In fondo alla palude

di Joe R. Lansdale - pagine 319 - euro 7,90 - Fanucci

Diciamolo: questo libro non ha niente di speciale. È semplicemente una scura, tenera, emozionante storia. Joe Lansdale si traveste da nonno Harry, ci fa sedere sulle sue ginocchia, e fra una parola di rimpianto e una di malinconia, ci ammalia con il suo modo di raccontare. Ci racconta dei bei tempi andati, di quando era bambino, quasi adolescente, e passava le giornate nei verdi boschi del Texas, assieme alla sorellina Tom. E noi, lettori sognanti, torniamo bambini assieme alle sue parole, riviviamo la spensieratezza di quando ancora non eravamo adolescenti, di quando le vacanze estive erano un interminabile, caldissimo, periodo di festa. Riuscirà a farvi sospirare, se avete più di trent’anni e se avete perso quello spirito da Peter Pan.

Non è un thriller, come dice il doveroso commento di Ammaniti in seconda di copertina. A voler essere appena appena attenti, si riesce a scoprire il colpevole già a un terzo di libro. Ma non è questo che conta. La suspense è un di più, uno strumento che spinge a leggere, capitolo dopo capitolo, senza voler smettere.
E non ci si aspetti meraviglie narrative, scrittura sopraffina o intrecci complicati. Questa è una storia, come ce la racconterebbe il nonno, con i suoi abbellimenti, le sue pause, la sua personale visione delle cose. Ma a differenza del nonno qui, a un certo punto, entra in gioco l’effetto Lansdale. Di solito capita quando mancano all’incirca un centinaio di pagine: si volta una certa pagina, chiamiamola "pagina x", e ci si rende conto che non sarà più possibile smettere di leggere, fino alla fine.
Poi se vogliamo essere sinceri, in questo libro ci sono tutti i temi dei romanzi di formazione lansdaliani, con i propri pregi e difetti. Il tema perseverante del razzismo e dell’educazione, il tema della diversità, della morale, della natura amica-nemica. Li ritroviamo tutti, come acini appesi al raspo della narrazione. Non mancano le dissacranti metafore e i pestaggi, i momenti di pathos e quelli di tensione, e soprattutto non mancano i personaggi. L’uomo capra, i genitori, il cane e soprattutto la nonna di Harry, Root, la signorina Maggie, il vecchio Mose. Sono tutte figure che restano addosso e se sono un cliché è perché è stato proprio il vecchio Joe R. a crearli.
Sulla trama poco da dire: i due protagonisti, Harry e Tom, vivono un’estate indimenticabile in cui cercano di scoprire l’identità del serial killer che uccide e sevizia orribilmente alcune donne. Un libro semplice, ideale per far leggere un adolescente, e che piacerà molto a chi ha gradito “La sottile linea scura” e forse un po’ meno agli amanti del Lansdale più dissacrante e splatter. In ogni caso una prova riuscita.
Voto: 8
[Gelostellato]

Incipit
Una volta le notizie non viaggiavano come adesso. Non a quei tempi. Non funzionava cosi né per radio né sui giornali. Non nel Texas orientale. Le cose erano diverse. Ciò che succedeva negli altri posti erano affari loro.
Le notizie provenienti dal resto del mondo ci interessavano, naturalmente, ma non dovevamo per forza sapere ogni dettaglio su cose che non riguardavano da vicino Bilgewater nell'Oregon, o El Paso dall'altra parte dello Stato, o su verso gli Stati del Nord, in quel buco del culo di Amarillo.
Al giorno d'oggi tutto ci aiuta a conoscere ogni più truculento dettaglio degli omicidi pili eclatanti o di quelli da cronaca, e te li ritrovi dappertutto, anche se si tratta di qualche commesso di drogheria ucciso nel Maine che non ci riguarda nemmeno di striscio.
Negli anni Trenta poteva avvenire un assassinio a qualche contea di distanza e tu non ne avresti mai saputo niente, a meno di essente direttamente coinvolto. E ciò perché, come ho detto, le notizie a quei tempi viaggiavano meno veloci e i tutori della legge preferivano badare ai fatti loro.
Certo, sarebbe stato meglio avere notizie trasmesse più velocemente, o almeno trasmesse e basta.
Ciò che è stato è stato, però, e ancora adesso che sono sugli ottanta e vivo nell'ospizio dei vecchi, nella stanza che ha ormai lo stesso odore del mio corpo che sta andando in malora, in paziente attesa di un piatto di non-si-sa-cosa tagliato a dadi e senza alcun sapore, con un tubo infilato nei polmoni, la televisione su qualche talk show da idioti, ho ben stampati gli avvenimenti di allora, quasi settant’anni fa, come se fossero appena successi.
Tutto accadde, ricordo, negli anni ‘33 e ’34.