Il palazzo - Gordiano Lupi

di Gordiano Lupi - pagine 36 - euro 2,00 - Edizioni Il Foglio/instantbook

Chi vive nel "Palazzo"? Quali storie si intrecciano nell'anonimo condominio di provincia? Quanti drammi si consumano ad ogni nostro respiro? Vicende di squallore quotidiano, di persone prive di sogni, apatiche e senza speranza che vegetano in una triste dimensione fin troppo reale, ai limiti dell'angosciante.

Gordiano Lupi, in questo piccolo libro, ha riunito due grandi storie: "Il palazzo" e "Un Natale senza ricordi", due brevi opere che analizzano con spietato realismo il lato più oscuro e drammatico della vita umana. Un libro per riflettere e da leggere assolutamente. Voto: 8/9

Incipit
Gino Lavezzi scendeva le scale del palazzo quella mattina del dieci giugno duemila e le scendeva come sempre. Saltando a piedi uniti con la cartella del lavoro nella mano destra. Era una cosa che faceva da quando era ragazzo, una delle poche libertà che ancora si concedeva. Stava in allarme però, attento al minimo rumore, una porta che si apriva, un condomino, una voce inaspettata. Non voleva che lo vedessero. Se solo avesse avuto un piccolo sospetto si sarebbe messo a scendere i gradini come si conveniva a una persona che tra non molto avrebbe compiuto i cinquanta.
Questa era l'unica stranezza d'una vita normale.
Lui, che da ragazzo aveva divorato Bukowky, bevuto birra sino a sfondarsi lo stomaco e sognato di fare lo scrittore, adesso conservava di quel periodo solo una gastrite cronica che non lo faceva dormire.
"Solo acqua e senza gas" aveva sentenziato il medico.
Però più della gastrite era la normalità a farlo soffrire, l'assenza di desideri importanti, una vita che si trovava ogni giorno davanti e non cambiava mai.
Gli articoli di cronaca che scriveva per Il Tirreno non avevano il fascino delle frasi che aveva sognato di comporre, però davano da vivere. Il suo appartamento era al quinto piano, l'ultimo.
Senza ascensore purtroppo. Ogni volta che ci pensava sentiva le parole di Serena.
"Nemmeno l'ascensore in questo palazzo di merda!"
E lui provava a ribattere.
"In fondo sono solo cinque piani".
"Cinque piani di merda!" rincarava la moglie "Li devo fare io con i sacchetti della Coop pieni e le bottiglie dell'acqua minerale, che in questa città non è buona nemmeno l'acqua e bisogna comprarla!"
Serena, sua moglie, era fatta così. Ripeteva in continuazione la parola merda per dare forza ai concetti e ribadire tutto il suo disprezzo. Serena era un fiume in piena quando cominciava e allora ce n'erano per tutti. Sindaco, comune, governo, amministratore di condominio. Nessuno si salvava. Gino scappava felice in redazione, anche se il lavoro gli faceva schifo.
Era pur sempre un modo per liberarsi di lei.
Perchè l'aveva sposata?
Anche qusta era una cosa che si domandava spesso.
Era accaduto tanti anni fa, troppi per ricordarlo.
Forse allora l'amava.