di Mariarita Cupersito - pagine 32 - euro 4,00 - GDS Edizioni
“Gocce di cristallo nero” è una raccolta di cinque testi horror
dalla forte impronta gotica. La giovane Mariarita Cupersito,
infatti, intesse trame che richiamano alla mente gli scenari tipici di
autori quali Frederick Benson o Sheridan Le Fanu, non disdegnando – in
taluni casi – a ricorrere a epiloghi in stile Ambrose Bierce.
Siamo quindi alle prese con un’opera che trova nell’orrore classico la
sua fonte ispiratrice, sia per quel che riguarda i soggetti trattati
che, soprattutto, per il curato stile narrativo.
La raccolta ha inizio con “Ossessione” ovvero la storia di un
amore impossibile e malato che costringe il protagonista a ridursi in
uno stato di schiavitù psicologica. Il racconto, seppur dal soggetto non
originalissimo, è gestito molto bene ed è strutturato in modo tale da
colpire il lettore con un colpo finale a effetto.
Si passa poi a uno dei migliori elaborati del lotto, cioè “In
prossimità del bosco”. Ancora una volta, viene proposta al lettore
una vicenda che prende le mosse da un amore impossibile per evolvere in
un’ossessione che sconfinerà in follia. Come il racconto di apertura
siamo dunque alle prese col binomio amore impossibile/ossessione,
tuttavia la vicenda assume toni più drammatici, abbandonando la
connotazione esoterica/fantastica che trapelava dal primo testo.
Negli altri tre racconti, invece, l’autrice traccia un profilo assai
morboso e cupo delle famiglie nobiliari di un tempo. In questi testi,
infatti, ci troviamo al cospetto di personaggi che ricorrono ad
atteggiamenti subdoli e mendaci fino a macchiarsi la coscienza con
omicidi orchestrati in modo tale da passare per eventi naturali o
riconducibili all’intercessione di entità ultraterrene. Al di là di tali
aspetti, poi, è sempre presente il terrore delle deformazioni fisiche
ereditarie che paiono perseguitare queste famiglie e incidere
negativamente sulla loro integrazione sociale. A fare da collante al
trittico di racconti è il classico castello gotico cui si accede in
sella a destrieri o a bordo di carrozze.
Scendiamo adesso nel dettaglio. Ne “La signora Horwood” un nobile
uomo pare affetto da una strana maledizione: le donne che sposa
finiscono tutte con il morire nel giro di pochi giorni. In “Lady
Catherine” un padre di sangue blu cerca di dare in sposa la figlia a
un nobile, ma il tentativo fallisce a causa di un difetto ereditario
molto particolare. Nell’ultimo racconto, “La figlia di Lord Douglas”,
una donna viene condannata a morte per aver concepito un mostro; dietro
all’evento però non c’è nessun patto diabolico, ma qualcosa di
decisamente più materiale di cui il marito non è a conoscenza.
Per quanto concerne la confezione, il libro si presenta in un formato
semplicissimo (le pagine e la copertina non sono rilegate, ma spillate)
ma sufficientemente curato, proponendo un discreto rapporto
qualità/prezzo.
In conclusione, “Gocce di cristallo nero” è un discreto prodotto per
un’autrice alle prime esperienze e che, vista l’indubbia
predisposizione, spero saprà togliersi delle soddisfazioni (letterarie)
nell’immediato futuro.
Voto: 7
[Matteo Mancini]
Incipit dal racconto "Lady Catherine"
Edward volse lo sguardo fuori dalla carrozza: in lontananza iniziava
finalmente a intravedere la tenuta dei signori Shelton.
Il viaggio si era rivelato più lungo del previsto, principalmente a
causa del continuo maltempo che aveva notevolmente rallentato l’andatura
dei cavalli.
“Un bell’inconveniente”, pensò Edward tra sé e sé: la prima impressione
è quella che conta e quel ritardo, sebbene trascendesse ogni sua
volontà, poteva mal disporre i signori Shelton e compromettere
l’immagine che avrebbero avuto di lui.
No, non era il caso di drammatizzare: tali preoccupazioni erano
certamente dovute al nervosismo di Edward in vista dell’imminente
incontro con lady Catherine, la graziosa figlia dei signori Shelton.
Estrasse nuovamente dalla tasca del soprabito il ritratto recante
l’immagine della fanciulla: lineamenti minuti e regolari, incarnato
pallido, come si addice alle ragazze di nobile rango, labbra non
eccessivamente piene, intensi occhi scuri e lunghi capelli corvini ad
incorniciare l’esile figura. Era stato indubbiamente molto fortunato.