Pan

di Francesco Dimitri - pagine 461 - euro 19,00 - Marsilio

Nelle notti romane ci sono bambini che sognano, e che nel sogno, ogni volta, ripetono il viaggio verso una grande isola che non c'è. Nelle notti romane ci sono ville borghesi illuminate dalla luna piena, e dai loro giardini spesso s'innalzano, non visti, mastodontici galeoni pirata. Nelle notti più fredde di una Roma moderna, pulsante, segreta, qualcuno ormai comincia ad avvertirlo: uno spirito folle sta bussando alla porta, uno spirito anarchico e sensuale, passionale e libertino, pronto a tornare per rapirci. Qualcuno lo vuol chiamare Peter; un tempo era noto come Pan (dalla seconda di copertina).

Pan” si fa leggere in tempo da record. Quest'affermazione da sola basterebbe per sottolineare il valore del romanzo in questione.
Molto spesso si parla della piattezza assoluta del fantasy italiano, talmente fedele a certi stereotipi che risulta davvero indifendibile. Assistiamo a un'invasione di romanzi fantasy-fantastici che, per assurdo, difettano proprio di “fantasia”. Oramai le trame le conosciamo prima di leggerle: l'eroe adolescente un po' goffo ma dal grande potenziale, il regno caduto nelle mani del Signore delle Tenebre, l'artefatto da ritrovare per la vittoria del Bene sul Male.
Esiste però un fantasy più maturo e, guarda un po', anche più divertente: peccato che da noi fatichi ad arrivare. Vi basta un nome? Neil Gaiman.
Bene, ora abbiamo anche noi il nostro Gaiman. Con le dovute distinzioni si capisce. Perchè Dimitri è Dimitri, e basta.
Il suo “fantasy” è moderno, urbano, ambientato nella Roma dei giorni nostri, con tanti riferimenti alla realtà (Porta a Porta, Enrico Mentana, i cartoni animati giapponesi, la Melevisione...). Ma l'elemento fantastico cresce di pagina in pagina, avvolgendo tutto, propagandosi ovunque.
Unico requisito indispensabile: avere la voglia di credere all'Incanto e al Sogno.
Francesco Dimitri sa quello che scrive, vale a dire che è un autore documentato, esperto, molto capace. Non si rifugia semplicemente dietro a uno stile moderno e accattivante, bensì sfoggia la sua “cultura esoterica” senza mai dare l'impressione di lodarsi troppo.
Il fantasy (continuiamo a chiamarlo così?) di Dimitri parla di antiche divinità, scomparse con l'arrivo del mondo moderno, ma mai dimenticate, bensì in attesa di fare il loro ritorno nella Carne, vale a dire la dimensione (“l'aspetto”) di noi miseri mortali.
In un mondo grigio che ha smesso di credere alla magia, che si rifiuta di credere al Sogno (inteso in tutti i suoi molteplici significati), esistono ancora persone che custodiscono in sé la capacità di vedere oltre il velo della cosiddetta normalità. Saranno loro, i tre fratelli Cavaterra, figli di un uomo che un tempo celebrava ancora i riti alle antiche Potenze, a doversi confrontare con ciò che sta accadendo proprio a Roma: lo scontro tra due divinità.
Peter Pan e Uncino, così come lo scrittore scozzese Barrie li ha chiamati nel suo famoso romanzo. Ma in realtà dietro questa favola si celano Pan, il Dio-satiro su cui i cristiani hanno “disegnato” il Satana cornuto noto a tutti, e Greyface, il Dio che rappresenta la continuità esistenziale più piatta e beota, contraria a ogni tipo di “caos creativo”, e tutto ciò che da esso deriva, sia nel bene che nel male.
Proprio i fratelli Cavaterra, Giovanni, Angela e Michele, si troveranno obbligati a schierarsi in questa battaglia, dapprima occulta, e poi sempre più manifesta all'intera città di Roma.
“Pan” ha tutti quei requisiti che ne fanno un ottimo romanzo di genere: stile, ritmo, credibilità, personaggi vivi e tridimensionali, colpi di scena.
Una nota merita approfondimento: la credibilità. Pare assurdo usare questa parola nel recensire un romanzo fantasy. Invece non è così. È facile inventarsi la trama più assurda, dando tutto per scontato, evitando ogni spiegazione, per quanto bizzarra. Pensateci: in molti libri di questo genere, i maghi fanno incantesimi (spesso risolutivi e utilizzati a mo' di Deus ex Machina nei momenti meno opportuni) senza che si capisca come funzionano, perchè agiscono in quel modo, da quali leggi naturali sono regolamentati.
Ebbene, questo non è il caso di “Pan”. L'autore cerca infatti di giustificare, di spiegare ogni “invenzione” fantastica, che si tratti di un satiro che passeggia per le strade di Roma, di un giovane sciamano metropolitano in grado di parlare con lo spirito dell'Asfalto, o di una fata che insegna a volare attraverso un rito sessuale descritto con grande potere erotico.
Non è tutto. Volete anche i contenuti? Una lettura seria in quello che è un romanzo di genere? Sarete accontentati. Dimitri infatti calca la mano accusando, attraverso i suoi personaggi, una società imbruttita, incapace di vedere la “magia”, in quanto imprigionata da dogmi morali imposti da una strettissima minoranza di potenti. In tal modo, reprimendo ogni capacità di sognare, di credere al fantastico e di comportarsi come uomini liberi, ciascuno di noi si autocondanna a una vita grigia, fatta di arrabbiature, stenti e svaghi idioti. Se non bastasse, Dimitri ci infila anche una bella e chiara accusa contro un certo tipo di editoria italiana, che tende a valorizzare solo misere storielle d'amore scritte coi piedi, reprimendo invece la creatività, il fantastico, perchè sciocco, e quindi inutile, se non dannoso. Certo, si tratta solo di qualche paragrafo qua e là, ma la denuncia c'è, eccome!
Insomma, se volete un romanzo in grado di farvi rivalutare tutto il male che pensate sugli autori fantasy italiani, “Pan” fa al caso vostro!
Voto: 8
[Alessandro Girola]

Incipit
Nella notte di Roma i bambini dormono e sognano. Sognano di cose che esistono, di cose che non sono e mai saranno, e di altre, la cui natura è più ambigua. Sognano di guerre, di attori, di amore, di mostri orribili e dei modi in cui è possibile ucciderli. Simile a un fantasma adesso voglio portarti attraverso porte e pareti, facendoti entrare di soppiatto in una casa di periferia, nella zona di Tor Bella Monaca: accucciato in una coperta piena di buchi, il piccolo Timoteo, che ha più capelli che ciccia, visita un mondo fatto di foreste e villaggi. La sua famiglia è stata sterminata da qualcosa, lo stesso qualcosa che ora lo insegue, passo dopo passo, senza fretta, tanto sa che presto lo raggiungerà. Timoteo nel mondo del sogno corre e in quello della carne si agita, perchè anche lui sa una cosa, sa che esiste un posto sicuro in cui un eroe lo proteggerà. Ci arriverà in tempo? Impossibile dirlo: il suo gatto ci ha visti e siamo costretti a fuggire.