di William Peter Blatty - pagine 235 - Mondadori
Una serie di terribili omicidi a sfondo religioso sconvolge la cittadinanza di Georgetown, negli Stati Uniti. L'anziano tenente Kinderman, durante le indagini, scopre che tutti i delitti sono in qualche modo collegati alle imprese di Gemini, un serial killer morto da anni, e all'esorcismo della giovane Regan MacNeil. Il Male non è stato sconfitto, continua ad esistere più potente di prima...
Trascorsi una decina di anni dal drammatico epilogo de "L'esorcista"
la storia continua con "Gemini killer", seguito ideale di un
libro che ha lasciato un segno indelebile nella narrativa dell'orrore. Questo secondo
capitolo, pur non possedendo la potenza emotiva del suo predecessore, rimane ugualmente
una splendida opera a metà strada tra l'horror e il thriller.
William Peter Blatty è un narratore magistrale che riesce a creare una
trama pressochè perfetta: dialoghi, situazioni e descrizioni sono diretti in modo
impeccabile, e l'horror? L'orrore non manca, Blatty è un grande scrittore horror e qui lo
conferma. Tra le pagine non manca mai un sottile senso di terrore che cattura chi legge
con raffinata eleganza. Spesso e volentieri, durante la lettura, un brivido ha percorso la
mia spina dorsale e ho scrutato con inquietudine il buio dietro le mie spalle.
In conclusione "Gemini killer" (anche se preferisco chiamarlo "Legion",
titolo più suggestivo della versione americana) è uno splendido romanzo horror che
appassiona fin dalla prima pagina e non vi darà tregua finchè non sarà terminato!
Voto: 9
Incipit
Domenica 13 marzo
Pensava alla morte e alla infinite sofferenze che l'accompagnavano. Agli Aztechi che
strappavano il cuore ancora palpitante dal corpo delle vittime; al cancro; ai bambini di
tre anni sepolti vivi. Si chiese se Dio fosse un'entità straniera e spietata. Poi si
ricordò della musica di Beethoven, della infinita varietà delle cose, del lato
divertente di esse e dell'"Evviva Karamazov!" e della dolcezza. Levò gli occhi
al sole che spuntava alle spalle del Campidoglio striando di riflessi aranciati il Potomac
e poi li riabbassò sull'orribile violenza che giaceva ai suoi piedi. Tra l'uomo e il suo
creatore qualcosa doveva essere andato storto: la prova eccola lì, su quella banchina
dinanzi a quella rimessa per le imbarcazioni.
- Tenente, credo che l'abbiano trovato.
- Prego?
- Il martello. L'hanno trovato.
- Il martello. Oh, certo.
Kinderman tornò con i piedi per terra. Vide quelli della scientifica sulla banchina.
Erano al lavoro armati di contagocce, provette e pinzette; filmavano, prendevano appunti,
eseguivano schizzi, contornavano il suolo col gesso, il tutto con voci sommesse e
muovendosi così silenziosamente da sembrare gli inconsistenti personaggi di un sogno. Lì
accanto, i motori schiumanti delle draghe azzurre della polizia che rimescolavano la
superficie del fiume si accordavano perfettamente all'orrore di quel mattino.