di Joe R. Lansdale - pagine 213 - euro 9,90 - Fanucci
Jebediah Mercer, un reverendo armato di una calibro .36, dedito al whisky e persecutore
dei peccatori, arriva alla nuova tappa del suo sermone itinerante: Mud Creek. Ma presenze
infernali e storie sepolte dallodio e dallorrore riaffiorano a poco a poco, e
toccherà a lui rimettere a posto la situazione a suon di revolverate e personali inni al
Signore.
Che Einaudi e soprattutto Fanucci si stiano infliggendo morsi alla giugulare pur di
accaparrarsi le apparentemente infinite opere di Joe Lansdale, ormai è storia di
tutti di giorni. Siamo arrivati a un punto tale che sembra non passare mese senza che
venga pubblicato qualcosa (inediti, riedizioni, ristampe, ripescaggi) dello scrittore
texano.
Facendo quattro conti, da dodici mesi a questa parte sono stati dati alle stampe
"Il valzer dellorrore", "La ragazza dal cuore dacciaio",
"Il carro magico", "La notte del drive-in 3, il presente "La morte
ci sfida", il nuovissimo "Fuoco nella polvere", senza contare la
ristampa del fuori catalogo "Mucho mojo", il raccconto "Deadmans
Road" presente in M - Rivista del Mistero, e chissà che altro mi sono dimenticato di
segnalare.
Troppo, si potrebbe dire. Anche per uno come il sottoscritto, che non perde certo tempo a
tenersi al passo (allappello manca solo "Il carro magico", a causa di un
rapporto pagine/prezzo davvero eccessivo).
Troppo, certo, perché ben conosciamo la parabola discendente in cui è incappato Lansdale
di recente, e un tale numero di uscite, anche se non tutte in ordine cronologico, fa
sorgere ben più di un dubbio sui suoi standard di lavoro.
Ma di fronte a "La morte ci sfida", il problema potrebbe estendersi a qualcosa
in cui lo scrittore texano centra relativamente: la traduzione, che di
questultimi tempi tende a essere fin troppo facilona e superficiale. "Echi
perduti", al di là delleffettiva pochezza, aveva sofferto della stessa
malattia, così come "In fondo alla palude" poco prima, oppure il volume che
abbiamo qui in esame.
Lungi da me lanciare critiche senza possedere controprove dello scritto originale per
provare certe affermazioni, ma viene difficile non trarre simili conclusioni quando
"La morte ci sfida" presenta momenti di disgustosa confusione lessicale e
strutturale. Certo, lanno di nascita è il 1986, e ventidue anni sul groppone
possono sentirsi tutti, eppure il sospetto rimane.
Ma smettiamola di cianciare.
"La morte ci sfida" è veloce. Dannatamente veloce. Di una velocità tale che
quasi non ci si accorge di leggere. Coadiuvati da parole con caratteri enormi e da
unimpaginazione assassina in cui sono più grandi gli spazi bianchi che la parte
inchiostrata, a divorare duecento pagine potrebbe bastare unoretta. Ma questo è un
pregio fino a un certo punto.
La velocità, infatti, porta con sé un bel temporale di difetti. Prima di tutto non si
riesce MAI a provare un minimo di simpatia per alcun personaggio. Jebediah è divertente e
spaccone, David è un rompiballe e Abby è bellissima, ma le descrizioni scorrono come
auto sullautostrada, e una certa freddezza che permea lintera storia impedisce
di affezionarsi loro.
La stessa trama, per quanto risulti affascinante nella sua ambientazione zombi-western,
stenta a decollare a causa di una rozzezza di contenuti (non quel tipo di rozzezza tanto
cara a Lansdale e a me medesimo, bensì spigolosità narrative e un bel po di
ruggine), che rendono oltremodo confusa e irritante la prima parte, e saltuariamente
farriginosa la seconda.
E allora qui trovo benzina per alimentare il mio fuoco rivolto alla probabile traduzione
effettuata a tempo di record pur di rispettare un ritmo di 5437850987 pubblicazioni
lansdaleiane al mese. Perché, spesso e volentieri, seguire i contorti ragionamenti che
spiegano la genesi del male a Mud Creek porta a slogature di occhi e lussazioni di retine.
Più di una volta ci si imbatte in interi paragrafi di niente assoluto, in cui ci sono
parole che sembrano battute a caso. Nessun problema a contenere la collera, okay, ma molte
altre imperfezioni (una certa superficialità di fondo, ripetizioni e compagnia bella) non
mi fanno di certo provare amore incondizionato per il signor Maurizio Nati.
Daltra parte, come si diceva qualche riga sopra, l86 è davvero molto lontano,
e perdonare allo scrittore texano molte ingenuità mi sembra dobbligo. In fondo qui
si possono intravedere pregi e prelibatezze che sbocceranno pienamente soltanto in futuro,
come critica razziale, umorismo, schiettezza e volgarità. Ma i dubbi permangono, e
linsoddisfazione pure.
Piano.
Rileggo tutto e pare che "La morte ci sfida" sia immondizia. No, assolutamente.
E sarebbe ingiusto anche solo pensarlo. La sfilza di lamentele deriva dalla passione che
chi scrive prova per Lansdale e dal triste sfruttamento commerciale che malefiche case
editrici stanno perpetrando ai suoi danni. Solo questo. Perché a voler essere obiettivi,
il libruncolo in questione è tuttaltro che un brutto romanzo. È divertente, è
horror, cè ritmo e si viene schizzati di sangue e cervella dalla prima
allultima pagina.
Ma per chi ha anche solo assaporato lumorismo dissacrante di un qualsiasi Hap &
Leonard, la fantasia delirante dei primi due Drive-in, o il noir fresco e originale de
"Il lato oscuro dellanima" e soprattutto dello splendido "Tramonto e
polvere", addentrarsi nelle strade polverose di "La morte ci sfida" non
porterà che lacrime e paranoie.
Voto: 6
[Simone Corà]
Incipit
Notte. La pista della diligenza, stretta e costeggiata da alberi, piega sulla
sinistra aggirando un gruppetto di pini neri. In cielo la luna, occasionalmente velata da
nuvole vorticanti. Una voce in lontananza pian piano diventa percepibile.
«Fottutissime, pusillanimi, inutili, orecchiute, brutte imitazioni di muli. Muovetevi,
testardi figli di puttana.»