di Maurizio Cometto - pagine 227 - euro 15,00 - Il Foglio
Se mi chiedessero qual è l’autore italiano di narrativa fantastica
che preferisco, risponderei: “Maurizio Cometto” così si è espresso
un maestro del calibro di Valerio Evangelisti e, ad avviso del
recensore, a buona ragione.
“L’incrinarsi di una persistenza” ovvero tredici racconti
surreali che sguazzano nel genere fantastico con qualche escursione
nell’”horror da autore”.
Voglio subito premettere che Maurizio Cometto non è un narratore,
bensì un autore a tutti gli effetti. I suoi soggetti non si limitano a
proporre una storia, ma sono dotati di quell’anima intrinseca che li
rende caratteristici e superiori alla media. Le edizioni il Foglio
dunque, grazie anche al lavoro - nell’occasione certosino (anche se è
scappato un pugno di errorini di formattazione) - di Vincenzo Spasaro,
presentano un altro volume degno di essere esposto in contesti di
prestigio.
L’antologia si apre con una delle più grandi passioni dell’autore,
ovvero il ciclismo e l’indimenticabile Marco Pantani. Il titolo del
racconto, “Maglia a pois”, anticipa fin da subito il contenuto
della storia. Ci troviamo infatti catapultati nell’ascesa del Col du
Ravin, epico gran premio della montagna del Tour de France.
Ci sono due ciclisti in fuga: il campione Chiantani e un modesto
gregario di nome Fortini. Chiantani scatta e si lascia alle spalle il
collega, involandosi verso la vittoria di tappa. Fortini, pur di
mantenere la piazza d’onore, arranca ma non demorde. Poi, avviene
qualcosa di bizzarro. Il gregario supera svariati colleghi che non
partecipano alla gara: si tratta dei fantasmi dei ciclisti deceduti sul Col du Ravin e le sorprese non saranno finite.
Questo racconto è un autentico gioiello degno della penna di un grande
scrittore. Molto malinconico, è strutturato in modo da catturare
l’attenzione del lettore dalla prima all’ultima pagina, con il grosso
merito di spiazzare in virtù di una conclusione che lascia un senso di
disagio nel lettore.
È ancora la malinconia a ergersi a protagonista della storia successiva.
Cometto mantiene il background horror dandone dimostrazione fin dal
titolo “La seconda morte”. Si tratta di un elaborato bradburyano
in cui un giovane studente fa la conoscenza di una ragazza che dice di
frequentare il suo stesso corso. La ragazza, però, ha un qualcosa di
particolare e pare vivere a bordo di un treno, pedinata da due bizzarri
individui. Siamo quindi alle prese con una sorta di “Ai confini della
realtà”, una ghost story molto particolare narrata con grande capacità e
coinvolgimento del lettore. Finale tristissimo. Se i racconti sopra
menzionati sono da considerarsi dei piccoli gioiellini, il terzo
proposto - La Tierra Blanca – è un’autentica perla
filosofica/spirituale che sfrutta atmosfere alla A.C. Doyle e alla E.A.
Poe (“Il manoscritto trovato in una bottiglia”) per poi dipanarsi in
un’analisi personale sul dopo la vita. Cometto mette in scena una nave
travolta da una tempesta oceanica e arenatasi su un’isola che ha poco
del terrestre e molto del trascendente. Notevoli alcuni momenti
onirici/visionari, con grande gusto nella scelta dei colori dipinti a
colpi di parole.
Questi tre racconti, a mio avviso, sono nettamente superiori agli altri
dieci e costituiscono un eccellente biglietto da visita che non sfigura
neppure se accostato a quello di professionisti dal nome altisonante.
Degno di particolare nota, tuttavia, è anche “L’orizzonte degli
eventi”, testo che chiude il lotto. Si tratta di un soggetto
metaforico scritto in modo avvincente dalla prima all’ultima riga,
incentrato sul tema della paura. Apprezzabile e condivisibile l’epilogo
in cui si invita l’uomo a “gettarsi” a capofitto nelle proprie paure
come medicina per poterle esorcizzare.
Tra gli altri racconti si distinguono: “L’incrinarsi di una persistenza”
(da qui il titolo dell’antologia), in cui Cometto condisce la storia di
un giovane preda di visioni, molto più reali di quanto potrebbero
sembrare, con una grande dose di malinconia e tristezza, lasciando
tuttavia trasparire l’epilogo un po’ troppo presto; “The impossible
pop rock festival”, testo apocalittico e altamente visionario che,
secondo me, soffre di qualche calo di ritmo e rischia di non essere
gradito a chi non sia un appassionato di un certo tipo di musica; “La
città”, racconto bizzarrissimo con intenti metaforici non di
prontissima soluzione, che resterà impresso nella mente del lettore per
l’originalità della storia (un nuovo abitante della città vaga senza
comprendere il senso della propria presenza in un centro urbano. Un
altro uomo, invece, trascorre le sue giornate a dipingere sul manto
stradale degli strani graffiti. Tra i due nasce una relazione dove il
primo è la cura, mentre il secondo un virus che inquina la città); e “Insonnia”,
altra escursione nel bizzarro con un personaggio che, dopo essersi
trasferito dalla campagna alla città, riscontra dei grossi problemi ad
addormentarsi. Gli verrà in soccorso, nella sua fantasia, un corposo
gruppo di pecorelle che dovrà far uscire e poi rientrare in un ovile
immaginario. Ogni volta, però, una pecorella si perde, fino a che non ne
rimarrà più nessuna. Attenzione all’epilogo inquietante.
Ho apprezzato meno gli altri elaborati, individuando però in ciascuno di
essi delle note più che positive che rendono ciascun racconto degno di
essere letto.
“La stanza dei filtri”, pur essendo costruito in modo tale da
spiazzare il lettore con un continuo gioco di ambiguità, non ha quella
marcia in più per competere con gli altri elaborati. Interessante il
lovecraftiano “Sepolto in terra straniera”, soprattutto per
l’atmosfera febbrile che trasuda da ogni pagina e per l’attualità della
tematica affrontata (terrorismo islamico), ma anche qui non siamo al
livello dei racconti che aprono l’antologia.
Ho trovato, invece, troppo lento e prolisso “Lo scaricamento della
bara” (troppi personaggi coinvolti, a mio avviso), seppure con
tocchi di gran classe soprattutto nel donare alla storia quel tocco che
è capace di donarle un’anima di fondo (eccellente il finale). Siamo,
invece, dalle parti dello sperimentale con il simpatico “Sequenza di
verdi”, mentre non ho reputato particolarmente interessante “Cami
qui sta bene”.
In definitiva “Il Foglio” offre ai suoi lettori un volume di cui andare
fieri e lancia un autore con la “A” maiuscola interessato non solo a
narrare una storia, bensì a conferire quel lustro che rende unici i
testi. Acquisto consigliatissimo.
Voto: 8,5
[Matteo Mancini]
Incipit dalla quarta di copertina
Un disco, più che un libro. Un disco rock che canta di terribili
imprese ciclistiche e fantasmi sui treni, tombe egizie torinesi e abissi
cittadini, concerti fantascientifici e incubi belanti, terre di sogno e
stanze dalle porte chiuse.
Anzi, no, non un disco: un caso. L'incrinarsi di una persistenza è un
caso letterario.
È lo strano caso del suo autore, che Valerio Evangelisti ha definito
come il miglior scrittore della nuova letteratura fantastica italiana.
È il caso di un libro uscito in sordina anni fa, scoperto e portato
avanti da un piccolo editore come Il Foglio, lontano dalle logiche di
mercato ma attento alla qualità narrativa.
È il caso di un lavoro che si trasforma e arricchisce, tanto da essere
oggi un libro nuovo di zecca, colmo di racconti mai letti prima e
affascinanti.
È il caso della narrativa fantastica italiana, vituperata e spesso
derisa, ma oggi più che mai vitale e feconda.
L'incrinarsi di una persistenza è forse l'antologia definitiva di
Maurizio Cometto, la sua opera più bella, e di sicuro un libro destinato
a far scuola e storia nel panorama della narrativa italiana senza limiti
di genere.