di Maurizio Cometto - pagine 84 - euro 6,50 - Magnetica Edizioni
Prima impressione: la copertina.
Ottima foto, ma si ha la sensazione che non sia perfettamente adatta al contesto del
libro. In questo senso limmagine in quarta di copertina è più calzante.
Il titolo: quello scaricamento fa storcere un po il naso, è una parola
che già sentirla sul palato se ne esce esausti e contrariati.
Inizio il libro e cè unintroduzione di tale Marco R. Capelli che ci spiega la
scrittura dellautore. Ora, io non ho mai sopportato le introduzioni accademiche alle
presentazioni dei libri, con il relatore che come una balia dice cose noiose e
lautore seduto accanto come uno scolaretto. Le trovo fastidiose e inutili; vedermele
scritte su un libro mi fa lo stesso effetto. Sarei fortemente tentato di saltarla, ma il
mio senso del dovere mi trattiene e me la sorbisco tutta.
Un giorno vorrei però che qualcuno mi spiegasse lutilità di queste cose.
Inizio a leggere il racconto (perché tale è lo scritto, anche se il relatore vorrebbe
instillare il dubbio che si tratti di romanzo breve).
Sono convinto che ogni libro attenda il suo lettore (o i suoi lettori) da qualche parte:
qualche volta si incontrano, altre no.
Forse Maurizio Cometto ha solo la sfortuna che questo libro non è destinato a me.
La scrittura è precisa e pulita, solo in un paio di occasioni - non di più - si notano
delle impercettibili ingenuità narrative ma, rispetto alla media degli autori in cui mi
sono imbattuto, lautore dimostra di non avere incertezze e di padroneggiare lo
scrivere. Lidea alla base della storia è piacevole: mischia un elemento moderno
come il telefono cellulare con il mistero, che per sua natura è retrò, e un archetipo
come la morte.
Il problema sono i personaggi. Il mio pensiero corre sugli stessi binari di quello di
Théophile Gautier: non ha senso scrivere di personaggi banali, o ispirarsi a persone
incolori. Il risultato non può che essere grigio.
È questo il caso: i protagonisti sono fastidiosamente scialbi, persone così mediocri e
comuni che non si sente la necessità di parlarne e di leggerne. Inutile negarlo: per
quanto il tema potesse essere curioso, la storia non è riuscita minimamente a prendermi.
Si nota inoltre un leggero sbilanciamento nella gestione dei tempi: calibrate le premesse
(la parte più interessante e meglio gestita dellopera), eccessivamente dilatato lo
sviluppo, e un finale un po troppo accelerato, che inoltre lascia lamaro in
bocca per la sua inconcludenza.
Prima di terminare questa recensione mi sono documentato sullautore e sugli altri
suoi lavori. Magniverne, il paese corollario di questa storia, è anche lo sfondo di altre
opere precedenti. Questo tentativo di creare richiami tra unopera e laltra è
un particolare che ho sempre apprezzato nel percorso di un autore.
Ho letto anche le altre due recensioni presenti su questo sito: fioccano gli otto e voti
ancora più alti.
Di questo passo nessun autore vorrà più essere recensito da me, ma si sa: io sono
cattivo.
Plauso finale alla Magnetica Edizioni, che ancora una volta realizza un prodotto curato
sotto ogni aspetto.
Voto: 6
[Ian Delacroix]
Incipit
Stavano per chiudere la cassa. Era giunto il momento, imbarazzante ma
inevitabile, di sistemare la cosa. Walter pescò dalla tasca della giacca il Nokia di suo
padre, e tossì discretamente allindirizzo del responsabile delle pompe funebri.
Questi stava già armeggiando con un avvitatore automatico. Appena vide il Nokia fece la
faccia di chi allimprovviso si ricorda di tutto. Che sbadato, quasi dimenticava,
disse. Dove dovevano metterlo? Certo si trattava di una cosa davvero curiosa, ma per
larchitetto si poteva ben fare uno strappo alla regola.