Gioca o muori

di Piergiorgio Pulisci - pagine 265 - euro 12,00 - Edizioni La Riflessione

"Gioca o muori", uscito da pochissimo per la casa editrice La Riflessione, è il prequel del romanzo d'esordio di Piergiorgio Pulisci: “La croce incarnata”, che potete trovare già recensito in queste pagine.
Molte informazioni sull’autore e sul libro precedente le potete trovare sul blog dell’autore, e qualche suo altro racconto, su questo stesso sito, territorio che ogni tanto frequenta.
Ma veniamo al libro!

“Gioca o muori” è un thriller, e come potete vedere dal Parental Advisory, non potete comprarlo ai vostri figli più piccoli, anche perché se proprio non lo annoveriamo nel genere hard boiled, poco ci manca. La vicenda prende le mosse da un particolare, quanto cruento "reality show" organizzato da una potentissima setta satanica in quel di New York. Il gioco prevede che i partecipanti siano costretti a compiere le azioni più scellerate per salvare un loro caro, che è stato preso in ostaggio e minacciato di torture e morte. Solo uno riuscirà nell'impresa e sarà lasciato libero, mentre per gli altri, ostaggi compresi, ci sarà solo la morte, loro e dell’ostaggio.
Ovviamente La croce incarnata ha organizzato ad hoc l’intero scenario del gioco che, minuto dopo minuto, sarà trasmesso in rete per pochi ricchissimi e morbosi spettatori, con tanto di scommesse e salatissimo prezzo. I giocatori sono sei, divisi in due squadre, e mentre seguono le istruzione impartitegli via cellulare dal master del gioco, vengono coinvolti nelle azioni più riprovevoli. Torture, squartamenti, uccisioni e altri abomini si svilupperanno, pagina dopo pagina, fino a una pirotecnica sequenza finale che lascerà il campo, ma questo non è un segreto, all'altro libro dell'autore.
In questo modo, Piergiorgio Pulisci, vuole (e in parte ci riesce) mostrarci quello che la natura umana potrebbe accettare e fare "per salvare la vita di una persona che amiamo?"
Questa in soldoni la trama.
Giudizio? Sufficiente, con accorgimenti!
Se, infatti, all’inizio si fa un po’ fatica, alla fine le pagine volano e ci si potrebbe trovare, in linea di massima, soddisfatti.
Certo, ci sono pregi e difetti, ma tutto dipende da come si coglie il lavoro. Non si può dimenticare che l’autore è al suo secondo lavoro e, come lui stesso ammette senza riserve, continuamente alla ricerca di miglioramenti e perfezionamenti della propria ars scrivente.
La parte che presta il fianco a qualche critica in più è indubbiamente la prima, dove, pur notandosi un lavoro curato per ciò che riguarda errori di battitura e refusi, si avverte ancora qualche ingenuità nell'utilizzo degli aggettivi e nella forma. Tutto ciò, però, rimane nella normale "tara" che di espressioni fatte e accoppiate soggetto-aggettivo, comuni a ogni scrittore emergente. Un miglioramento, invece, si poteva ottenere evitando che la prima parte scorra lentamente, con alcune scene (vedi la prima telefonata del master ai concorrenti) ripetute più volte senza eccessive variazioni. L’opera, per questo motivo, stenta un po' a decollare, ma attenzione.
Nella seconda parte il ritmo si fa molto più serrato e da quando la squadra dei tre giocatori si riunisce non c'è un momento di pausa fino all'ultima riga, fatto questo assolutamente positivo.
Le prove che i "giocatori" sono chiamati ad affrontare si susseguono, pagina dopo pagina, e anche se i colpi di scena sono a volte inattesi e se alcune situazioni volano felici nella scarsa verosimiglianza, questo non è assolutamente da ostacolo alla lettura.
Ecco perché, per affrontare la lettura di “Gioca o muori” sono necessarie un paio di note per mettere nel giusto "state of mind" il lettore.
Primo. Non aspettatevi verosimiglianza. Questo è un thriller, certo, ma è soprattutto un'opera di narrativa. Come specifica l'autore, luoghi e avvenimenti fanno capo alla fantasia. Inutile, quindi, che il lettore si chieda se è possibile per un individuo che non ha mai visto una pistola uccidere, uno dietro l'altro, una decina di teppisti che da cinquanta metri gli corrono incontro armati di spranghe. Inutile chiedersi quanto può durare la coscienza e la vita di un uomo al quale tagliamo via via tutti gli arti con la motosega. O com'è possibile che dopo decine e decine di omicidi nessuno, ma proprio nessuno, dica qualcosa? Insomma, è narrativa, non un servizio del telegiornale.
Secondo. Durante l’opera si percepisce chiaramente gli spunti tratti dalle muse ispiratrici dell'autore: Lansdale e Deaver su tutti. La tecnica della metafora dissacrante e del flashback posposto sono spesso utilizzate ma, come lo stesso autore specifica nei ringraziamenti finali, sono un chiaro omaggio e non certo un'imitazione.
In conclusione, un'opera seconda che, se è logicamente acerba e, a tratti, ingenua, si rifà con il ritmo e le immagini raccapriccianti e che, sicuramente, per quanto ancora debitore delle sue letture, ci lascia un autore che ha qualcosa da dire.
I lettori intanto aspettano, augurandosi magari una storia nostrana, ambientata in Sardegna, piuttosto che nella lontana e plasticosa New York. Chissà...
Voto: 6
[Gelostellato]

Incipit
New York non dorme mai. A volte si può avere l'impressione che abbia gli occhi chiusi, ma è appunto solo un'impressione. New York ha occhi e orecchie dappertutto, e sono sempre pronti a vedere e ascoltare. Anche nel buio. Anzi, soprattutto nel buio.
In una profonda notte newyorchese, una giovane donna terminò finalmente le dannate rampe di scale del palazzo in cui abitava e, dopo aver percorso il pianerottolo su cui s'affacciavano gli appartamenti degli altri inquilini, infilò una chiave nella serratura della porta di casa sua.
Era stanca morta. Le facevano male i piedi e sentiva il sonno morderle le sinapsi, ma ora era a casa. Finalmente.
Lei non lo sapeva, ma nell'ombra qualcuno l'osservava.
Non appena entrò dentro, la donna fu sferzata da una tale zaffata di odore di chiuso, che fu sul punto di riuscire e andare a dormire sul corridoio.
«Lo so che avresti bisogno di una bella ripulita, ma quando lo trovo io il tempo?» disse la ragazza dai capelli biondo cenere, mentre buttava le chiavi sopra una piccola credenza, togliendosi poi il cappotto e la maglietta e gettandoli su una sedia traboccante di vestiti sgualciti.