Magia rossa

di Gianfranco Manfredi - pagine 220 - euro 15,00 - Gargoyle

Nella Milano di metà anni '70, Mario Montrese, consulente di archeologia industriale al Museo della Scienza, rimane colpito da un articolo pubblicato su una rivista di storia da un compagno di studi, Alberto Bellini. Vi si parla di un episodio delle repressioni operate dal generale Bava Beccaris nel maggio del '98, e soprattutto delle imprese di un mago anarchico e scapigliato, forse folle, sicuramente "sovversivo", per i parametri dell'epoca: Tommaso Reiner.

Con la sola forza del pensiero, Reiner sembra capace di fermare a distanza i macchinari dell'industria, o di far scoppiare i fucili dei carabinieri puntati sugli operai in fuga. Avvolto in fumi sulfurei, Reiner compare anche nel resoconto di una serata medianica in casa di un avvocato scettico, presenti il comico Ferravilla, la sua amante Emma Ivon, lo scultore Bazzaro e vari scapigliati. L'avvocato perisce nello scoppio di una macchina galvanica... Ce n'è abbastanza per mettere sulle tracce di Reiner i due amici e Marisa, che è la donna di Mario dopo esserlo stata di Alberto. Puntualmente la caccia si complica di morti ammazzati e inquietanti prodigi: idoli che si animano, automi assassini, visioni d'incubo, morti viventi, in un intreccio sempre più fitto di coincidenze e disvelamenti. Si direbbe che Tommaso Reiner è vivo, vivissimo, ben deciso a difendere il suo segreto... (dalla seconda di copertina).
"Magia rossa", più che un romanzo, è un racconto lungo, dinamico e veloce che non concede tregua al lettore. Dietro ad una trama a suo modo complessa e ricca di personaggi c'è una meticolosa ricerca storica che intreccia la fantasia con la realtà.
Gianfranco Manfredi
è riuscito a creare un horror tutto italiano utilizzando degli "ingredienti" molto particolari come Marx, la Massoneria e la Scapigliatura. Il risultato finale è più che positivo, l'unico neo riguarda l'elemento horror che viene relagato solo nelle ultime pagine del romanzo.
Voto: 7

Incipit
Dalle "Memorie" di Marco Grillo, Milano 1898
Sulla fine dell'ottobre dell'anno 1896 una sera ebbi la disgrazia di trattenermi più di quanto desiderassi in casa dell'avvocato Bortolo Sperani. Da due ore aveva cominciato a piovere a rovesci, e il vento pareva così furioso da contendere il passo. Dunque esitavo a uscire nonostante l'avvocato non fosse quel che si dice una persona amabile: grasso, asmatico, scostante e incattivito col mondo intero, quella sera in particolar modo egli si mostrava più corrucciato del cielo in tempesta.