Neroanimale

di Fabio Marangoni - pagine 67 - euro 7,00 - Edizioni Il Foglio

Morti che camminano, antichi riti magici, paure senza volto, uomini folli che nulla hanno di umano... sono questi gli ingredienti di "Neroanimale", 10 brevi racconti narrati con maestria e raffinatezza dal giovane Fabio Marangoni.

Dalla tranquilla periferia italiana alle grandi metropoli americane, dai colori esotici e misteriosi dell'Africa ai sapori casalinghi del focolare domestico, queste sono le ambientazioni di "Neroanimale", luoghi tanto diversi tra loro ma che hanno in comune gli stessi orrori primordiali. I veri mostri vivono vicino a noi, forse nella casa di fronte o addirittura sotto il nostro letto. Da leggere. Voto: 8

Incipit (dal racconto "Pel di cunin")
Appennini, Italia, 1950...
- "Pel di cunin! Pel di cunin!"
- "Nonna vieni! C'è Pel di cunin!".
Scendeva spesso cantilenando sull'ora tarda del pomeriggio dalla chiesetta dei Frati sul colle grigio lungo l'unica viuzza scavata fra le case di cotto, unite una sull'altra a ridosso del monte, verso la piazzola cittadina attraversando tutto Borgo Velletri trascinando rumorosamente dietro di sè il carretto con le ruote ferrate sulla via pietrosa immersa nel silenzio tiepido di una sera d'ottobre.
- "Vieni anche tu nonna, dai!"
Seduta nella poltrona vicino alla finestra stava ingoiata negli sbuffi del velluto ocra e il gonfiore dei cuscini d'oca quasi da non vederla se non per la bianca capigliatura spuntare dal busto del sedile. Occupata con l'uncinetto appena volse distrattamente il capo con un sorriso leggero e veloce, ricco di dolcezza e stanchezza insieme, stropicciando la fronte con il palmo della mano e accennando a un gesto lieve di moto come a dire "va, va tu, non me la sento caro, ho le gambe stanche..."
Avevo paura di Pel di cunin, così veniva chiamato da tutti nel paese per via del suo mestiere, quello di acquistare pelli di coniglio, da qui il nomignolo locale pel di cunin, pagandole dieci lire al meglio e rivenderle alla conceria giù in città; alto due metri scuro e deforme, le mani spesse e callose d'un fascio di nervi gonfio e teso che mai avevo visto serrate, di compenso aveva una testa calva e piccola come quella di un bambino, fra le spalle larghe e ossute, sempre curve sul banco di legno del carro.
Scesi le scale e corsi in strada verso di lui.
Lungo il corso erto e stringente verso la cime che coincideva con il dosso ombroso del bosco di ciliegi incespicavo maldestramente fra i ciottoli tondi del pavimento e i ceppi dei bassi caseggiati quando un rintocco dal vecchio campanile segnò il tardo pomeriggio e il lento calare del sole oltre i monti scuri sul fondo mentre m'avvicinavo sempre più al rumore metallico che facevano le ruote del carro sul selciato.
"Salve signore" feci allungando prontamente le due morbide pelli di coniglio che la nonna aveva accuratamente pulito e prima spelato con cura prestando attenzione a non rovinarne neanche una minima parte, il che avrebbe significato un compenso certo minore delle dieci lire solite per due pezze di media taglia come quelle.