di Autori vari - pagine 405 - euro 9,90 - Newton Compton
Antologia, pubblicata in Italia dalla Newton un po’ di tempo fa sull’onda dell’uscita del film “Wolfman” con Benicio Del Toro, in realtà originariamente pubblicata nel 1994, che si può considerare un ideale completamento del monumentale “Storie di lupi mannari” della Newton Compton, ormai fuori catalogo. Contiene racconti e autori quasi tutti relativamente recenti, molti grossi nomi e una qualità media piuttosto altalenante. La raccolta spara da subito una delle sue cartucce migliori con “Crepuscolo alle torri” di Clive Barker, una cupa storia di spionaggio e licantropia ambientata nella Berlino post-caduta del muro, originariamente pubblicata nella serie dei “Libri di sangue”.
Forse non
il miglior Barker, ma si riconosce la caratura stilistica e la consueta
incisività, e in ogni caso la qualità del racconto è di gran lunga
superiore a quella di molti altri dell’antologia. Si prosegue con
l’atipico, ricco di risvolti psicanalitici, “Il sogno del lupo” di Scott
Bradfield. Interessante, sottilmente inquietante, seppure dal ritmo
lento. Come anticipato, tuttavia, la qualità media dei racconti è nel
complesso altalenante. Tra le cose migliori, “Scende la pioggia” di Michael Marshall Smith, splendido ed efficace schizzo di violenza
suburbana, “L’essenza della bestia” di Roberta Lannes, delicata e al
tempo stesso cruda storia di passione amorosa licantropica, “Il
lupo-uomo” di Les Daniels, originale sovvertimento dei canoni
tradizionali del genere, “Tette” di Suzy McKeee Charnas, in cui il tema
della licantropia si combina in modo originale e brillante con quello
dell’età dello sviluppo femminile. Delude Ramsey Campbell con un
racconto che, sia pur impeccabile sotto l’aspetto dello stile e del
ritmo narrativo, finisce per apparire nulla più, appunto, che un
esercizio di stile, delude Nicholas Royle con una storia di gatti
mannari dal sapore piuttosto insipido, delude Manly Wade Wellman con “E
i vellosi danzeranno”, storia che sarà anche un classico, ma dal ritmo
lentissimo e che per giunta, inserita nel contesto di racconti molto più
moderni, appare irrimediabilmente datata.
Nel finale dell’antologia, spicca il lungo racconto di Kim Newman, che
propone con “Dal cuore della notte, quando splende la luna piena” una
originalissima, lirica e vibrante rivisitazione in chiave horror della
leggenda di Zorro, che parte dall’epoca della California coloniale per
concludersi nella Los Angeles di un prossimo futuro. Una raccolta nel
complesso riuscita solo in parte, ma che contiene alcune originali
rivisitazioni di un tema tra i più classici della tradizione della
letteratura fantastica, l’eterno mito della comunanza tra l’uomo e
l’animale predatore.
Voto: 6
[Vincenzo Barone Lumaga]
Incipit (dall’introduzione "Notti di luna piena")
La figura del Lupo Mannaro pervade profondamente l’immaginario
fantastico e le leggende dei popoli mediterranei o comunque europei.
Anzi, nel precisare che la figura del Lupo Mannaro è di origine
prettamente europea, va subito detto che la sua collocazione è nei paesi
Scandinavi, a differenza del Vampiro che è di estrazione mitteleuropea.
Il termine Lupo Mannaro deriva dal basso latino lupus homenarius, vale a
dire “un lupo che si comporta come un uomo”. Più incerta l’etimologia
del francese Loup-Garou: i più rintracciano nel termine garou una radice
che significa “uomo”, ma ci sembra più plausibile l’interpretazione di
Collin De Plancy: loups dont il faut se garer, ossia “lupi dai quali
bisogna guardarsi”, ovvero quell’animale che, avendo assunto le
abitudini feroci e aggressive dell’uomo, non si comporta più con la
timidezza tipica della sua razza.
Sono invece chiarissime le derivazioni dei termini inglese e tedesco (werewolf
e werewulf): la radice indoeuropea wer è la stessa da cui deriva il
latino vir, uomo. Altrettanto chiare sono le derivazioni nelle lingue
slave: il polacco wilkolak, il russo volala, il bulgaro vulkolak, lo
sloveno volkodlak, e così via.