L'odore del peccato

di Andrea Franco - pagine 173 - euro 4,90 - Mondadori

Una leggera scia di profumo emanata da un cadavere. Dettaglio insignificante per i più, quel sentore impercettibile è un indizio decisivo per don Attilio Verzi, dotato di un olfatto straordinario. Tanto fuori dal comune dall'avergli attirato qualche accusa di rapporti col Demonio. Del resto la scena del crimine è una chiesa nella Roma del 1846, sullo sfondo le lotte di potere per il controllo del papato. All'elezione di Pio IX ha tentato invano opporsi l'imperatore Ferdinando I d'Austria, inviando l'arcivescovo di Milano e il suo assistente a porre il veto in favore di un proprio candidato. Troppo tardi. E il cadavere è appunto quello del giovane assistente. A don Verzi il nuovo pontefice, per allontanare da sè ogni sospetto, ha chiesto di scoprire l'assassino. Solo chi, come lui, cammina senza timore sull'orlo di un precipizio potrà far luce su quel delitto. Che sprigiona, per il suo fiuto sovrumano, l'inconfondibile odore del peccato (dall'ultima di copertina).

La Roma papale del XIX secolo, gli intrighi di poteri del Vaticano, il neo papa Pio IX, un misterioso omicidio e un prete all'apparenza ordinario se non fosse per il potere eccezionale che lo contraddistingue. Sono questi gli ingredienti principali de "L'odore del peccato", breve romanzo giallo old style scritto con eleganza da Andrea Franco che in modo diretto, semplice e senza tanti fronzoli riesce a coinvolgere il lettore nelle indagini di don Verzi, un prete tanto speciale quanto umano coi suoi difetti e le sue insicurezze.
Una boccata d'aria fresca, narrativamente parlando, se cercate un libro diverso nella sua normalità, garbato e ben scritto, la migliore alternativa ai soliti noir scandinavi o serial killer americani.
Voto: 6,5
[Alessandro Balestra]

Incipit
Roma, 16 giugno 1846
All'inizio fu il suono delle campane di una sola chiesa. Pochi secondi dopo per tutta Roma si rincorrevano migliaia di rintocchi. Don Attilio Verzi sollevò lo sguardo dal De attentatis et innovatis, e insipirò a fondo, prima di avvicinarsi alla finestra. Il cielo era livido, calpestato dalla sera che stava precipitando a portare un po' di fresco sulla città. Attilio lasciò vagare lo sguardo senza riuscire a concentrarsi veramente sull'evento. Nella mente, ancora le immagini del tomo che stava studiando. Niente di importante, dopotutto, ma ogni volta uscire da una serie di pensieri per fuggire in altri era un percorso lento, che amava fare con calma.