L'orrore di una famiglia perbene

di Danilo Campanella - pagine 144 - euro 14,90 - David and Matthaus

Qualche giorno fa sono andata alla Federazione italiana scrittori, a Roma, per il Festival del libro di qualità. Sono un’appassionata di King, quindi, con grande gioia sono riuscita a trovare un libro di Pupi Avati, presentato dal fratello Antonio “La casa delle signore buie”. In quel frangente veniva anche presentato un romanzo horror che ho trovato recensito addirittura su “Il Giornale”, dal titolo “Una famiglia perbene”, edito da David and Matthaus e uscito qualche mese fa. L’autore si chiama Danilo Campanella. Non lo conoscevo, anche se da informazioni prese ho saputo che scrive già da molto tempo. Ad ogni modo sono andata ad una libreria Feltrinelli ed ho chiesto del libro. Ne avevano due copie negli scaffali, così ne ho potuto comprare uno subito. Mi aveva interessato la trama e, da amante dell’horror, ero curiosa di sapere se esiste ancora dell’horror di qualità in Italia. La storia, in breve, è ambientata nell’800 ed ha per protagonista una africana che, a Parigi, ritrova per caso la sua antica padrona, quand’era schiava in Sudamerica. Madame Lalaurie viene perciò catturata e processata. E’ ormai ottant’enne ma ciò non la esime dal presentarsi davanti a una Corte d’Assise per essere giudicata e condannata. O almeno così si crede.
Di cosa viene accusata essenzialmente Madame LaLaurie?
1- di tortura,
2- di far parte di un sistema brutale,
3- di far parte di un sistema ingiusto.
Vediamo come lei se la cava.
Perché Madame Lalaurie mette in difficoltà chi la accusa?
Essenzialmente, l’accusata, nonostante fosse una torturatrice e assassina, mette le parti lese e quelle giudicanti davanti ad alcune osservazioni che, nella sua bocca, tuonano come fulmini.

La tortura è il mezzo coercitivo che un sistema politico ha per mantenere l’ordine sociale. Con la paura si umiliano le menti e i corpi degli assoggettati, gli schiavi dell’epoca monarchica. Eppure, anche quando la schiavitù nell’800 viene abolita, dalle colonie fuoriescono africani che tornano ad essere liberi, ma che di questa libertà non sanno che farsene. Se prima si spezzavano la schiena nei campi, alle dipendenze del barone, del vescovo, o del conte di turno, ora faticano nelle fabbriche per un misero salario, che devono utilizzare per pagare una pigione e un vitto, che prima gli era dato gratuitamente dal padrone. Dunque i lavoratori salariati, passano le giornate a lavorare, spendendo qual poco che guadagnano per sostentarsi ed arrivare, stanchi, a mangiare qualcosa la sera. Ma questo nuovo sistema proposto dalla nascente borghesia imprenditoriale, protetto dalle repubbliche democratiche, mosso dal Capitale, non deturpa soltanto le vite degli africani, ma anche quelle degli irlandesi, degli italiani, degli ispanici, di tutti i popoli del mondo che iniziano a suddividersi non più nelle categorie nobile/chierico/servo, ma in quelle di ricco possidente/borghese e proletario. Nell’800, con la fine dello schiavismo, si estende, di fatto, la schiavitù organizzata a tutta l’umanità impotente. Impotente quando non ha i mezzi di sussistenza per poter fare ciò che vuole. La politica dunque, da un lato, permette che tutto possa farsi ma, dall’altro, è lei a detenere il controllo dei mezzi di produzione.
Un sistema simile, per la torturatrice Lalaurie, è ugualmente torturatorio, ma anche brutale e ingiusto. E’ ingiusto perché maschera, con i sofismi e le ipocrisie della nuova filosofia liberale, vecchie atrocità, dando loro un nuovo vestito.
Nel libro vengono abilmente descritte torture e mutilazioni, con un fare narrativo che fa accapponare la pelle, anche se non si perde in eccessivi particolari.
Quello che viene mantenuto costante è il sistema dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo, che per lei è inscardinabile dalla Storia. Il romanzo Una famiglia perbene, dunque, descrive una famiglia che, forse, non è soltanto quella dei torturatori Lalaurie. E’ ciò che mi ha colpito, del romanzo horror di questo autore. La signora, processata, rinvia la palla al mittente. Il mittente è quella “famiglia borghese” che, dietro la maschera della repubblica, della democrazia, della civilizzazione, pare istruita su tutto, in cui ognuno ha ogni cosa alla sua portata. Finché l’uomo lavora, finché guadagna. Un tale sistema, per madame Lalaurie, non ha nulla di meglio delle passate monarchie, teocrazie e dittature. Soltanto una rinnovata, più sofisticata, ipocrisia perbenista.
Voto: 8
[Maria Elena Lanfranchi]

Incipit
Era come rivedere l'incubo, quell'incubo che i tormentava da trent'anni, a occhi aperti: i negri che fuggivano con la pelle ustionata dalle fiamme, l'incendio che divampava nella palazzina e la gente che scappava, gli storpi che ne venivano trascinati fuori a forza da volenterosi concittadini, i bambini in pianto.