I danzatori di Noyo

di Margaret Saint Clair - pagine 164 - Urania

Margaret St. Clair è un’importante autrice di sci-fi che non disdegna incursioni nell’horror puro. Ricordo, infatti, una sua gustosa short story intitolata “La famiglia” contenuta nell’antologia “Storie di diavoli” del gruppo Newton. Nell’occasione, l’autrice ci propone una sorta di road movie ambientato in un futuro alternativo al nostro.
A seguito di un’epidemia, l’economia degli Stati Uniti è caduta in ginocchio al punto che le città si dividono in tribù presiedute da androidi denominati “Danzatori”.

Le popolazioni vivono di caccia e pesca. Le armi sono bandite, a parte gli archi e le frecce.
Attorno a ogni Danzatore vi è un manipolo di uomini, ex hippies degli anni ’70, chiamati “I Vendicatori” e un consigliere dalla coscienza chimica (tali sono gli assassini il cui istinto omicida viene placato dalla somministrazione di sostanze sintetiche particolari). Questi gruppi di individui tengono sotto controllo i giovani, infarcendoli di droghe e costringendoli a danzare fino allo sfinimento. Chi si ribella al sistema, viene costretto a intraprendere il viaggio alla ricerca della visione del sacro Graal. Si tratta di un pellegrinaggio snervante, di tribù in tribù, sotto la minaccia dei Vendicatori pronti a sopprimere chi tenta di darsi alla fuga. Durante la marcia, il viandante subisce le stregonerie della sua tribù e finisce con il perdere il contatto con la realtà, cadendo vittima di ricordi che appartengono ad altre persone. La sovrapposizione di personalità è il risultato finale.
Ci troviamo al cospetto di un’opera che ondeggia tra il fantasy (abbiamo a che fare con stregoni, veggenti, malefici), la sci-fi (ci sono androidi, forme di controllo parascientifico della mente umana) e l’horror (scene in sotterranei labirintici dove si aggirano creature letali che si muovono nell’ombra; spettri apatici; serial killer spietati). Purtroppo, il ritmo ha degli importanti cali e non sempre riesce a coinvolgere lo spettatore. Lo stile adottato è scorrevole, con qualche buon momento descrittivo (la parte migliore è il capitolo ambientato nei sotterranei labirintici). Mi convince poco la scelta, spesso operata tra un capitolo e l’altro, di tagliare parti di racconto per poi recuperarle con dei flashback.
Molti i momenti onirico/deliranti, con il protagonista che diviene vittima di tutta una serie di visioni nell’ambito delle quali si immedesima in altri personaggi.
Epilogo ottimista e ben calibrato, in modo da far tornare tutti i calcoli.
In breve, “I Danzatori di Noyo” appartiene a quel genere di romanzi in cui i protagonisti prendono le mosse da una data meta di partenza e, dopo una serie di peripezie e di pericoli, giungono a destinazione raggiungendo il loro obiettivo. Originale il riferimento alla cultura hippies che nel romanzo ha preso il controllo degli States.
Sinceramente, penso di aver letto di meglio dalla St.Clair. Mezza delusione.
Voto: 5
[Matteo Mancini]

Incipit
- Ho sentito che la vostra tribù si è procurata un Danzatore - disse lo sceriffo. E c’era una lieve nota pungente nella sua voce.
- Mmm - risposi.
- Non mi sembrate molto soddisfatto, McGregor - disse lui. E la nota pungente si fece più acuta.
- E perché dovrei esserlo? - chiesi. Significa che saremo obbligati a danzare dieci ore al giorno per mesi, e infine costretti a compiere un viaggio inutile lungo la costa.
- Un viaggio inutile? Suppongo che alludiate alla ricerca della... - tossicchiò - della visione del sacro Graal.
- Adesso la chiamano la visione del canestro del sole - dissi.