Crash

di James Graham Ballard - pagine 205 - euro 7,50 - Feltrinelli

Vi capita mai di imbattervi in quei libri che, seppur ammettendo a ogni pagina di trovarvi di fronte a un lavoro qualitativamente ineccepibile, non riescono a farsi piacere? Ecco, per me Crash è stato uno di questi casi.
Premetto che non sono tra quelli che ha visto il film, e sarò anche un tordo dalle ali di muffa, ma non sapevo nemmeno di cosa questo libro parlasse, prima di leggere la quarta di copertina.

Ora lo so. Potrei ingannarvi dicendo che parla di sesso e automobili. In realtà, il libro parla soprattutto di ossessioni. Ossessioni per il sesso e per le automobili, che si fanno, nel protagonista e nel narratore, sempre più unite, pagina dopo pagina, fino a diventare inscindibili.
Ma tanto ho amato il protagonista dell’”Isola di cemento”, tanto ho faticato a entrare in simbiosi e in rapporto con i due protagonisti di questo romanzo.
Onestamente credo di dover dare una buona fetta di colpa, al mio disamore per le automobili. Da piccolo io preferivo giocare con gli animaletti. Camion, trattori, automobili e motociclette non mi facevano alcun effetto. A tutt’oggi non conosco, se non lontanamente, il funzionamento del motore a scoppio, a quando sento termini come plancia, chiesuola del cruscotto, sterzo cromato, non mi compare, nella mente, che una confusa immagine. Questo indubbiamente nuoce al modo con cui leggo le intense, eccessive e spregiudicate parole di Ballard (che ha dato il suo nome all’io narrante) riguardo agli incidenti automobilistici e agli intensissimi e morbosi richiami sessuali che essi contengono.
Ma veniamo al libro.
James Ballard scopre, dopo un incidente in cui muore il marito di quella che poi diventerà la sua amante, quali ossessioni morbose e potenzialità sessuali nascondano, per lui e per sua moglie, le lamiere contorte, le mutilazioni, le cicatrici e, in genere, tutti gli esiti di un incidente stradale.
Nello scoprire e vivere ciò è accompagnato dalla figura centrale del romanzo, Robert Vaughan, che, come uno scienziato, mischia perversione e ossessione, sesso e lamiere, fotografie e psicopatologie, fino all’epilogo annunciato già dalla prima pagina, della sua spettacolare morte.
Così, mentre Ballard va girovagando in cerca di incidenti sulle strade che circondano la sua abitazione, gonfie del traffico aeroportuale, e Vaughan disegna e brama l’incidente in cui morirà Elizabeth Taylor, una fitta rete di perversioni si va disegnando tra questi due protagonisti e la moglie di Ballard, la sua vedova-amante, uno stunt-man più morto che vivo e sua moglie e altre figure tutte collegate a incidenti stradali.
Condito dall’utilizzo di droghe (spaventosamente bella la scena in cui i due guidano sotto l’effetto di acido) e da un (verosimile) disinteresse della polizia per le scorribande automobilistiche, si arriva al finale pirotecnico e ansiogeno di un Vaughan ormai fuori controllo.
Mi sono chiesto cosa voleva dirci, Ballard, con questo libro e la risposta la dà lui, in un interessante post-fazione, in cui, tra le altre cose dichiara di voler spianare la strada "a tutti i nostri piaceri più concreti e delicati - quelli delle delizie del dolore e della mutilazione; del sesso come arena perfetta, come brodo di coltura di sterile pus, per tutte le veroniche delle nostre perversioni; della libertà morale di attendere alla nostra psicopatologia come a un gioco; dell’apparente illimitatezza delle nostre capacità di concettualizzazione. Ciò che i nostri figli hanno da temere realmente non sono le autostrade del domani, bensì il nostro sottile piacere nel calcolare i più eleganti parametri delle loro morti."
E sono parole, queste ultime, che assumono un significato completamente nuovo, se rilette oggi, piuttosto che nel 1974, anno della prima edizione del libro.
Insomma, io personalmente avrò fatto anche fatica, ma alla fine è un libro che ti resta dentro. Crudo e crudele, sboccato e perverso, eppure pieno di stile e mai volgare. Un’esperienza, più che una lettura.
Voto: 6,5
[Gelostellato]

Incipit
Vaughan è morto ieri nel suo ultimo scontro. Nel corso della nostra amicizia, aveva fatto le prove della sua morte in molti scontri, ma il suo ultimo è stato proprio e semplicemente un incidente - l'unico. Guidata in rotta di collisione verso la berlina dell'attrice cinematografica, la sua macchina ha saltato il parapetto del cavalcavia dell'aeroporto di Londra ed è precipitata, sfondandolo, sul tetto di un autobus carico di passeggeri delle linee aeree. Quando, un'ora più tardi, mi sono aperto la strada fra i tecnici della polizia, i corpi schiacciati dei turisti del tutto-completo giacevano ancora sui sedili vinilici, come un'emorragia del sole. Reggendosi al braccio dell'autista, l'attrice cinematografica Elizabeth Taylor, con la quale Vaughan aveva per tanti mesi sognato di morire, stava sola sotto il lampeggio circolare delle ambulanze. Quando mi sono chinato sul corpo di Vaughan, s'è portata alla gola una mano guantata.
La posizione di Vaughan le aveva forse rivelato il tipo di morte da lui escogitato per lei? Nelle ultime settimane di vita, Vaughan non aveva pensato ad altro che alla morte di lei, a quell'incoronazione di ferite da lui inscenata con la devozione di un conte del Collegio d'araldica.