Il paese stregato

di Sergio Bissoli - pagine 369 - euro 24,90 - Edizioni Hypnos

Un libro coraggioso, gotico, completo, affascinante e che ha senso soprattutto nella sua intierezza, nel suo cogliere attraverso la scrittura quella commistione del nostro mondo con un altro - misterioso e magico - che affonda profondamente le radici nella provincia e nella ruralità, intese come tradizioni e credenze, quotidianità e umanità; elementi sempre più avviati verso l'estinzione.
È questo che la Hypnos edizioni ha scelto di fare con "Il paese stregato", un libro imponente (anche nelle dimensioni), che riassume l'opera di un autore come Sergio Bissoli, il quale attraverso una eleganza, una onestà e una dedizione encomiabili, riesce a (de)scrivere una sorta di manifesto, di bandiera di un nord-est rurale e magico.

Nella prima parte troviamo un romanzo breve, che dà origine al titolo ("La ragazza del paese stregato"); nella parte finale una corposa e personalissima autobiografia dell'autore. Tra questi estremi, il vero cuore del libro: quasi settanta racconti brevi, a volte di poche pagine, che fotografano - e il verbo è quanto mai adatto - un Veneto che ruota attorno alla città natale di Bissoli, Cerea, ma che sono uno specchio di un certo nord-est rurale della seconda metà del secolo scorso.
La forma racconto, dunque, è uno dei punti di forza di quest'opera, ma ben si badi a considerare ogni brano come un tassello, un filo di una ragnatela molto più grande e complessa, che non potrebbe mai essere ricompresa in un romanzo (ed è forse per questo che La ragazza del paese stregato, benché discreto, non riesca a dare l'impatto gotico-fantastico che invece promana dai racconti).
Il brani di Bissoli sono istantanee, frammenti di storie che non hanno la pretesa di avvincere con trame complesse, con accadimenti che meraviglino il lettore. Sembra quasi un pittore, nel suo raccontare costruito sempre su una prima persona che viene a contatto con il gotico, con il misterioso, con le stregonerie e gli incantesimi, gli spettri e, soprattutto, il sentire di una quotidianità che via via, durante il secolo scorso, ha perso contatto con le tradizioni e la natura. È un mondo agricolo, quello descritto da Bissoli, un mondo ricco di colori, odori, sapori... e sfumature, così come la sua scrittura, lessicalmente colorata, profumata e saporita.
Ed è difficile raccontarlo senza farne leggere qualche riga.
Ecco, per esempio, come nella Giostra dei morti ci viene descritto una cena tra amici: "La vecchia cucina è riscaldata dal fuoco scoppiettante del camino. Sulla tovaglia a scacchi bianchi e rossi ci sono lasagne fatte col torchio, anatra arrosto, patate fritte, funghi, peperoni e bottiglie di clinto e greco bianco. Il risultato è una serata trascorsa in allegria e una cena forse un po' troppo pesante.".
Oppure, per i luoghi, da La casa con l'edera, "Dal portone entriamo in un cortile interno acciottolato, con una pompa arrugginita per l'acqua giù in fondo. La casa è sulla destra, con la facciata esposta a est. Una scala esterna porta a un terrazzino con ringhiera, dove c'è la porta d'ingresso. La facciata è coperta da una fitta rete di edera centenaria che arriva fino alla grondaia e avviluppa in parte anche le finestre del piano superiore."
E per concludere con le persone, i viventi, ecco come ne caratterizza la personalità con poche righe, spesso pronunciate dagli stessi, in Portasfortuna: “Ma il più colpito dalla malasorte sembrava Max. Grosso, il volto tirato, stava sdraiato sulla sedia con un giornale davanti e come al solito polemizzava sulla vita, sull’amore, sulle ingiustizie.
‘Lucy è andata via. Così, per sempre. È una storia finita, ormai.’
Fa un lungo sospiro, poi riprende:
‘Sì, ci sono tante donne al mondo. Troverò da consolarmi. Ma bisogna ricominciare tutto da capo e io incomincio a invecchiare. Non ho più tanta voglia di fare il pagliaccio e mettermi a correre dietro alle ragazzine.’

Descrizioni che possiedono una padronanza della vita di campagna e dei piccoli paesi, compresi i loro abitanti, che è notevole e viene dal vissuto, apportando alle storie un contributo quasi etnografico, di leggende e usanze che spesso sono conservate solo dalla memoria. Non si dubita mai che chi ci racconta non sia l'autore stesso, e che ciò che ha vissuto non equivalga a verità. In ogni storia, ogni piccola vicenda, troviamo qualche indicazione sulle tradizioni o sulle piccole manie radicate soprattutto tra gli anziani: vecchie che sono streghe, oggetti con il malocchio, strade con gli spettri, abitazioni incantate...
E tutte queste storie, oltre alla descrittività, hanno un’altra caratteristica che le accomuna. Sono frammenti, inizi, istantanee, si era detto in precedenza. Non spiegano mai se l’elemento fantastico è o non è reale. Si fanno ipotesi, si sospende e si lascia storie a se stesse e poi, come succede veramente nella realtà, esse non sono lì ad aspettarci; sono andate per la loro strada e non ne sapremo altro. È un effetto, solitamente, dato dalla scelta di raccontare le storie in prima persona, ma spesso non come protagonista, bensì come osservatore, come testimone che vede, cerca, indaga ma poi può, come è normale, riprendere la sua vita e lasciar perdere le presunte streghe e i probabili fantasmi.
E anche se la visione di Bissoli è spesso scettica, egli ha l’abilità di condurre per mano il lettore fino a un certo punto, ma poi di lasciarlo libero di dirigersi verso le conclusioni che egli ritiene più opportune.
Le scritte sulla rivista di enigmistica del guardiano sono veramente di uno spettro sepolto in una certa cantina? Sono veramente gli specchi a causare il poltergeist in una certa abitazione? La figura nel vigneto comparsa di notte era veramente lo spettro di famiglia? Non lo sapremo... Il guardiano notturno si licenzierà, gli specchi saranno gettati in un fiume, il proprietario del vigneto morirà d’infarto, ma tutte potrebbero essere solo coincidenze.
Unico periodo dei racconti forse un po’ didascalico (sono in ordine cronologico 1982-2011) è quello in cui si eccede troppo sulle descrizioni dell’Oltremondo, della reincarnazione e dintorni, che perdono un po’ di efficacia narrativa.
Del resto, ci sono altri piccoli stratagemmi a dare del valore aggiunto: i nomi di persone e luoghi non sono quelli originali, ma sono rubati o alla lingua inglese (in una speranza di futura traduzione) o alle letture e ai film che l’autore seguiva nei meravigliosi e stranissimi anni della sua infanzia e adolescenza.
Potrebbe diventare una sorta di caccia al tesoro, se qualcuno vive vicino ai luoghi teatro delle avventure di Bissoli, ricercare paesi e luoghi nascosti spesso da una traduzione o una storpiatura (Lo stesso Vielle del romanzo di apertura, per esempio, è il paese di Veronella).
Due parole, a conclusione di quest’opera, da quelli che sono indicati come Libro I e Libro III: il romanzo e l’autobiografia.
Il romanzo ha una trama fatta di nulla, ma riesce a inquietare e lascia una sensazione perturbante, osservando come l’innamoramento per una ragazzina, Mirta, del narratore, si trasformi in un amore impossibile, avversato dall’intero paese, che sembra congiurare nell’ombra perché i due non si incontrino. Una storia banale, quindi? No, perché Mirta, per contro, è tutt’altro che un personaggio limpido e prigioniero. È una ragazza ambigua e misteriosa e in tutta la vicenda si ha una piacevole sensazione claustrofobica, come se questa storia non potesse che andar male e vedere il protagonista soccombere.
L’autobiografia, al contrario, ci racconta davvero la vita di Bissoli come “vita di scrittore”, in cui lui passa attraverso la miseria, le vicende familiari, le piccole pazzie dell’adolescenza e le donne della giovinezza, come se fosse un personaggio bizzarro e scapestrato. Un po’ folletto e un po’ Peter Pan, che però mai rinuncia alla narrativa del gotico (gli Urania) e ai film d’orrore.
C’è una piacevole leggerezza e più volte, la sua storia, strappa qualche sorriso.
In conclusione, un libro denso e particolare, forse pretenzioso, nelle premesse, ma che alla fine – se non si va cercando una narrativa facile e d’azione – soddisfa e ripaga. Un’opera che non dovrebbe mancare nella biblioteca di chi è appassionato di tradizioni popolari, di fantastico e di atmosfere gotiche nostrane, soprattutto se non sono quelle mainstream, ma se sono di un personaggio semi-sconosciuto come Sergio Bissoli, che però, giudicando anche i suoi numerosi studi e lavori, sembra aver fatto del gotico rurale una piccola missione, lunga una vita intera.
Voto: 8
[Gelostellato]

Incipit
Partiamo col furgone alle prime ore del pomeriggio, io e mio cugino Tom.
Fino a un certo punto conosco la via da seguire, ma poi sono costretto a chiedere indicazioni a dei contadini intabarrati alla guida di un carro. Quando arrivo in vista della stretta diagonale che taglia i campi in direzione nord, provo un senso di familiarità che solleva nella mia anima ricordi tenui e sopiti dall'infanzia: immagini di posti inondati di sole, di luce bianca...
È una giornata grigia di novembre. Tom non dice una parola e nemmeno io ho tanta voglia di parlare.