di Giacomo Gardumi - pagine 417 - euro 9,50 - Marsilio Editori
Allo scoppio di un improvviso conflitto nucleare, Jane, la sua famiglia e alcuni amici riescono a rifugiarsi in quattro bunker sotterranei. Lunico modo di comunicare è un sofisticatissimo computer satellitare. Ma come se già non bastasse lisolamento, la rabbia e il dolore per la situazione in cui si trovano, il marito di Jane, Mark, scopre che un inquietante coniglio gigante, armato di ascia, li attende minacciosamente allesterno.
Cosa spinga un autore italiano a inventarsi escursioni in terre straniere, peraltro
totalmente immotivate, lasciando in disparte un certo patriottismo narrativo in favore di
una sterile ambientazione a stelle e strisce, è da sempre uno dei più grandi misteri
della letteratura. Cosa spinga poi i lunghi artigli di una casa editrice come la Marsilio
a portare in libreria (ovvero sotto gli occhi dellumanità intera, visto che il
romanzo è "internescional") un così ben condito piatto di immondizia e ortaggi
ammuffiti, è forse un mistero ancora più grosso. Ma se il primo può al massimo far
storcere il naso, il secondo invece, soprattutto per chi ha qualche grillo in testa che lo
convince di essere uno scrittore o qualcosa di simile, può portare a crisi isteriche,
frustate di frustrazione e ammirevoli tentativi di usare le quattrocento e passa pagine de
"La notte eterna del coniglio" in lochi sicuramente più adatti, come - e
mi si scusi il poco elegante francesismo - necessari strumenti di pulizia igienica
personale. In fondo, per farsi unidea di quale sia la portata di tale squisitezza
letteraria, basterebbe adocchiare i commenti altisonanti rilasciati in copertina da
eminenze grigie quali Donna Moderna e Linus.
La crociata portata avanti contro le ambientazioni estere non è comunque nulla a
confronto della becera improbabilità su cui basa le proprie fondamenta il lavoro di Giacomo
Garduni. Passino le comunque curiose motivazioni riguardanti la crisi internazionale
che serpeggia e che porta a un definitivo e annichilente scontro Occidente vs Oriente (una
delle poche oasi, contabili sulle dita di una mano monca, di cotanta baggianataggine
colossale), ma è difficile rimanere seri e composti di fronte a disquisizioni
pseudopolitiche sui bunker in cui si rifugiano i protagonisti.
Daccordo, ci si può dire, linteresse per annusare i vari perché del romanzo
comunque cè. Su tutto si staglia la figura misteriosa del coniglio killer, sul
quale tra laltro è impostata una scena di grande effetto e splendidamente visiva.
Peccato che, dopo questa insperata meta narrativa, le restanti duecento pagine di ciarpame
evaporino ogni illusione di intelletto umano.
"La notte eterna del coniglio" è lessenza della noia e degli sbuffi, una
sagra di parole servite senza il minimo ritmo, che soffoca il lettore attraverso svendite
di avverbi (pagine e pagine e pagine in cui fastidiosissimi vilipendi alla lingua italiana
si accavallano e accoppiano senza pietà, in barba a qualsiasi editing che possa definirsi
tale) ed escursioni filopsicologiche che hanno lunico scopo di bruciare il cervello
e il sistema nervoso.
La penna del prode Garduni ha redatto almeno duecento cartelle di nulla assoluto, in cui i
temi e gli argomenti affrontati vengono ignobilmente ripetuti fino allennesimo
rigurgito vomitatorio. Lo stratagemma usato è quello di una sfilza di dialoghi
interminabili e privo di qualsivoglia spiraglio realistico: gli abominevoli protagonisti
parlano come se stessero leggendo antichi tomi di informatica o di psicologia, incuranti
della frenesia mentale e fisica a cui sono sottoposti i loro corpi e della tragica
situazione in cui sono costretti a vivere. Ciò comporta un comprensibile
disprezzo/antipatia e un completo disinteressamento per le loro sorti, e si implora che
vengano ammazzati tutti e subito, senza compromessi.
Per sintonizzarsi su un livello coerente di rifiuto cartaceo, poi, le vicende assumono
nella parte finale uninverosimiglianza e un conseguente spiegone chilometrico
talmente seccanti che la tentazione di procedere per salti ha avuto più volte la meglio
sulle mie deboli forze fisiche.
Impavidi eroi del cinema hanno anche tratto un recente film da cotanto sudiciume
letterario. Chi scrive non ha ancora potuto visionarlo, ma critiche leggiucchiate qua e
là ne hanno parlato bene. Se mai doveste provare interesse per le quattro righe
spelacchiate di trama, bypassare il romanzo e volgere i propri neuroni alla sua
trasposizione cinematografica è lunica cosa da fare. In fondo, la speranza è
sempre lultima a morire.
Voto: 3
[Simone Corà]
Incipit
Nei primi giorni di aprile del 2010 unondata di freddo polare senza
precedenti per quella stagione di abbatté sulla California settentrionale.
Per quasi una settimana San Francisco visse nella morsa di violente tempeste di neve e
vento, che si susseguivano senza interruzione come le schiere di uno sterminato esercito
lanciato in battaglia.
Malgrado ciò milioni di uccelli migratori, traditi dal loro inesorabile orologio
biologico, si riversarono dal Sud verso il cuore di gelo che avvolgeva le spiagge e i
boschi dove avrebbe dovuto attenderli il tiepido sole primaverile.