di Andrea Borla - pagine 140 - euro 15,00 - Nicola Pesce Editore
Piero Scacchi è un assassino ed è stato condannato a vent'anni di carcere. Trascorre le sue giornate sdraiato sul letto della sua cella alternando momenti di riflessione a discussioni con il suo coinquilino, un insegnante pedofilo che definisce il Professore. Un giorno però, decide di voler porre fine a quelle attività che lui definisce orizzontali e di dedicarsi a qualcosa di più stimolante. Inizia così a scrivere racconti che hanno per tema l'odio e tutte le sue molteplici sfumature. Vuole avere un interlocutore che possa capirlo o quantomeno aiutarlo ad analizzare la sua situazione e quindi si rivolge allo psichiatra del carcere.
Per definizione dello stesso autore, Odio è un noir al contrario:
l'assassino non viene rivelato alla fine, con un classico colpo di scena, ma il suo nome
è menzionato già nella prima pagina, Piero Scacchi, è stato riconosciuto colpevole ed
ora si trova in carcere. Vuole parlare con lo psichiatra; non è pentito del suo gesto,
né prova rimorso, il suo unico scopo è capire bene cosa lo ha spinto a rovinarsi la
vita, in modo da non commettere più lo stesso errore, una volta fuori dalla prigione.
L'opera diventa quindi lo sfogo personale di Piero, che ripercorre le tappe fondamentali
della sua vita, cosciente di quello che ha fatto, ma impotente di fronte a quel sentimento
così devastante e distruttivo che lo ha reso incapace di ragionare, l'odio.
L'odio è ormai la sua linfa vitale e sembra inutile ogni tentativo di volersene liberare:
ne sono testimonianza i cinque racconti scritti da Piero e fatti leggere allo psichiatra.
Non vi è al mondo via di fuga, tutto e tutti sono vittime, semplici marionette, manovrate
dai sentimenti e dalle emozioni, i grandi burattinai.
Lo stile narrativo è molto semplice, il lettore va avanti nella lettura, non si aspetta
il colpo di scena, ma rimane comunque partecipe della storia di Piero, della sua
impossibilità di concepire il mondo in maniera differente, di cogliere quella luce di
speranza che forse lo avrebbe salvato. Il lessico è molto povero e semplice: ho perso il
conto di quante volte la parola odio venga nominata, ma la scelta è puramente voluta, in
quanto la narrazione è affidata al protagonista, alla sua mente lucida, ma al tempo
stesso malata ed ossessionata.
Se però mi sento di promuovere l'autore, non posso fare lo stesso con l'editore. Bisogna
sempre lodare le case editrici che investono sui giovani scrittori italiani, ma se da un
lato la Nicola Pesce Editore è da imitare, perché ha dato ad Andrea Borla la possibilità di pubblicare un libro, dall'altro una tiratina d'orecchi penso sia
necessaria. Odio fa parte di una ventina di romanzi che sono risultati vincitori del
premio letterario Ducas, ma a questo punto pongo una domanda per me doverosa: giova
davvero ad un autore in erba come Andrea, porre il suo libro in vendita a ben 15 euro?
Volendo tralasciare l'editing molto semplicistico, cosa che ho sempre posto in secondo
piano, una cifra così la ritengo davvero esagerata. Ritengo quindi davvero difficile che
i giovani lettori, quelli che leggono una tantum, quelli che comprano un libro solo per la
copertina, possano scegliere un'opera solo perché di un autore italiano. Non amo
polemizzare in una recensione, ma mi dispiace molto per Andrea, a cui non viene di certo
data una mano ad imporsi nel già difficile mercato italiano, dominato da autori
stranieri, che hanno come unico merito quello di essere nati in paesi con una tradizione
editoriale di gran lunga superiore alla nostra.
Voto: 6,5
[Nanny Ranz]
Incipit
Quella che mi ha appena fatto è la domanda più banale del mondo. Come sarebbe
perché è venuto qui? Solo uno come lei, uno che fa questo mestiere intendo,
potrebbe uscirsene con una frase del genere. Provi un po' a fare qualche ipotesi. Non si
aspetterà per caso che le dica che mi sono pentito, che considero i nostri colloqui alla
stregua di una confessione con un prete, che questa mattina ho visto una luce entrare
dalla finestra della cella e ho capito che l'Altissimo mi chiamava ad un più alto livello
di conoscenza? Guardi, mettiamo subito le cose in chiaro: è vero che ho ucciso una
persona, è vero che un tribunale mi ha riconosciuto colpevole e mi ha condannato senza
pensarci due volte, ma questo non significa necessariamente che sia impazzito. Se ho
deciso di rivolgermi allo psichiatra della prigione è solo perché ho bisogno di parlare
con qualcuno.
Intanto qui c'è veramente poco da fare. Mi sveglio, mi alzo dal letto, mi lavo, faccio
colazione e torno a sdraiarmi. Dopo pranzo non possono mancare la pennichella e la
televisione, tutte attività orizzontali.