiero un sentimento, in questo caso è definito astratto.
Esempio:
Avevo tanto sonno che quando suonò la sveglia non ebbi la forza di alzarmi e rimasi a letto.
Sveglia, letto sono nomi concreti.
Sonno, forza sono nomi astratti.

 

Quando indicano genericamente persone, animali cose non individuate con precisione, i nomi sono detti comuni e si scrivono con l’iniziale minuscola es: Un bambino ha trovato un cane (bambino e cane sono nomi comuni).
Quando indicano specificatamente una persona, un animale, una cosa in modo da distinguerli da tutte le altre persone, animali o cose, allora sono detti propri e si scrivono con l’iniziale maiuscola es: La gatta di Michela si chiama Trudy (Michela e Trudy sono nomi propri rispettivamente di persona e di animale).

 

In base al loro significato i nomi si possono distinguere anche in individuali e collettivi.
I nomi che indicano una sola persona, un solo animale, una sola cosa sono detti individuali; i nomi che pur essendo di numero singolare, indicano gruppi di persone o un insieme di animali o cose della stessa specie sono detti collettivi.
Esempi:
pecora, nave, albero sono nomi.
gregge, flotta, foresta sono nomi collettivi.

 

Il nome è una parola composta da due elementi: la radice, che rimane costante, e la desinenza, cioè la parte terminale che varia. Alla desinenza è affidato il compito di specificare il genere del nome, che può essere maschile o femminile, e il numero che può essere singolare o plurale.
Non è possibile classificare con precisione i nomi maschili e quelli femminili in base alla loro desinenza in quanto sappiamo che pur essendo la maggior parte dei nomi terminanti in o di genere maschile (nonno, zio, tavolo, libro ecc.) ci sono delle eccezioni: la radio, la mano, la biro sono infatti femminili, così come sappiamo che sebbene la maggior parte dei nomi terminanti in a sono femminili, altri come il papa, il tema, il pigiama, sono innegabilmente maschili.
In caso di dubbio dunque, è buona norma consultare il dizionario dove si trovano tutte le indicazioni necessarie.
Nella nostra lingua i nomi nei quali il maschile differisce dal femminile solo per la desinenza sono detti mobili.
Per ottenere la formazione del femminile dei nomi si parte sempre dal maschile che è considerato la forma base. La formazione avviene solitamente nei seguenti modi:
I nomi che terminano in o e in e formano il femminile mutando la desinenza in a es. il gatto - la gatta; l’infermiere - l’infermiera;
I nomi che terminano in a e in e, che indicano titoli nobiliari, professioni e anche alcuni animali formano il femminile cambiando la desinenza in essa es. leone - leonessa; poeta - poetessa; conte - contessa.
I nomo che terminano in tore formano il femminile
1) cambiando la desinenza in trice es. scrittore - scrittrice
2) cambiando la desinenza in a o in essa es. tintore - tintora; dottore - dottoressa.
Alcuni nomi maschili formano il femminile cambiando la desinenza in ina es. gallo - gallina; eroe - eroina; zar - zarina.
Alcuni nomi per formare il femminile invece cambiano la radice es:
abate - badessa; doge - dogaressa; Dio - Dea; re - regina; cane - cagna.

 

Tutti i nomi hanno un numero, quando indicano una sola persona animale, cosa o idea sono di numero singolare; quando indicano due o più persone, animali, cose o idee sono di numero plurale.
L’elemento che distingue il singolare dal plurale è la desinenza; il passaggio dal singolare al plurale si chiama declinazione.
Non tutti i nomi passano dal singolare al plurale nello stesso modo:
Ci sono nomi che hanno una desinenza per il singolare e una per il plurale e sono detti variabili es. stella - stelle.
Ci sono nomi che hanno un’unica desinenza sia per il singolare che per il plurale sono detti invariabili es. il cinema - i cinema.
Alcuni nomi hanno solo il singolare o solo il plurale, mancano quindi delle due forme, essi sono definiti difettivi es. il latte (singolare) le nozze (plurale).
Particolare approfondimento meritano i nomi variabili.
Per quanto riguarda la formazione del plurale è bene precisare che le regole sono numerose e le eccezioni non mancano.
Le declinazioni dei sostantivi sono tre: la prima col singolare in a, la seconda col singolare in o la terza col singolare in e.
La desinenza a del singolare muta in e al plurale se i nomi sono femminili, in i se i nomi sono maschili, es. paura - paure; patriota - patrioti.
Eccezioni: ala - ali; arma - armi.
La desinenza o del singolare muta in i al plurale es. fabbro - fabbri; insetto - insetti.
Eccezione: l’uovo - le uova.
La desinenza e del singolare muta in i al plurale, es. attore - attori; fiore - fiori.
I nomi terminanti in ca e ga mutano al plurale in chi e ghi (maschile) e in che e ghe (femminile) es. monarca - monarchi; stratega - strateghi; mollica - molliche; strega - streghe.
Eccezione belga - belgi.
I nomi terminanti in co e go mutano in ghi e chi con i nomi piani (accento sulla penultima sillaba) e mutano invece in ci e gi con i nomi sdruccioli (accento sulla terzultima sillaba) es. albergo - alberghi; asparago - asparagi; palco - palchi; medico - medici.

 

Per quanto riguarda la struttura i nomi possono distinguersi in primitivi, derivati, alterati e composti.
In molti casi, alla radice si possono aggiungere degli elementi chiamati affissi. Essi possono essere messi prima della radice e sono quindi prefissi, o dopo la radice e prima della desinenza e sono quindi suffissi. I nomi che sono formati oltre che dalla radice, da prefissi e/o suffissi e dalla desinenza sono detti derivati, in quanto traggono origine da altri nomi, es. carta - cartella.

 

I nomi che sono formati dalla radice del nome primitivo e da un suffisso che ne modifica solo leggermente il significato in quanto esprime sfumature qualitative, sono detti alterati.
Essi possono esprimere un’idea di grandezza, di piccolezza, di disprezzo o di leggiadria.
Esempi:
La casona ------- nome accrescitivo
La casetta ------- nome diminutivo
La casaccia ------ nome dispregiativo
La casuccia ------ nome vezzeggiativo.
I diminutivi possono essere talvolta dispregiativi es. lavoro - lavoruccio (di poca importanza); romanzo - romanzetto (di poco valore).
Gli accrescitivi possono essere anche dispregiativi es. naso - nasone.

 

I nomi che pur essendo composti dall’unione di due o più parole, esprimono un’unica idea sono detti composti.
Essi riuniscono il significato di due termini autonomi e snelliscono i discorsi, in quanto rendono con un solo vocabolo espressioni più lunghe.
I nomi composti possono essere formati dalla combinazione delle varie parti del discorso:
nome + nome es. fotoromanzo
nome + aggettivo es. pellerossa
aggettivo + aggettivo es. agrodolce
verbo + nome es. portacenere
avverbio + aggettivo es. sempreverde
preposizione + nome sottoscala.

IL PLURALE

Riguardo alla formazione del plurale, i nomi composti non seguono tutti la stessa regola e quindi in caso di dubbio è bene consultare il dizionario in ogni caso esistono indicazioni importanti:

 

Sostantivo + sostantivo
I nomi formati da due sostantivi mutano nel plurale soltanto la desinenza del secondo termine.
l'arcobaleno - gli arcobaleni
la banconota - le banconote
il cavolfiore - i cavolfiori
la ferrovia - le ferrovie

 

I nomi composti con la parola capo
I nomi composti con la parola capo non si comportano sempre allo stesso modo.
Se la parola capo significa 'colui che è a capo di qualcosa', il plurale si forma volgendo al plurale solo la parola capo:
il capobanda - i capibanda
Il capogruppo - i capigruppo
il capocellula - i capicellula
il capocordata - i capicordata
il capofabbrica - i capifabbrica

 

In alcuni composti di questo tipo, però, si modifica solo la desinenza della seconda parola:
il capocomico - i capocomici
il capocontabile - i capocontabili
il capocuoco - i capocuochi (o i capicuoco)

 

Se la parola capo indica 'posizione di preminenza o di inizio di qualcosa', il plurale si forma modificando solo la desinenza del secondo elemento:
il capodanno - i capodanni
il capogiro - i capogiri
il capolavoro - i capolavori

 

Se il composto è di genere femminile e il nome capo si riferisce a una donna che è a capo di qualcosa, il plurale è invariabile:
la capofamiglia - le capofamiglia
la caposala - le caposala
la caposquadra - le caposquadra

 

Non mancano le eccezioni:
la capocronista - le capocroniste
la capocuoca - le capocuoche
la caporedattrice - le caporedattrici

 

Sostantivo + Aggettivo
I nomi formati da un sostantivo seguito da un aggettivo trasformano in plurale entrambe le parole componenti.
il caposaldo - i capisaldi
la cartastraccia - le cartestracce
la cassaforte - le casseforti
il pellerossa - i pellirosse
la piazzaforte - le piazzeforti

 

Aggettivo + Sostantivo
I nomi formati da un aggettivo seguito da un sostantivo prendono il plurale solo nel secondo elemento.
l'altoparlante - gli altoparlanti
il bassorilievo - i bassorilievi
il francobollo - i francobolli
il mezzogiorno - i mezzogiorni

 

I nomi composti con le parole alto e basso
Sono ammesse due forme di plurale:
l'altoforno - gli altoforni o gli altiforni
l'altopiano - gli altopiani o gli altipiani
il bassofondo - i bassofondi o i bassifondi
il bassopiano - i bassopiani o i bassipiani
il bassorilievo - i bassorilievi o i bassirilievi

 

Verbo + Sostantivo
I nomi formati da un verbo e un sostantivo si comportano in maniera diversa a seconda che il sostantivo sia singolare o plurale.
Se il sostantivo è plurale, il nome composto resta invariato:
l'accendisigari - gli accendisigari
il cavatappi - i cavatappi
il guastafeste - i guastafeste
il lustrascarpe - i lustrascarpe
il portaombrelli - i portaombrelli
lo stuzzicadenti - gli stuzzicadenti

 

Se il sostantivo è singolare, il nome composto può assumere la desinenza del plurale o rimanere invariato. Assume la desinenza del plurale quando il sostantivo componente è di genere maschile.
il battibecco - i battibecchi
il parafango - i parafanghi
il parafulmini - i parafulmini
il passaporto - i passaporti

 

Rimane invece invariato quando il sostantivo componente è di genere femminile.
l'aspirapolvere - gli aspirapolvere
il cacciavite - i cacciavite
il portacenere - i portacenere
il salvagente - i salvagente

 

Preposizione o avverbio + Sostantivo
I nomi formati da una preposizione o un avverbio e un sostantivo non sono in realtà nomi composti ma prefissati. Essi non seguono una regola costante; alcuni rimangono invariati, altri mutano la desinenza del secondo elemento.
il doposcuola - i doposcuola
il retroterra - i retroterra
il senzatetto - i senzatetto
il sottoscala - i sottoscala
il dopopranzo - i dopopranzi
la soprattassa -  le soprattasse
il sottopassaggio - i sottopassaggi
la sottoveste - le sottovesti

 

Vi sono anche nomi composti da più di due elementi; tra questi ricordiamo i nomi composti con due sostantivi uniti da una preposizione, come ficodindia, fiordaliso, messinscena, che fanno rispettivamente fichidindia, fiordalisi, messinscene.

 

Un caso particolare è rappresentato dal nome pomodoro, che ha ben tre plurali: pomodori, pomidori (popolare), pomidoro (regionale).

 

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Rubrica a cura di Anna Scudiero. I testi di riferimento sono: Idioma e stile di Filippo Maone edizioni A.P.E. Mursia; iIl libro di grammatica dalla regola all’uso Bonaccorsi-Spitali edizione Deagostini; Grammatica & metodo Biscazza Mandurrino Noris Sansoni per la scuola.