Cratere e caverna

di Clifford D. Simak e Poul Anderson - pagine 142 - Urania

Antologia formata da due racconti lunghi del biennio 1969/70, più un terzo firmato da Irwin Ross. Apre le danze un maestro sci-fi come Clifford D. Simak il quale con “The thing in the stone” - tradotto con il più generico “Caverna nel Wisconsin” - propone un soggetto, fantastico al 100%, che ricorda famose opere di W.H. Hodgson e del primo James Ballard.
In breve la trama. Un uomo, a seguito di un incidente stradale da cui ha subito impercettibili lesioni al cervello, acquista bizzarri poteri paranormali che non riesce a controllare (Stephen King baserà su questa trovata il suo successivo “La zona morta”).

Durante la giornata, infatti, si trova improvvisamente catapultato in epoche remote, regredendo di milioni di anni. Viene proiettato nell’era della glaciazione, poi in quella dei dinosauri, infine giunge agli albori della Terra. Riesce anche a captare degli strani messaggi provenienti dallo spazio più profondo che lo portano a rinvenire, all’interno di una caverna, uno strano essere sepolto sotto uno strato roccioso. Si tratta di una creatura immortale esiliata sulla Terra, molto prima dell’avvento dei dinosauri, per decisione di esseri superiori discesi a bordo di astronavi dalle forme mutevoli. A vigilare sull’essere vi è una sfera intelligente fluttuante. Sarà proprio quest’ultima a mostrarsi all’uomo nel momento in cui questo offrirà il suo aiuto all’essere misterioso.
Come si può intuire dalla trama, ci troviamo alle prese con un elaborato metaforico che snocciola contenuti religiosi criptici. Sembra di assistere alla cacciata dell’uomo dal Paradiso: l’essere sepolto nella roccia è stato espulso dal suo mondo per le sue malefatte, ma nonostante questo continua a essere amato dai suoi superiori (la sfera lo considera una pecorella smarrita). Simak regala alcuni passaggi assai interessanti e onirici, ma non lo fa con continuità. Vi sono, difatti, parti lente e altre superflue. Lo stile è semplice (a differenza dei due autori sopracitati), il finale resta aperto.
Dopo un racconto fantastico si passa alla sci-fi pura, almeno in apparenza, con “Cratere su Wayland” (ovvero “The white king’s war”) di un altro maestro del genere quale è Poul Anderson. Ho detto in apparenza, perché anche qui si ha a che fare con atmosfere prettamente fantastiche condite da tinte horror. Un pilota di battelli spaziali viene ingaggiato da un imprenditore per dirottare la sua nave su un pianeta abbandonato che si trova in una porzione di spazio non controllata dall’uomo. L’imprenditore è entrato in possesso di documenti secondo i quali nel pianeta in questione vi sarebbero ingenti quantità di metalli preziosi. I minerali sarebbero scavati e raffinati da robot, diretti da un elaboratore centrale installato - svariati anni prima - da una società poi fallita. L’aviatore accetta l’incarico e una volta sceso sul pianeta misterioso (in compagnia di una donna) verificherà che quanto sperato dal suo datore di lavoro corrisponde a realtà. C’è solo un imprevisto: l’elaboratore centrale, per evitare di restare inattivo, ha organizzato una serie di giochi nell’ambito dei quali le macchine si scontrano tra loro. I nuovi arrivati, dunque, scambiati per macchine evolute, finiscono per essere attaccate dai robot dalle più disparate forme.
Ci troviamo al cospetto di un’opera che ricorda le tematiche di P.K. Dick, ma che le miscela con un certo gusto per le descrizioni oniriche (nebbie gassose, stelle che si eclissano, piogge di neve, robot dalle forme mostruose). Gustosissima tutta la parte con i due protagonisti che penetrano in una sorta di scacchiera, con tanto di pedine pronte a eliminarli. Senz’altro il pezzo migliore dell’antologia.
Chiude la raccolta un racconto breve di Irwin Ross, autore sconosciuto che conta solo questa pubblicazione in Italia. Si tratta di una storia piuttosto convenzionale - intitolata “Le conclusioni del colonnello Ward” - ambientata in una base militare, messa sotto assedio da dei batteri alieni pensanti fuoriusciti da una capsula piovuta dal cielo. È un’opera che ruota attorno al terrore di una guerra batteriologica, evidenziando l’inutilità di armi e apparecchiature di fronte a un nemico tanto invisibile quanto letale. Il testo è scorrevole anche se prevedibile.
Nel complesso, comunque, si tratta di un libro che vale l’acquisto, specie per gli amanti del fantastico (piuttosto che per quelli della sci-fi).
Voto: 6
[Matteo Mancini]

Incipit
In questo dittico di romanzi brevi che accomuna le firme prestigiose di Poul Anderson e Clifford D. Simak, futuro e preistoria convergono. La missione del tenente Flandry si svolge nel lontano futuro, e la sua penultima tappa è il cratere di una luna remota; nella storia del veggente del Wisconsin s'aggirano dinosauri, e l'altro abita in una caverna della Terra.
Ma la convergenza si opera sotto il segno di questa definizione che lo stesso Anderson ha dato, una volta per tutte, della FS: Fantascienza è visione e poesia del remoto, a qualsiasi tempo o spazio o dimensione questo remoto appartenga.