Cattive storie di provincia

di Gordiano Lupi - pagine 180 - euro 15,00 - Edizioni A. Car. srl

Uscito nel marzo del 2009, “Cattive storie di provincia” è l’ultima antologia di Gordiano Lupi, autore toscano che vanta un repertorio che va dai saggi sul cinema e sulla criminologia, ai romanzi e alle raccolte horror / noir. Per maggiori dettagli rimando alla sua biografia che potrete trovare anche sul sito dell’autore.
Potremmo dire che l’opera in questione costituisce il lato oscuro di quel “Lettere da Lontano” che Lupi pubblicò nel 1998. A quel tempo la visione che l’autore dava della vita in provincia era dolce, tranquillizzante.

A distanza di circa dieci anni, invece, emerge la componente nera, malata, quella di cui spesso ci si dimentica, con l’illusione di esorcizzare orrori che, in realtà, maturano dietro l’angolo di casa. Ne deriva una raccolta nerissima che oscilla tra il noir e l’horror, ma che ha come elemento di congiunzione le ambientazioni (a parte "Villa dei Lamenti", ambientata nel Nord Italia, tutte le storie si svolgono in Toscana e più specificatamente nelle aree limitrofe a Piombino) e soprattutto un background molto malinconico che rimanda di continuo a un passato visto con un pizzico nostalgia. Questa impressione si respira fin dalla curiosa prefazione, scritta - così come riportato dall’autore - “in forma di racconto”.
Da un punto di vista formale, la confezione, curata dalle Edizioni A. Car. srl, è pressoché perfetta; non si riscontrano refusi e il prodotto finale non ha nulla da invidiare a quello garantito dalle grandi case editrici.
A livello sostanziale, come anticipato, abbiamo tredici racconti scritti in un arco temporale di circa dieci anni (diversi sono già stati pubblicati) e assai eterogenei sia come soggetti che per metodologia di narrazione. La cosa che più ho apprezzato, e che appare palese a chi ha l’occhio un po’ smaliziato, è costituita dallo sforzo di optare per strutture il più variegate possibile. Infatti, se lo stile resta sempre semplice e scorrevole, i racconti si differenziano l’uno dall’altro per la struttura con cui sono stati messi nero su bianco. Abbiamo, infatti, testi scritti in stile biografico, alla maniera di Carlo Lucarelli, per intenderci, (“Un ragazzo di nome Simone”), altri con continui flashback (“Il palazzo”), altri ancora con spiccato gusto pulp (“Oltre ogni limite”) e via dicendo.
Ne discende un collage in cui Lupi pesca da leggende metropolitane (“La casa scomparsa nel bosco”), cronaca nera (“Un ragazzo di nome Simone”, “Il palazzo”, “Oltre ogni limite”), omaggi cinematografici (“Il supermercato”) e da storie che paiono riaffiorare dall’adolescenza dell’autore (“La ragazza dal vestito rosso”), il tutto mischiato dalla fantasia che è propria del mestiere dello scrittore.
Ma di cosa parlano questi racconti?
Beh, passiamo subito a un’analisi più dettagliata dell’antologia.
L’opera prende le mosse con il racconto più “famoso” del lotto, ovvero quel “Il Palazzo” che assicurò un premio in denaro particolarmente cospicuo a Lupi. Si tratta di un testo che potremmo definire sociologico, in cui vengono presentati, capitolo per capitolo, tutti i componenti di un condominio, tipi terribilmente comuni. Qualcosa disturba la loro monotonia giornaliera: è un grido, improvviso, proveniente dal portone d’ingresso dello stabile. Cosa si cela dietro quel grido? Su questa domanda ruota l’intero testo fino al beffardissimo finale.
Nonostante si tratti di un testo considerato da molti come il racconto di punta dell’antologia, ritengo - nel mio piccolo - che sia penalizzato da un’eccessiva caratterizzazione dei personaggi che rende probabilmente troppo noiosa la narrazione. Il finale attenua solo in parte questa impressione.
Lupi insiste con l’analisi sociologica pure con il più riuscito “La spiaggia”. In questa storia, assistiamo allo studio effettuato da uno scrittore noir che, sdraiato sotto il sole cocente della spiaggia di Salivoli, assiste ai vari colloqui e agli atteggiamenti di coloro che sono con lui sulla spiaggia. Lo scrittore è a caccia di idee e di personaggi per il suo prossimo lavoro narrativo e fantastica su omicidi e disgrazie. Anche in questo caso l’azione non è privilegiata rispetto alle caratterizzazioni, tuttavia devo dire che lo stile ironico e colorato rende spassosa la narrazione. In modo particolare, Lupi, con un narrazione in prima persona e con un’appropriata coniugazione verbale al presente, è assai abile a catapultare il lettore sulla spiaggia. Notevole, soprattutto a livello metaforico, l’ultimo capitolo impregnato di una forte dose di pessimismo e soprattutto esemplificativo dell’atroce verità in virtù della quale si dice che “la realtà superi sempre la fantasia”. Senz’altro un racconto da leggere.
Sempre a Salivoli è ambientato “Notte di sangue”, opera incentrata sull’amore malato tra un giornalista assassino e una donna così innamorata da tollerare le follie del proprio uomo. Probabilmente si tratta di uno dei racconti meno riusciti, in quanto giocato esclusivamente sulla componente drammatica (forse sarebbe stato preferibile un taglio giallo) e con alcuni passaggi poco verosimili (assassino che uccide con una pistola comprata in armeria e non viene neppure sospettato). Il movente del killer, poi, è troppo abbozzato e, a mio avviso, mal si concilia con la professione lavorativa svolta (sarebbe stato più congeniale a uno schizofrenico, piuttosto che a uno psicopatico). Interessante il finale.
L’amore malato torna protagonista in “Oltre ogni limite”, racconto memorabile per la sua estremità e per il coraggio di eccedere oltre ogni limite (è proprio il caso di dire). Lupi mescola cronaca locale con gli atroci delitti di Armin Meiwes e con descrizioni di espliciti rapporti sessuali. Lessico sporco che non disdice di scendere nel volgare, ma che, al contempo, si mantiene sempre su livelli narrativi di primo ordine (belle le descrizioni con cui si aprono i vari capitoli). Viene proposto un campionario fatto di feticismo, sadomasochismo, splatter e perversioni varie tra le quali si segnala il rapporto incestuoso che costituisce l’elemento centrale dell’opera. Personalmente, avrei gradito un epilogo scollegato ai fatti di cronaca, ma resta comunque un buonissimo esempio di racconto pulp.
L’erotismo malato (più indirettamente, tuttavia) ritorna anche in “Pellicole di terrore”. Qua ci imbattiamo in un regista di seconda fascia costretto a girare film porno destinati al mercato della pedofilia. L’opera ha la tipica struttura del noir, con inizio e fine che si ricollegano tra loro e sono intervallate da un lungo flashback in cui vengono descritti gli eventi che hanno portato a quella conclusione. Forse, manca un po’ di pepe.
Ancora temi attuali vengono evidenziati in “Un ragazzo di nome Simone”. Si tratta di una storia, ispirata da un fatto di cronaca verificatosi in quel di Piombino, che ben sviluppa la piaga del male di vivere da cui, troppo spesso, vengono colpite persone depositarie di un complesso esplosivo di paure e insicurezze che sfuggono anche agli occhi di amici e parenti.
Il racconto è scritto in stile biografico, con una cura certosina dei dettagli e di tutti quegli elementi scatenanti che condurranno al folle gesto finale. Senz’altro tra i migliori elaborati del lotto.
Come abbiamo detto, però, l’antologia non è solo noir. Infatti, abbiamo una forte rappresentanza di opere horror. Potremmo anche dire che ben sette racconti sono ascrivibili a questo genere. Tra i più affascinanti, citerei “La scala dei ricordi”, sia per le atmosfere gotiche da racconto di fine ‘800 sia per gli elementi metaforici, costituiti dalle bizzarre metamorfosi a cui vanno incontro coloro che, all’interno della casa in cui trova riparo il protagonista, percorrono la misteriosa scala che vi si trova. Sicuramente un ottimo esempio di narrativa fantastica.
Più convenzionali le altre sei opere, tra le quali segnalo, per la loro capacità di generare tensione, “La casa scomparsa nel bosco” (sorta di “The Blair witch project” nostrana) e “La villa dei lamenti” (penalizzata da una prima parte un po’ troppo lenta).
Un horror che verte sul romantico, invece, è la ghost story “La ragazza dal vestito rosso”, in cui viene narrata la vicenda di un amore praticamente impossibile e mai, di fatto, sbocciato definitivamente.
Punta invece sul classico kinghiano “Il supermercato”, con una serie di omicidi che si susseguano all’interno di un supermercato maledetto. Nell’occasione Lupi si diverte a citare b-movie classici quali “La macchina nera” (sorriso di un essere diabolico che si staglia nel cielo).
Meno riusciti sono “Per sempre insieme” (a metà strada tra la ghost story e il delirio psicologico di una donna che non accetta la morte del marito) e “La chiesa maledetta”, il cui difetto maggiore è quello di seguire la via del resoconto dei fatti piuttosto che la narrazione dei medesimi.
Nel complesso un’antologia che rende il suo meglio nella parte noir, con gioiellini neri quali “La spiaggia”, “Un ragazzo di nome Simone” e “Oltre ogni limite”. Di spessore anche “La scala dei ricordi”. In definitiva una lettura piacevole con vette che vanno oltre il mero intrattenimento.
Voto: 7
[Matteo Mancini]

Incipit (dall’introduzione)
La nostra città. Che poi chiamarla città è un po’ eccessivo, se si vuole. Cittadina sa di ricordi della scuola elementare. Paese è un po’ riduttivo. Insomma questa città è uno di quei posti di provincia dove le giornate hanno tutte lo stesso sapore e il passare del tempo non lascia traccia. Però vivere in provincia non è che mi sia mai dispiaciuto e sono io che l’ho scelto.
Subito dopo laureato mi avrebbe assunto una grande azienda del Nord. Rifiutai, spaventato dall’idea di dovermi trasferire a Milano.