di F.M. Crawford - pagine 121 - euro 7,75 - Edizioni Polistampa
Un volume che assolutamente non può mancare nella biblioteca di un
cultore dell’horror è, senza dubbio, questo, che raccoglie quattro
magistrali racconti di uno degli scrittori più importanti di fine ‘800,
sebbene non fosse “specializzato” su questo genere. Crawford in
quegli anni contribuì in maniera decisiva alla diffusione dell’horror in
tutto il mondo. Pochi sanno che egli nacque, visse e morì in Italia
(Bagni di Lucca, 1854 - Sorrento, 1909).
Il filo conduttore che lega i racconti è la quasi ossessiva ricerca di
dare una spiegazione razionale agli eventi vissuti che di razionale,
ovviamente, non possono avere granché; spiegazione razionale che
inesorabilmente naufraga davanti all’evidenza dei fatti. I fantasmi sono
“reali”, fisici, e si muovono negli ambienti quotidiani come se ne
facessero parte integrante.
Ne La cuccetta superiore, il primo dei quattro racconti e
probabilmente il più conosciuto, una serata tra a amici che sta
miseramente volgendo al termine sopraffatta dalla noia, viene
risollevata dal racconto di un vecchio marinaio. Imbarcato su un
transatlantico, al protagonista viene assegnato il letto inferiore della
cuccetta 105. Durante la notte, il passeggero che occupa il posto
superiore improvvisamente fugge via dalla cabina per non farvi più
ritorno. Il giorno dopo viene a sapere che altre persone che avevano
occupato quel posto erano scomparse, probabilmente lanciatesi fuori
bordo in preda al terrore e viene esortato a lasciare quella cabina. Ma
lui insiste, rimarrà lì per comprendere cosa realmente accada. Le notti
successive trascorrono nel tentativo di dare una spiegazione del perché
l’oblò della cabina si apre da solo, che cosa siamo quegli strani rumori
provenienti dalla cuccetta superiore, e del perché quell’ambiente dopo
una certa ora viene sopraffatto dal freddo, dall’umidità e da un cattivo
odore di acqua stagnante. Aiutato dal comandante della nave, preoccupato
della cattiva fama che il suo transatlantico sta maturando, tenteranno
di scoprire cosa si nasconda realmente lì dentro, cercando fino
all’ultimo di rifiutare l’irrazionale realtà.
Perché il Sangue è vita (vi invito a leggere la recensione del
libro "Crawford e i Vampiri di San Nicola Arcella", non appena sarà
disponibile in questa stessa sezione) è un piccolo capolavoro, scritto
in una sola notte, in uno dei posti più belli della Calabria (tra
l’altro a solo 20 km da casa mia!!). Qui il fantasma è una forma eterea
che compare su di un tumulo illuminato dalla luce della luna. F.M.
Crawford in persona racconterà all’amico Holger la storia legata a
quell’apparizione, storia di un amore non corrisposto, di un omicidio,
di un tesoro e di una vampira.
Il Fantasma della bambola racchiude in sé due opposte atmosfere:
quella amorevole e protettiva di un padre verso la sua unica figlia,
assieme alla incontrollabile passione per il suo lavoro di “dottore
delle bambole”, e quella cupa di una candela che si spegne o di uno
scalpicciare di piedini nel buio. A mio parere è il racconto meno forte
dei quattro, forse perché la lettura potrebbe far immaginare un epilogo
diverso da quello descritto, che non è forte quanto ci si aspetterebbe.
L’ultimo racconto, certamente il più articolato e complesso sia per
quanto riguarda la narrazione e la storia in sé, è Il teschio che
urla. Il protagonista racconta ad un ipotetico suo amico, che il
lettore non incontra mai, la storia di quello che lui crede sia stato un
omicidio causato indirettamente da egli stesso quando ebbe l’incauta
idea di raccontare al marito della povera morta un metodo sicuro per far
fuori il proprio coniuge. Tale metodo è quello di colare piombo fuso
nell’orecchio. Nella casa del misfatto, dove il narratore adesso vive, è
custodito in una cappelliera un teschio che sovente urla. Non ci sono
prove certe che il teschio sia proprio quello della donna, così come non
si ha certezza che quel tintinnio di qualche oggetto contenuto nel
teschio, sia in realtà un piccolo pezzetto di piombo. Il racconto si
dipana dapprima attraverso i suoi sensi di colpa, poi cercando mille e
mille spiegazioni di quanto di soprannaturale ci sia in un teschio che è
in grado di urlare, di mordere, di... uccidere.
Voto: 7
[Ferdinando Romito]
Incipit (dal racconto "La cuccetta superiore")
Qualcuno chiese i sigari; avevamo chiacchierato a lungo, e la
conversazione cominciava a languire,il fumo aveva creato una pesante
cortina, il vino era andato alla testa dei meno resistenti ed era
perfettamente chiaro che, se qualcuno non fosse riuscito in qualche modo
a risollevare gli spiriti, l’incontro sarebbe presto giunto alla sua
conclusione naturale e che noi, gli ospiti, saremmo presto tornati a
casa e molto probabilmente a dormire.