La citta' dei metalli neri

di Mirko Paganelli - pagine 95 - euro 7,00 - Prospettiva editrice

"La città dei metalli neri" è una grande metropoli industriale che sembra non avere confini. Tra ciminiere fumanti, ingranaggi, strutture di metallo, il nero e l'oscurità della notte primeggiano su tutto. Come pedine di un'enorme scacchiera, si intrecciano le surreali vicende degli abitanti della Città, creature "gotiche" che sanno assaporare la brutale bellezza di questi luoghi posti a metà strada tra il sogno e la realtà.

Mirko Paganelli è l'autore di questa originale antologia di racconti dal sapore squisitamente gotico, che illustrano un mondo visionario, allucinante a tinte rigorosamente dark. Voto: 7,5

Incipit
Un paesaggio nero, metallico. All'orizzonte, sagome di industrie, tubi enormi, sfiatatoi da cui fuoriesce fumo grigio. Più vicino, una strada percorsa da poche persone vestite di nero. I piedi non si vedono, essi sono nascosti dal vapore che invade ogni luogo. Ogni struttura è pervasa da una moltitudine di placche d'acciaio grigio metallo, attorniate da chiodi piatti. Gli sfiatatoi fumano vapore, tra il nero di quei luoghi.
Più vicino ancora una pensilina, anch'essa scura, con poche luci nella parte superiore, verdi. Poche persone scure attendono impazienti. Un omino magro con degli strani occhiali guarda dall'oblò del treno in corsa il paesaggio notturno.
Il treno arriva. E' a vapore, enorme, sagomato, superbo. Agli occhi di tutti ha le stesse fattezze di una macchina infernale nera e grigia, color metallo. Al suo interno è nero con oblò in corrispondenza dei posti a sedere, caratterizzati da poltroncine rosso vivo. Nei corridoi le luci sono spente. L'omino si pulisce gli occhiali, piccoli e spessi.
Rimettendoseli osserva la pensilina e capisce che il treno è arrivato alla fermata. Il treno non ha rotaie, è a vapore. Le ruote camminano tranquillamente nella strada. Essa è di metallo, nera, con tanti chiodini e placche.
Il treno è arrivato. La pensilina non si muove, resta sempre immobile.
Alcuni figuri scendono. Altri salgono. E il treno, dopo aver sfiatato una quantità modesta di vapore candido, riparte. Non fischia. Si allontana.
L'omino ci appare ora con la sua valigetta marrone, intento ad aggiustarsi il lungo cappotto nero. Si guarda intorno, oltrepassa la pensilina e se ne va per la strada. Lasciamolo andare.
Ed ecco trovarci nella civilità delle macchine, agglomerati neri e grigi, sparsi nel vapore.
Percorrendo un'altra strada possiamo notare le alte costruzioni che costeggiano le vie. Esse sono scure come la notte, con varie finestre, alte fino al cielo. I piani bassi forse non si vedono, coperti dal vapore. Entriamo. Salendo le vecchie scale di ferro, ci troviamo davanti ad un uscio. La porta di legno ha inciso sopra un "9". Esso è di ferro, color ferro, attaccato con chiodini anch'essi di ferro.
L'interno è scuro, sembra non ci sia nessuno. In una stanza con la porta aperta ci appare una vasca da bagno. Malmessa. Il tavolo del soggiorno è di legno, con sopra alcuni piatti sporchi. Gli scarafaggi scappano, non appena accendiamo la luce. Essa consiste in una piccola lampadina al centro della stanza. Le pareti della casa sono arrugginite, color ruggine. Completamente, intendo.