(De)composizione di viole

di Ian Delacroix - pagine 81 - euro 6,75 - Edizioni Lulu

Ebbene, ho commesso un errore. Ho letto questo libro senza curarmi di simbologie e citazioni, senza interpretare o lasciar vagare lo sguardo tra le righe. L’ho letto con l’occhio indifeso di un bambino a cui si raccontano le favole e... mi ha letteralmente rapito! Lo so, lo so che dovevo avere una visione più critica, che dovevo cercare le simbologie, i significati... Ma non c’è l’ho fatta. Mi piaceva troppo, leggere. E così è stato.
Ma andiamo per ordine.
Il libro di Ian Delacroix è il primo lavoro edito da Lulu.com che mi è capitato di “avere tra le mani” e bisogna subito precisare ciò che non è.

(De)composizione di viole” non è un libro con l’aria grossolana da libro autoprodotto e non presenta approssimazioni di alcun genere. L’editing, l’impaginazione, il formato, la rilegatura, la copertina presentano un taglio estremamente “professionale” e ben riuscito. Questa raccolta di racconti ha tutte le carte in regola per non sfigurare su uno scaffale e, anche se sono principalmente i contenuti a dover essere valutati, ritengo sia utile sottolineare il valore estetico del lavoro, per eliminare ogni eventuale diffidenza verso i prodotti di quello che potrebbe essere il futuro dell’editoria.
In otto brevi racconti che trattano, e mescolano, orrore e fantastico, l’autore, ben conosciuto in diverse community di genere (tra cui la nostra), riesce sempre a trasportare il lettore “dentro il racconto”, e non è cosa da poco.
Utilizzando un registro elegante e suggestivo, che non diventa mai noioso o sovrabbondante, riesce a disegnare degli affreschi dettagliati e cupi, sia delle ambientazioni, sia dell’interiorità dei personaggi. Mescolando con mano esperta gli stati d’animo e la descrizione dei luoghi non si fa mai rimpiangere l’assenza di trame complesse o di colpi di scena.
L’autore non mira a stupire, ma a coinvolgere, e a tratti, ci riesce in modo impeccabile. Vi sono dei passaggi che, giocando con un linguaggio sporco di poesia, avvolgono il lettore nello stesso sudario in cui sono rinchiusi i personaggi di cui si narra.
Il deteriorarsi del pensiero è come un filo che lega la narrazione, una collana le cui perle sono la nostalgia, la solitudine, il ricordo, il rimpianto, la disillusione. Non si cerca mai la via del raccapriccio palese o dell’azione incalzante, ma si utilizzano soprattutto il climax e le ambientazioni per generare brividi e angoscia.
Degli otto racconti, tre sono di ambientazione friulana (“L’isola di Grado e dintorni“, in provincia di Udine), mentre gli altri spaziano da una generica ambientazione italiana a luoghi immaginari. I brani in cui l’ambientazione è (geograficamente) più vicina all’autore sono anche quelli meglio riusciti, godendo di descrizioni che paiono voler uscire dalla pagina. Più volte, leggendo, si ha l’impressione di passeggiare per le strette vie di una città lagunare e di percepire il soffio delle brezze e l’odore del mare.
In “La calle del Volto“, in cui la narrazione di un adulto si mescola ai ricordi di un bambino e a un intreccio per niente banale, siamo di fronte a una piccola perla. Altrettanto si può dire, anche se in misura minore, degli altri due racconti di ambientazione nostrana (“Nostra signora dei colori” e “Conchiglie”).
Meno coinvolgenti, forse, ma più leggeri e veloci, i momenti dove si ricerca un tono grottesco (“La bara”) o ricco di azione (“La casa delle bestie meccaniche”).
Molto gradevoli, le idee che reggono l’omaggio poeiano di “Brindisi funebre” e il western-horror “Ghoultown”.
Un riuscito esperimento narrativo, infine, si può ravvisare nel racconto “Trenodia” che ben inquadra l’orrore di un “male maggiore” attraverso una serie di flussi di coscienza descritti in modo serrato e raffinato.
In conclusione, un libro davvero gradevole, curato nei dettagli, che è originale sia nei contenuti, sia nella forma (numero di pagina in alto, le righe non giustificate e allineate a sinistra...).
Un lavoro che nella sua brevità, riesce a fornire almeno due chiavi di lettura: una immediata, formata dalle suggestioni evocate, e una più nascosta, incisa nelle righe e in ciò che rappresentano. In entrambi i casi, un vero piacere.
Voto: 7,5
[Gelostellato]

Incipit (dal racconto "Nostra signora dei colori")
Uscì dalla basilica.
La luce che incorniciava metà della facciata lo investì in pieno viso.
Si schermò gli occhi mentre si riabituava al chiarore, dopo che aveva trascorso l'ultima ora nelle catacombe.
Una corriera transitò nel piazzale e si dileguò lentamente nella strada principale. Una coppia di ragazzi sostava alla fermata dell'autobus, zaini sulle spalle, sorrisi che s'insinuavano sulle labbra: il mare ad attenderli.
Radi turisti formicolavano sul piazzale, altri si muovevano attorno ai ruderi romanici o nel ventre degli scavi.
Simone si allontanò dal centro e lasciò che fosse la calma delle vie laterali a cullarlo. Aveva visitato la basilica, gli scavi e il museo: non gli rimaneva che dedicarsi al mercatino delle pulci.
Pensò di fermarsi in un bar per bere qualcosa, poi cambiò idea.
Desiderava prima completare il cerchio, e andarsene da quel luogo.
Ripensò all'estate precedente, quando aveva visitato Aquileia con Laura.
Era trascorso un secolo.
Aveva voluto ripercorrere gli stessi passi di allora, nella speranza di ritrovare nelle pietre, nell'immutabilità delle rovine, echi di quella storia perduta. Non era stata la stessa cosa: i mosaici erano freddi e distanti, la pietra rimaneva muta. Non aveva riscoperto le stesse sensazioni di allora.
Forse era stata una perdita di tempo, dopotutto.
Ma ormai... doveva completare il cerchio e visitare il mercato delle pulci.
Ricordava perfettamente la strada. Camminò per le vie poco affollate, passando davanti a osterie e botteghe. Una letargia estiva sembrava essere sospesa sopra ogni cosa; persino nei movimenti delle persone, lenti e pesanti, la patina appariva evidente.
Era l'estate del marcimento più che della rinascita, quella.
Scosse la testa. Forse era solo lui che percepiva ogni cosa nella maniera sbagliata, distorcendola, soltanto perché lo spettro di Laura aleggiava nei suoi ricordi.
Nulla sembrava essere cambiato. Le case antiche, basse, così distanti dai mostri delle metropoli urbane, con i piccoli giardini e cortili colmi di biciclette arrugginite e utensili, sembravano nascondere segreti.