La notte degli zombie

di Jonathan Maberry - pagine 334 - euro 14,37 - Delos Books

Siamo nella piccola Contea di Stebbings, in Pennsylvania. L’agente Desdemona “Dez” Fox e il sergente JT Hammond sono chiamati ad intervenire per una banale effrazione in una camera mortuaria. Arrivano sul posto e si trovano invece di fronte a un’efferata scena del crimine; la situazione precipita ulteriormente quando una presunta vittima della follia omicida assale Dez.
Ben presto, anche gli altri cadaveri si rianimano per avventarsi sugli increduli agenti, nel frattempo accorsi in forze ma del tutto impreparati per affrontare questo vero e proprio incubo.
Nel frattempo, il giornalista Billy Trout, ex fiamma di Dex, viene a scoprire che il dottor Herman Volker ha ideato la più crudele delle punizioni per Homer Gibbon, un serial killer condannato a morte per iniezione letale. Secondo Volker, la pena di morte non era abbastanza per Gibbon, quindi all’insaputa di tutti ha provveduto ad iniettare nelle sue vene durante l’esecuzione il siero denominato “Lucifero 113”, destinato a prolungarne l’agonia nella bara, trasformandolo in una specie di zombie senziente.

Il cadavere di Gibbon, inaspettatamente reclamato per la sepoltura, si è risvegliato proprio mentre l’impresario Lee Hartnup lo stava preparando nella camera mortuaria.
Se il libro vuole essere un omaggio a Romero, come dichiarato dallo stesso autore, in esso viene introdotta una novità di assoluto spessore: viene infatti ridefinita la figura stessa dello zombie, e questo già nelle prime pagine del libro. Se lo zombie è sempre stato visto come una creatura priva della seppur minima volontà e spinta unicamente dalla fame inestinguibile, l’autore introduce una condizione di consapevolezza ben più terribile della morte. Lee Hartnup è tra i primi contagiati, vaga trasformato in zombie insieme agli altri suoi simili, ma la coscienza delle proprie azioni è rimasta inalterata, essendogli invece negato il controllo del corpo. Diventa così egli stesso il primo testimone delle proprie efferatezze, nulla potendo fare per impedirle e desiderando ogni istante la morte definitiva. Il lettore si chiede, insieme allo sventurato Lee Hartnup, se questa impotente lucidità sia condivisa anche dagli altri sventurati “uomini vuoti”.
Restando in tema di protagonisti zombie, lo stesso Homer Gibbon, destinato a consumarsi lentamente nella tomba e sventuratamente tornato in vita, proprio in quanto “paziente zero” ha mantenuto un distorto raziocinio, ma anche il pieno controllo completo delle proprie azioni. Nel suo delirio, comprende di essere un morto vivente, ma allo stesso tempo si ritiene un prescelto dall’entità oscura che lo ha sempre guidato nei suoi crimini.
Parlando invece dei protagonisti umani, essi sono ben descritti nei loro drammi e sentimenti, con l’unica nota stonata da ricercare nella paradossale lentezza nel comprendere il problema in cui si sono imbattuti. Se prima si limitano giustamente alle spiegazioni razionali e solo dopo valutano le più mostruose, è proprio lì che si soffermano su varie mostruosità prima di pensare ai classici zombie, così come sprecano preziose munizioni prima di trovare la soluzione del semplice colpo alla testa.
L’autore si riscatta ampiamente di questa piccolissima mancanza con una scrittura assolutamente coinvolgente, a tratti addirittura poetica, che porta avanti una trama molto ben strutturata, in un continuo crescendo di colpi di scena destinato a tenere il lettore con il fiato in sospeso dalla prima all’ultima pagina. Una lettura assolutamente consigliata a tutti gli appassionati del genere.
Perché il mondo finirà con un morso, non con un’esplosione.
Voto: 9,5
[Gianluca Ingaramo]

Incipit
Questo è il modo in cui finisce il mondo.
Hartnup’s Transition Estate. Contea di Stebbings, Pennsylvania.
Era certo di essere in punto di morte. Era così che immaginava sarebbe stata la morte.
Freddo.
L’oscurità fluì lenta a coprire i contorni di ogni cosa, come se le ombre sotto i tavoli e gli armadietti emergessero a riempire la stanza. Morbide. Non c’era dolore.
Quella era la parte strana. Nei suoi sogni... e Lee Hartnup sognava spesso la morte... c’era sempre il dolore. Ossa infrante, ferite di proiettile, profondi tagli da coltello.
Ma questo... questo non era doloroso.
Non più. Non dopo il primo morso.