United we stand

di Simone Sarasso (testi), Daniele Rudoni (matite) - pagine 174 - euro 14,00 - Marsilio

2013: mentre la tensione tra USA, Corea del Nord e Cina sfocia a poco a poco in un conflitto nucleare, in Italia, dopo la salita al governo del Partito Democratico guidato da Stella Ferrari, un commando militare, l’organizzazione di estrema destra Ultor, prende comando del paese con un colpo di stato e installa, come dittatore, Andrea Sterling. Ma Stella Ferrari, ancora viva e in forze, si allea con il ladro Ettore Brivido e una resistenza improvvisata, e dichiara guerra al tiranno.

Credo che Simone Sarasso sia una delle penne più originali, fresche e innovative dei nostri giorni. Con "Confine di stato" e "Settanta" ha rielaborato la storia politica italiana più nera, trasformandola in una frizzante, originalissima epopea pulp, ricca di personaggi fuori dagli schemi e intriganti soluzioni narrative. E mentre Current tv trasmette un’insolita ma noiosa serie tv interattiva da lui scritta, "Frammenti", Marsilio pubblica la suo prima graphic novel, realizzata grazie ai disegni del noto Daniele Rudoni.
Terza ipotetica parte della Trilogia dell’Italia Sporca, ma più una parentesi, un intermezzo che un vero e proprio capitolo, a causa anche di una manciata di licenze che si prende con i suoi personaggi, "United we stand" è pura pazzia sarassiana, con golpe improvvisi, carismatici estremisti, minacce guerrigliere, flashback che scaraventano in un passato sovversivo e un nugolo di personaggi che, come tradizione, deve moltissimo al poliziottesco italiano.
Tuttavia, nonostante le appetitose basi di partenza, con questo scenario fantapolitico tremendamente intrigante (occhio agli headshot su Berlusconi e Fini!), "United we stand" si rivela invece un’inaspettata delusione, a causa di un’estrema, contorta complessità che, soffocata in 170 pagine, viene follemente alleggerita e semplificata tanto da perdere di consistenza già dopo poche pagine.
Tutto viene narrato a una velocità supersonica, una sveltezza inopportuna che cancella mordente e profondità narrativa, elimina i momenti necessariamente introspettivi, o al massimo li banalizza, e sembra togliere veri e propri pilastri, importanti, fondamentali, all’intreccio, senza contare il ruolo di rullo compressore che assume verso ogni personaggio, rigurgitando personalità piatte e incolori, e non un singolo istante di meraviglia caratteriale a cui ci aveva abituato Sarasso con i suoi precedenti romanzi.
Impossibile infatti tifare per Stella Ferrari e la resistenza nella lotta contro Ultor, quando viene dedicata una sola vignetta per spiegare la situazione dell’Italia combattente dopo il colpo di stato; o affezionarsi al carisma di Ettore Brivido (comunque tale solo per chi ha letto "Settanta" e già conosce il personaggio), qui ridotto a un pessimo vecchietto impegnato in rapidissime sequenze priva di qualsiasi grinta; o ancora riporre speranza in Giada, che fondamentalmente ricopre, nonostante la trama cerchi di dire il contrario, un ruolo inutile; o percepire tensione di fronte a una parte finale terribile, di una semplicità scioccante.
Ci sono troppe parentesi narrative, troppi flashback fulminanti, troppe divagazioni improduttive (su tutte la guerra tra USA e Cina, a conti fatti estremamente insignificante nell’economia generale dell’opera) che dovevano essere tolte, polverizzate in favore di una maggior solidità della trama principale, che potesse quindi dare più respiro a ogni personaggio e a ogni momento importante.
La difficoltà, spiegata nella postfazione, di trasformare e rimpicciolire quello che era un vero e proprio romanzo breve in una sceneggiatura è piuttosto evidente, ma la scelta di una gabbia schematica con solo tre vignette per pagina, nonostante Rudoni (molto buoni il tratto e i disegni) ne spieghi ampiamente il motivo, è errore madornale per una storia sì veloce, ma che necessitava di molte, molte, molte più pause per poter essere digerita.
"United we stand" è quindi una graphic novel superficiale e approssimativa, che non appaga né cattura, e scorre via senza il minimo sussulto. Sicuramente importante per il desolante panorama fumettistico italiano, quanto meno tra i big, perché di big qui si sta parlando, ma troppo confusionaria per raggiungere anche solo la sufficienza.
Voto: 5
[Simone Corà]