di Paola Barbato - pagine 322 - euro 8,60 - Rizzoli
Un misterioso assassino semina il terrore in città. Furbo, imprevedibile e freddo, ama comporre la scena del delitto come un vero e proprio teatro dell'orrore. Gli dà la caccia la dottoressa Giuditta Licari, anatomopatologa e psichiatra, anche lei fredda e calcolatrice, giudicata la persona ideale per entrare nella mente dell'assassino. Tra i due ha quindi inizio una partita a scacchi dalle regole molto semplici: una mossa sbagliata equivale a rischiare la vita.
Romanzo d'esordio di Paola Barbato, sceneggiatrice di Dylan Dog. Opera che si
lascia leggere senza difficoltà e risulta essere l'esempio di come si possa scrivere un
buon romanzo partendo da un'idea abusata. Perché bisogna dirlo subito, la trama di Bilico non verrà certo ricordata per l'originalità: vi è un assassino che semina il terrore e
lancia il suo guanto di sfida alla polizia e una donna, la dottoressa Licari, che lo
raccoglie e si prodiga per prevenire i delitti e per assicurare alla giustizia il mostro.
La Barbato non è una maestra nel creare intrecci narrativi e se si legge con attenzione
è possibile intuire l'identità del serial killer già nella parte iniziale del libro, ma
qui si manifesta l'abilità della scrittrice e il pregio principale dell'opera: assistiamo
a un cambio di prospettiva, la storia ci viene descritta non più attraverso gli occhi
della poliziotta, ci viene rivelato il nome dell'assassino e la domanda principale che
accompagna il lettore fino alla fine diventa: quel bastardo pagherà per i suoi crimini o
riuscirà a farla franca?
I personaggi principali, soprattutto la dottoressa Licari, sono ben delineati e credibili.
Il lessico è molto semplice e la lettura piacevole, si riesce ad arrivare alla fine senza
troppi problemi. Tuttavia Bilico, proprio in virtù di una trama troppo scontata, non è
riuscito a fare breccia in me e mi sento di consigliarlo solo agli amanti del genere noir
o a chi cerca una lettura senza troppi coinvolgimenti sotto l'ombrellone estivo.
Voto: 6
[Nanny Ranz]
Incipit
Il primo molare era stato tranciato alla base. Il premolare accanto, invece, nel
momento dello scatto della pinza aveva ceduto, fuoriuscendo dalla gengiva con tutta la
radice, e ora penzolava verso l'esterno, appoggiato alle labbra. Gli incisivi erano stati
un gioco da ragazzi, si erano allegramente dimezzati, riducendosi a patetici monconi che
si affacciavano dalla loro tana di carne. Giuditta scattò una foto.