L'uccello che girava le viti del mondo

di Murakami Haruki - pagine 960 - euro 16,50 - Einaudi

Okada Toru ha appena lasciato il lavoro e si dedica alla cura della casa. Sua moglie Kumiko si occupa di moda e lavora fino a tardi. Appena il gatto di casa scompare lei gli chiede di andare a cercarlo e nel frattempo gli presenta un bizzarra sensitiva il cui nome Kano Malta è chiaramante uno pseudonimo, poi c’è una donna che telefona da un luogo lontano e dichiara di conoscerlo, c’è May una strana ragazza che abita di fianco e che lo invita a guardarsi dentro e c’è anche il signor Honda che gli ha lasciato un memento dei loro incontri...

Questa volta Murakami Haruki ha approfondito il lavoro che in "Dance dance dance" era al centro del racconto, quello di portarci a spasso nel surreale con grazia ed uno stile impeccabili.
La scomparsa del gatto di casa e tutte le conseguenze che questa porterà sono delle metafore morali di un percorso attraverso il quale Okada scopre il proprio mondo interiore e tutti i suoi abitanti. L’idea che aveva di Kumiko subirà una drastica svolta nel momento in cui anche lei decide di seguire il gatto in giro per il mondo, nel tentativo di mettere a tacere la voce che le urla di aver finto finora una normalità che non le apparteneva. Il signor Honda apre la porta delle mutate percezioni dell’uomo che per suo tramite conosce il tenente Mamiya, il quale gli indica il mezzo attraverso il quale accedere al suo stesso inconscio, un luogo umido e saturo delle risposte che da lungo tempo lui aveva evitato di darsi. Tutte le persone che popolano questo luogo sono coperte da segreto circa la reale identità e misteriose nel rivelare il loro ruolo nella sua vita. La sua consapevolezza, offuscata da una vita che non sentiva sua, sarà acuita da questi incontri e incredibilmente Okada scoprirà di aver avuto ragione sul conto di suo cognato, il fascinoso e pericolosissimo Wataya Noboru, uomo politico di spicco in un Giappone che mira ad imitare il modello americano di corruzione e potere inquinato dal desiderio di controllo. Le cose che Okada scopre sono in realtà cose che sapeva solo dentro di sè e che per questo era diventato impossibile tacere. Il viaggio che intraprende alla ricerca di gatto e moglie gli darà molto più di quello che apparentemente stesse cercando, dal momento che, da che esiste il concetto di racconto non si è mai visto un viaggio del quale si possa controllare l’approdo. I comprimari in questa scoperta dell’anima hanno tutti il segno incancellabile dell’archetipo, sono essi stessi parte di un immaginario che si compone in larga misura di personaggi mitici. Ciascuno di loro ha una storia, lunga e dettagliata da raccontare, e dalla quale Okada e chi legge possono agevolmente trarre insegnamenti, dal momento che tutto quello che accade ha la consistenza e la maledizione del significato. Non si può pensare neanche per un attimo che qualcosa sia messa là a caso, come nella più antica delle tradizioni del teatro, se c’è un arma in scena al primo atto, entro il terzo qualcuno la userà. E sono molte le armi che incontriamo in questo racconto, da quelle classiche come un mazza da baseball che verrà usata nell’inconscio e di cui le conseguenze saranno visibili nel mondo reale, fino alla magia di un richiamo lanciato attraverso la mente che salverà il protagonista nell’attimo esatto in cui ciò occorre. Come per la preveggenza di Honda, anche May ha la sua da dire nel contesto di un’amicizia che mentre da un lato mette in pericolo la vita di Okada, dall’altro la salva con un inspiegabile danza lunare. E non finisce certo qui, c’è molto altro in questo racconto corale che rapisce ed affascina, col solo espediente di mettere in scena come a teatro, tutti i personaggi uno dietro l’altro a raccontare semplicemente la loro storia.
Ed è con la maestria che contraddistingue da sempre la prosa di Murakami Haruki che tutto questo ci verrà dapprima raccontato, poi lentamente svelato e solo alla fine e neanche del tutto motivato.
Voto: 9
[Anna Maria Pelella]

Incipit
Avevo la pasta sul fuoco in cucina, quando squillò il telefono. Alla radio davano la Gazza Ladra di Rossini, il sottofondo musicale ideale per prepararsi un piatto di spaghetti, e io l'accompagnavo fischiando. Fui tentato di non rispondere, gli spaghetti erano quasi cotti, e Claudio Abbado stava giusto per portare l’orchestra filarmonica di Londraall’apice dell’intensità drammatica. Pazienza, mi rassegnai ad abbassare il fuoco, andai nel soggiorno e sollevai il ricevitore. Poteva anche essere un conoscente con qualche nuova proposta di lavoro. - Vorrei dieci minuti del tuo tempo, - disse senza preamboli una voce di donna.