di Gianfranco Manfredi - pagine 376 - euro 17,00 - Gargoyle
Gli ultimi vampiri rimasti al mondo ricordano e raccontano le loro vite,
disperse negli anni che vanno dalla Riforma Protestante in Moravia
passando per l’Inquisizione spagnola, e ancora la Francia del Re Sole e
quella di Napoleone, per finire nei psichedelici anni Sessanta
statunitensi.
Che la moda soffocante dei vampiri abbia sinceramente rotto i coglioni,
è ormai dato di fatto, innegabile e inequivocabile. E anche la Gargoyle
Books, fiera portabandiera tricolore dell’horror su carta, non è mai
stata esente dalla furba tendenza di questi ultimi anni (da McCammon
alla Quinn Yarbro, da Vergnani a Masterson).
La qualità mediamente alta
dei suoi libri ha permesso all’horrorifilo facilmente irritabile di
soprassedere su questa mancanza di trasparenza, ma è indiscutibile che,
ormai, proprio per la fiducia e le speranze poste nel circo degli orrori
di Paolo Di Crescenzo, servirebbe una brusca sterzata editoriale (e
l’ormai prossima "La ragazza della porta accanto", di Jack Ketchum, non
può che farmi/ci entusiasti dell’operato della casa editrice romana).
Poteva quindi esserci miglior periodo per ripubblicare un vecchio
classico di Gianfranco Manfredi? "Ultimi vampiri",
antologia uscita per la prima volta nel lontano 1987 grazie a
Feltrinelli, appare ora in un’edizione estesa, che aggiunge due nuovi
racconti ai sette originali e ben tre saggi vampirici in coda.
Bisogna dire che la lettura è decisamente ostica, perché Manfredi fa sue
le antiche coordinate temporali da cui provengono i nove vampiri
narratori, e per 2/3 dell’opera lessico e terminologia sono
spaventosamente raffinati, colti, aulici, mentre il ritmo è di una lenta
eleganza di cui poco o nulla è rimasto nella moderna narrativa.
E se da un lato si apprezza l’eccellente padronanza tecnica, dall’altro
è lavoro sudato, impegnativo, leggere con una certa continuità, quella
continuità necessaria a far sprigionare curiosità e attrattiva.
Racconti come "Limpieza" e "Il pipistrello di Versailles"
sono estremamente accurati, e presentano intrecci affascinanti,
seducenti, ma una certa patina di noia, di indigesta pesantezza, è
sempre presente, e ostacola non poco il piacere che dovrebbe scaturire
da queste lezioni di horror storico.
Avrebbe aiutato una maggior fluidità, un’intelaiatura più snella,
realizzata attraverso schemi narrativi più ferrei e stimolanti, assenti
ingiustificati a causa di passaggi a tratti troppo superficiali, che
racchiudono salti spaziali e temporali (anche semplici spostamenti, o un
normale trascorrere del tempo) in così poche parole che, data la
ricchezza complessiva, più di una volta comportano confusione e perdita
del filo logico.
Tra i due racconti nuovi, "Consunzione" è inutilmente breve e
povero, mentre "Summer of love", dall’alto delle sue cento e
passa cartelle, è un vero e proprio romanzo breve, che catapulta occhi e
mente negli anni Sessanta, dove bikers, droga, belle fanciulle e rock’n’roll
firmavano indelebilmente questo squarcio temporale.
Data la natura pulp del racconto (violenza, volgarità, parentesi
sessuali), la lettura è più immediata e coinvolgente, ma non per questo
perde quell’aura di ricercatezza lessicale che ha comunque stupito negli
altri racconti. Tuttavia, la trama è piuttosto derivativa, pallida
ricostruzione della vita di un neo-vampiro, e non offre molto di cui
l’universo vampirico abbia già rigurgitato in abbondanza.
Chiudono poi i tre saggi: piacevoli ma monolitici compendi di
informazione storica, a cavallo tra realtà e fantasia, i primi due,
abbastanza pesante e di difficile accessibilità il terzo.
Come da tradizione Gargoyle, una certa leggerezza editoriale (refusi,
"d" eufoniche, piccoli problemi di formattazione, spazi in eccesso,
punteggiatura traballante) è ben visibile nel racconto conclusivo e
nell’ultimo saggio, gli unici pezzi effettivamente inediti e quindi da
sottoporre ad attento editing, a differenza invece dei brani originali,
formalmente impeccabili.
Impossibile quindi non puntare il dito, perché, in fondo, si tratta di
semplici mancanze che una misera correzione di bozza scoverebbe in pochi
istanti.
La nuova versione di "Ultimi vampiri" è quindi un prodotto di una certa
importanza storica per l’evoluzione della narrativa horror in Italia, ed
è opera indiscutibilmente apprezzabile, quella svolta da Gargoyle, per
poter fornire a tutti un volume ormai da tempo introvabile, ma forse,
pubblicato oggi, e soffocato da questa marea di sanguisughe romantiche,
l’antologia perde quel fascino che sul finire degli anni Ottanta doveva
essere emblematico e inarrivabile.
Voto: 6
[Simone Corà]
Incipit dal racconto "I figli del fiume"
Vi parlerò del mio passato religioso. Oh, non vi preoccupate, non
provo alcuna nostalgia del Sacro. Il mio modo di credere, già prima che
divenissi quel che sono, mi aveva fruttato la scomunica. Nacqui nel 1528
in Moravia. I miei genitori erano seguaci di Carlstadt. Ecco perché mi
chiamarono Carl. Scusate, forse qualcuno tra voi non ricorda o non sa.
Mi riferisco al più misconosciuto eppure il più conseguente dei
Riformatori. Andrea Bodenstein Carlstadt era decano dell’università di
Wittenberg quando vi giunse Martin Lutero.