L'occhio strabico del Diavolo

di Giovannino Serra, Mario Vacca - pagine 175 - euro 15,00 - Edizioni TuttiAutori

Capita a volte, che tra i romanzi in uscita dall'underground letterario di genere vi sia qualche lavoro trasversale e poco catalogabile. Qualcosa che non ha molta voglia di prendersi sul serio e che, se può, rifà il verso a qualche cliché.
L'occhio strabico del diavolo” di Giovannino Serra e Mario Vacca, è proprio uno di questi romanzi, che pur mostrandosi come un classico thriller che parla di serial killer segue soprattutto altre vie.

Ci sono frammenti di noir, di pulp, hard boiled, poliziesco... ma la deriva principale è quella del comico e grottesco, con vicende surreali e un'ambientazione davvero originale.
Certamente, a fare da contraltare a questo diverso approccio al trhilling, ci sono dei difetti, più o meno marcati, che soprattutto nella parte iniziale lasciano intravedere delle ingenuità. Quel che alla fine in ogni caso rimane, è la capacità dei due autori, e di riflesso dei due loro alter ego protagonisti, Serrano e Vaquero, di lasciarsi ricordare nella testa del lettore, anche se non sempre per le nobili gesta o i comportamenti eroici.
Fra le note positive, quindi, ci sono le idee.
Innanzitutto quella di ambientare la vicenda in una New York stereotipata, ma che poi si rivela essere la Sardegna. Ecco che allora i protagonisti divorano cibi sardi, bevono vini sardi, se la intendono con i muli e ascoltano canzoni che tutto hanno, tranne che qualcosa di newyorchese, a partire dalla prima pagina con la hit Accrannazzando!
Per non parlare, poi, dei nomi dei personaggi e dei luoghi: un coacervo di richiami e citazioni dall'identità linguistica e territoriale ben precisa, che offre, via via, uno spaccato delle specificità isolane che guarda sia ai costumi tipici, sia agli stereotipi più conosciuti (ne sono un esempio gli asini Adolfo e Beppino, personaggi di punta della prima parte del libro). Insomma, un'idea che è, in generale, da premiare.
Per contro, però, va rilevato che a volte il riferimento a parole, concetti e oggetti ben conosciuti in Sardegna porta a dare per scontate alcune conoscenze che, invece, potrebbero non esserlo. In quei momenti il lettore può, a seconda dei casi, trovarsi in difficoltà, dovendo immaginare qualcosa che non sa, oppure smarrire una risata che, con le dovute conoscenze, si sarebbe sicuramente fatto.
Certo non è un problema reale, perché intuire queste nozioni fa parte del gioco, ma a tratti era forse auspicabile un dosaggio più diluito degli interventi sardo.
In ogni caso, qualunque sia il livello di specificità regionale adottato, vi è una notevole capacità dei due autori nel prendersi in giro e il prendere in giro. I personaggi sono tutte caricature: mangiano tantissimo, bevono tantissimo, vanno di corpo in maniera fenomenale e con pari livello di flatulenze e rutti. Anche gli stessi nomi sono citazioni o comunque richiami allo stereotipo, e a volte sono sufficienti a strappare il riso. Basti pensare, per fare qualche esempio, all'agente segreto russo Tapponenko, piuttosto che al commissario pelato Calvados o alla tribù selvaggia dei Kulaton.
Certo, anche questo gusto per la “caricatura” ha il suo lato negativo, ma non dovuto al suo eccesso, quanto a una certa ripetitività degli aspetti, che a tratti non permettono di definire in modo nitido i personaggi.
Peculiarità come il mangiare in modo gargantuesco e produrre escrementi di conseguenza è un qualcosa che interessa troppi personaggi, per poterne far spiccare uno.
Venendo alla trama, e cercando di riassumerla in sintesi, siamo di fronte al classico serial killer imprendibile che lascia la polizia a brancolare nel buio. Unici due in grado di catturarlo sono due agenti segreti, Serrano e Vaquero appunto, che però paiono più dediti al cibo e alle bevande, che al caso da risolvere.
Ovviamente, pur essendoci delle imperfezioni e dei fili che rimangono slegati, si riesce a venirne a capo, e benché il tutto sia piuttosto prevedibile, va detto che quel che conta non pare essere tanto il cosa succede, ma il come succede.
Ultimo aspetto che non può essere ignorato, purtroppo, sono alcune piccole ingenuità letterarie. Qualche "d" eufonica di troppo, qualche incoerenza nello svolgimento dei fatti, qualche frase ridondante, qualche errore bello e buono. Certo, in un libro di questo tipo, permeato di non-sense, è difficile riuscire a capire se gli autori hanno scritto sciampo al posto di shampoo volutamente o meno, o se “caca” ha perso con intenzionalità una “c”. Si può solo dire che alcune imperfezioni potevano forse essere evitate, specificando però che tendono a diminuire man mano che si prosegue nella lettura. Tutto ciò lascia supporre che, una volta migliorato lo stile ed eliminata la tara di queste imperfezioni, si può davvero ben sperare per il prossimo lavoro.
Voto: 6
[Gelostellato]

Incipit
Quel lunedì mattina, di una rigida giornata di gennaio, non si presentava sotto un buon auspicio per l'ispettore capo della polizia di New York. Non era solito andare in escandescenze e rare volte perdeva la calma. Le urla, oltre a violentare impietosamente il personale, trapassavano le pareti e negli uffici vicini se la spassavano ridendo a crepapelle. Era incazzato nero più della pelle di Aurelios, il vice commissario. Non si poteva dire che Calvados avesse un diavolo per capello essendo pelato come una buccia d'uovo, ma lo compensava un'abbondante peluria in tutto il corpo che superava quella dei gorilla del Borneo. L'ispettore originario di Santo Domingo, non risparmiava nessuno. Di contrasto, in sottofondo, echeggiavano le note di Accrannazzando, una canzone del famoso cantante a battorinas John Loik.
«Branco di incapaci, scansafatiche - urlava - massa di rincoglioniti!»
In fondo non aveva tutti i torti, da qualche tempo si stavano verificando degli omicidi a catena. Le vittime venivano trovate legate e violentate prima di essere uccise. Alcune recavano orrendi supplizi a fuoco e con armi da taglio.
"Prendimi, prendimi, sturami ora, bevimi bevimi, ora o mai più... " L'unico del personale che non poteva sentire la musica e gli improperi di Hugo Calvados era Claudine che alla cuffia collegata al computer ascoltava le ultime novità sui vibratori, le fruste elettriche e i derivati.
Calvados rimpiangeva di aver accordato le ferie a due dei suoi migliori agenti: John Serrano e Mario Vaquero.