L'albero di Halloween

di Ray Bradbury - pagine 124 - euro 8,40 - Mondadori

Le premesse sull’autore, prima di leggere questo libro, sono ottime.
Ray Bradbury è QUEL Ray Bradbury. Uno di quegli auturi che sono riusciti a scrivere un libro così bello e/o famoso da vederselo attaccare al proprio appellativo come fosse un secondo cognome.
William Golding quello del Signore delle Mosche.
George Orwell quello di 1984.
Bram Stoker quello di Dracula.
Melissa P. quella di Cento colpi di spazzola, prima di andare a dormire.

(E quest’ultimo esempio è per farvi capire il perché del E/O famoso).
Ebbene, Ray Bradbury è Ray Bradbury quello di Fahrenheit 451. Ecco perché leggere questo libro, che alla fine è davvero un po’ misero di idee e verve, potrebbe essere una sorpresa negativa.
Il libro, esclusa la copertina che buca l’occhio, è un po’ insulso, anche se ha con delle attenuanti. Una in particolare è questa: il libro è stato scritto nel 1972, e parlare di Halloween in quell’anno dev’essere ben diverso dal parlare della notte di ognissanti oggi, dopo quel turbine di pubblicizzazione che ha travolto tutto ciò che è legato a questa festa.
Questo probabilmente è uno dei problemi che il lettore deve affrontare quando l’autore, a scopo quasi didattico, snocciola le antiche usanze dei nostri antenati riguardo alla morte e ai modi in cui veniva celebrata. Passando per uomini della preistoria ed Egizi, i Druidi pagani e la Notre Dame cristiana, il lettore, al pari del gruppo di bambini protagonista della storia, attraversa il tempo, scoprendo l’evoluzione della festa dei morti nel corso dei secoli.
La seconda attenuante, oltre la contestualizzazione, è il fatto che, nel linguaggio e nella trama, “L’albero di Halloween” è un libro per ragazzi. I protagonisti sono bambini di otto-dieci anni, e tale età resta buona anche per il target di lettori a cui il libro può piacere maggiormente. È possibile cercare, dentro all’esile svolgimento dei fatti, una qualche simbologia che nobiliti la semplicità dell’opera, ma non la si trova.
Queste le attenuanti, e sono troppo poche per salvare il libro, che se dovesse rimanere a lungo sugli scaffali non farebbe un torto a nessuno.
Riguardo alla storia, dalla terza di copertina sappiamo che “Nella serata che precede Ognissanti qualcosa di stupefacente è accaduto: un enorme albero è apparso, e dai suoi rami pendono centinaia di zucche. Zucche in cui sono intagliati sorrisi inquietanti che fissano otto ragazzini. È la notte di Halloween e ognuno di essi indossa una maschera ma... dov'è finito Pipkin? Scortati da Sudario, una guida davvero particolare, i ragazzini partono alla ricerca dell'amico.
Dunque, premesse le attenuanti, la pecca principale è la superficialità. Tutto pare trattato con una certa condiscendenza, come se il libro fosse dedicato a un lettore minore (ma i ragazzi sono piccoli, non idioti) e quindi c’è una caratterizzazione dei personaggi quasi nulla, dipingendoli solo come le maschere che rappresentano l’usanza che andranno a scoprire (mummia, strega, cavernicolo?!?...). La stessa figura di Mr Moundshroud (nome sapientemente non tradotto), che fa da guida alla compagnia, per quanto carismatica risulta trattata con faciloneria, senza assegnarle un carattere ben definito. Qualche bella immagine visiva, come lo stesso albero adorno di zucche illuminate e l’aquilone gigante con cui i ragazzini viaggiano nel tempo, o Notre Dame con i gargoyle che arrivano da ogni dove e si fanno pietra, viene poi sprecata da trovate banali e mal utilizzate come il male misterioso che colpisce Pipkin (a pagina dieci si tiene il fianco destro dolorante... chissà cosa avrà mai, eh?) e la morale buonista che pervade le azioni di tutti.
Il tutto narrato in un modo che è così semplice da risultare un po’ noioso e, anche se il libro si potrebbe leggere in un paio d’ore o anche meno, alla fine ci si dilunga, perché diventa più interessante staccare gli occhi dalle pagine per fare qualcos’altro (non dico accendere la tv, però ci siamo vicini).
Insomma, se proprio dovete comprare un libro per ragazzi che li spaventi un po’, questo lo si può anche evitare. Meglio scoprire Bradbury in altri suoi lavori.
Voto: 5
[Gelostellato]

Incipit
Era una piccola città, con un piccolo fiume e un piccolo lago, in una piccola regione dell'America del Nord. Il bosco non era così folto da non lasciar vedere la città e la città non era così grande da non poter vedere, sentire, toccare, odorare il bosco. La piccola città era piena di alberi, ma, ora che l'autunno era alle porte, anche di erba secca e di fiorì appassiti. C'erano tanti steccati da scavalcare, tanti marciapiedi su cui pattinare e anche una grande cava dove sì poteva ruzzolare e udire l'eco dei propri strilli. E la piccola città era anche piena di...
... ragazzi.
Ed era il pomeriggio della vigilia di Halloween.
E tutte le case erano serrate contro il vento freddo.
E un pallido sole illuminava la città.
Ma improvvisamente il giorno svanì.
La notte usci dagli alberi e allargò il suo manto.
Dietro le porte delle case si udivano grida soffocate, uno scalpiccio leggero di passi e s'intravedeva un tremolare di luci.
Dietro la porta della propria casa Tom Skelton, anni tredici, si fermò in ascolto.