di Stefano Borghi e Gaia Conventi - pagine 84 - euro 7,00 - EdiGiò
A poco tempo dal precedente "Sulfureo, racconti in giallo e nero", la premiata
ditta Borghi & Conventi si ripresenta con una nuova raccolta, contenente
quattordici racconti, brevi o brevissimi, che spaziano agilmente dal noir allhorror
(e senza alcun taglio ironico, come invece dice la bio a fine volume).
Se si dovesse ricorrere a un aggettivo per dare una descrizione sintetica dellopera,
sarebbe facile scegliere velocità o qualche sinonimo dello stesso peso.
Perché 84 pagine, specie se formate da una serie di raccontini semplici e lineari, si
leggono rapidamente in unoretta. Lettura di puro intrattenimento, quindi, senza
sbandieramenti psicologici o introspezioni chirurgicamente sociali.
Le trame, quasi tutte raccontate in prima persona, puntano molto sul colpo di scena
finale, con relativo ribaltamento della situazione iniziale. Alcuni racconti riescono a
brillare per lidea, abilmente sconvolta dalla conclusione, efficace e puntuale,
mentre altri non sempre riescono a centrare il bersaglio, a causa anche di una certa
prevedibilità dovuta, man mano che si avanza nella lettura, allattesa della
rivelazione finale che cambierà le carte in tavola.
"La donna perfetta", "La mia passione per Claudia" e
"Voodoo" sono sicuramente i racconti migliori, dove lintreccio
viene presentato a poco a poco e sfocia in un ottimo capovolgimento finale, ben costruito
e inaspettato. In altri, invece ("Caro Sig. Franco", "La foto sul
giornale", "Un faro nel vuoto"), la trama appare poco incisiva,
e leffetto sorpresa, che dovrebbe polverizzare lordinarietà iniziale, mostra
esattamente ciò che ci si aspettava.
Piace la scorrevolezza e la fluidità, sintomo di schiettezza (che in fondo alla narrativa
fa sempre bene); un po meno un certo libero futurismo nelluso della
punteggiatura. Sarebbe stato necessario un editing molto più graffiante e incisivo, che
spazzasse via indecisioni e frasi sbilenche (a volte si ha limpressione che
lantologia sia stata scritta nello stesso tempo che si impiega a leggerla). Editing
che comunque dovrebbe già nascere dal lavoro di coppia, ma che invece non sempre sembra
essere presente.
Dispiace infine per la poca cura riposta nellimpaginazione: Edigiò avrebbe dovuto
fare molta più attenzione a questo particolare, onde evitare aspetti sgradevoli alla
vista (come i rientri, che vanno e vengono, caratteristica che, ahimè, si può
constatare, con tanto di caratteri grandi, anche sul retro del volume).
A ogni modo, la lettura è comunque piacevole, specie nella prima parte della raccolta, ed
è giusto dar loro una chance e un sei dincoraggiamento. Ora li aspettiamo per la
terza manche, magari con qualcosa di più lungo e personale, che mostri un vero
affiatamento in fase di stesura.
Voto: 6
[Simone Corà]
Incipit (dal racconto "Miami?")
In quel mattino di luglio fingevo di godermi il sole della Florida. Fingere per me è
unarte, lho sempre fatto bene. Molto bene.
Non mi hanno mai attirato queste spiagge e ho sempre odiato la Florida, lho sempre
trovata artificiale e testardamente felice.
Nonostante questo, quando insegui un amore non ti fai molti scrupoli, potresti andare
ovunque con luomo che ami. Peccato però che questo viaggio io labbia fatto in
compagnia di mio marito, mentre luomo che amo è un altro.