di Franco Fagioli - pagine 186 - euro 14,00 - 0111 Edizioni
In un oscuro vicolo del centro storico di Genova viene ritrovato il corpo senza vita della giovane e bella Ilaria. Da quel giorno Frank Lupi diviene preda inconsapevole di un essere di nome Xeth, materializzatosi sulla Terra per creare una nuova specie ibrida ed elevarsi così al rango di un dio. Dopo essere stato infettato dal sangue di Xeth, Frank riesce a sfuggirgli, ma il suo corpo muta inesorabilmente. La scelta di uccidere o abbracciare il suo nuovo padre spetta soltanto a lui.
Se dovessi dare una descrizione mineralogica di questo breve romanzo,
potrei definirlo come una grossa pietra di carbone scuro, in cui però si
intravedono dei luccichii sparsi di grande splendore. Un carbone che
avrebbe potuto essere diamante. Sì, perchè molte cose sorprendentemente
funzionano in questo Culto di Xeth. Perchè il plot narrativo si
snoda con un interessante sviluppo in un accattivante scenario che
mischia allegramente la relatività einsteiniana, le dimensioni
parallele, l'ingegneria genetica, suggestioni lovecraftiane e
l'underground culturale dell'heavy metal. Perchè buona parte dei
personaggi, per quanto un pò sagomati talvolta con la motosega, hanno in
fondo il loro perchè, Frank Lupi ha dalla sua una scanzonata ironia,
mentre Xeth, se in più di un momento scivola quasi nel macchiettistico,
è un villain con un enorme potenziale espresso solo in minima parte.
Perchè lo scenario che viene tratteggiato, molto debitore delle
atmosfere lovecraftiane, è comunque intrigante, e poteva fornire
ispirazione a un'opera di ben più ampio respiro, persino una saga.
Perchè lo stile, nonostante la generale trascuratezza, condita da una
evidente mancanza di editing a parte quello fatto (si spera)
dall'autore, nonostante gli alti e bassi che costellano tutto il libro,
non è privo, nei momenti migliori, di un certo lirismo evocativo, e
comunque in generale il romanzo acchiappa, si legge (grosso modo) tutto
d'un fiato.
E allora, direte voi?
Purtroppo non si può che deprecare il fatto che, per la probabile troppa
fretta di pubblicare l'opera prima, una bella manciata di autoindulgenza,
e la sostanziale indifferenza dell'editore, io mi trovi a leggere una
storia che è ben lungi dall'essere stata curata e rifinita come avrebbe
meritato. La narrazione è prolissa e con cadute di ritmo e stile in
molti punti, soprattutto quando si inseriscono delle digressioni in
stile flusso di pensieri nella narrazione in prima persona fatta dal
protagonista Frank. Probabilmente più per la mancanza di rifinitura e
rilettura, che per una scelta, spesso il racconto di Frank sembra essere
nella prospettiva di una prima persona onnisciente (anche nella parte
del romanzo in cui dovrebbe aver subito la cancellazione di determinati
ricordi). Le digressioni, che spesso scivolano in un tono eccessivamente
ironico, ammazzano la tensione narrativa. Inoltre, a fronte della
densità di eventi raccontati, il romanzo appare eccessivamente breve, in
generale si avverte che i momenti chiave della vicenda avrebbero
necessitato di una maggiore cura descrittiva. Inoltre in tutti i
personaggi è sempre presente un tono macchiettistico nelle descrizioni,
che finisce con il diventare fastidioso.
Due cose a questo punto mi sento di dire, la prima alla casa editrice,
la seconda all'autore.
Per la casa editrice, non penso di dovermi produrre in un pistolotto
morale (già fatto da altri, e molto meglio di quanto potrei fare io)
sulla qualificazione etica e morale del fenomeno dell'editoria a
pagamento e su tutte le sue implicazioni, e quindi mi limito alla
seguente considerazione: a prescindere dal chiedere o meno contributi
economici agli autori, non assistere l'autore nel lavoro di correzione
del testo, non preoccuparsi di concertare con l'autore dell'opera
miglioramenti quando siano fondamentali per la resa finale del prodotto,
non operare neppure un controllo sugli errori di battitura, palesa
l'assoluta mancanza di lungimiranza e dell'interesse a costruire sia pur
minimamente un mercato per i testi di propria pubblicazione. Il sia pur
sparuto gruppo di appassionati della letteratura di genere
inevitabilmente punisce questo tipo di politica editoriale.
A Franco Fagioli invece auguro di continuare a scrivere, e una
volta scritto leggere, rileggere, e poi riscrivere, e poi leggere
ancora, magari far leggere anche ad altri, limare, rivedere, smussare,
e, una volta che avrà fatto l'ennesimo esame di fuoco al proprio
prossimo lavoro, proporlo a un editore che sia davvero interessato alla
qualità degli scritti che pubblica, e che faccia un ulteriore esame al
suo scritto. Perchè le idee, lo stile, la capacità affabulatoria non gli
mancano, e seguendo questa strada il suo prossimo romanzo sarà privo di
tutte le magagne che non fanno andare Il Culto di Xeth, nonostante le
ottime potenzialità della sua idea, oltre la sufficienza.
Voto: 6
[Vincenzo Barone Lumaga]
Incipit
«Le faremo sapere. Arrivederci.»
Inizio a essere stufo di sentire questa frase in continuazione, sarà
forse perchè il mio subconscio la collega direttamente al fallimento dei
miei colloqui di lavoro degli ultimi tre mesi, fatto sta che mi fa
proprio incazzare sentirmela dire di nuovo!
Mentre cammino verso casa con le mani in tasca e gli occhi stretti come
le fessure per le monetine dei parchimetri, causa sole al tramonto, mi
godo il vento fresco che viene dal mare e ripenso a quella faccia di
cazzo che probabilmente ha già buttato il mio curriculum nel cestino del
suo ufficio.